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05.03.2019 – Roma – Cassazione

Creditore del condominio può aggredire i contributi dovuti dai
singoli condomini
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 5 marzo – 14 maggio 2019, n. 12715
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 11725 del ruolo generale dell’anno 2017, proposto da:
AMMINISTRATORE DEL CONDOMINIO “(OMISSIS)” di (OMISSIS), (C.F.:
(OMISSIS)), M.S., P.A. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentati e difesi, giusta procure in calce al
ricorso, dagli avvocati Ferdinando della Corte (C.F.: DLL FDN 55R28 F839M) e Dario
Sanguedolce (C.F.: SNG DRA 53PO4 C351P);

  • ricorrenti –
    nei confronti di:
    B.T., (C.F.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso,
    dall’avvocato Pietro Paterniti (C.F.: PTR PTR 48R06 C351A);
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  • controricorrente –
    per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Catania n. 234/2017, pubblicata
    in data 8 febbraio 2017;
    udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 5 marzo 2019 dal
    consigliere Dott. Augusto Tatangelo;
    il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. SOLDI Anna
    Maria, che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso del condominio
    ed il rigetto del ricorso del P.;
    l’avvocato Pietro Paterniti, per la controricorrente.
    Svolgimento del processo
    B.T. ha agito in via esecutiva nei confronti del Condominio (OMISSIS) di (OMISSIS),
    procedendo al pignoramento dei crediti da quest’ultimo vantati nei confronti di alcuni
    condomini per contributi, in base a una sentenza di condanna al pagamento delle spese
    processuali relative ad un giudizio di cognizione.
    Hanno proposto opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., il condominio
    debitore nonchè uno dei condomini terzi pignorati, P.A..
    Il Tribunale di Catania – Sezione distaccata di Acireale ha rigettato l’opposizione del
    condominio e ha dichiarato inammissibile quella del P..
    La Corte di Appello di Catania ha confermato la decisione di primo grado.
    Ricorrono il condominio (OMISSIS) ed il P., sulla base di tre motivi.
    Resiste con controricorso la B..
    La controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
    Motivi della decisione
  1. La controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso dell’amministratore del
    condominio (OMISSIS) di Acicastel-lo, per difetto della relativa autorizzazione
    dell’assemblea dei condomini.
    L’eccezione è fondata.
    In base alla giurisprudenza di questa Corte, deve essere dichiarata l’inammissibilità del
    ricorso per cassazione proposto dall’amministratore del condominio senza la preventiva
    autorizzazione assembleare, eventualmente richiesta anche in via di ratifica del suo
    operato, in ordine a controversie che non rientrano tra quelle per le quali è autonomamente
    legittimato ad agire ai sensi dell’art. 1130 c.c. e art. 1131 c.c., comma 1, nè può essere
    concesso un termine per la regolarizzazione, ai sensi dell’art. 182 c.p.c., allorchè il rilievo
    del vizio, in sede di legittimità, sia stato sollevato non d’ufficio, ma dalla controparte nel
    suo controricorso (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 12525 del 21/05/2018, Rv. 651377 – 02, che
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    richiama i principi affermati da Cass., Sez. U, Sentenza n. 4248 del 04/03/2016, Rv.
    638746 – 01; in precedenza, sulla necessità di autorizzazione dell’assemblea, cfr. anche:
    Cass., Sez. 2, Sentenza n. 2179 del 31/01/2011, Rv. 616487 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 12972
    del 24/05/2013, Rv. 626693 – 01; Sez. U, Sentenza n. 18331 del 06/08/2010, Rv. 614419 –
    01).
    La presente controversia ha ad oggetto la contestazione del diritto di un creditore del
    condominio di procedere, in base ad un titolo giudiziale, ad esecuzione forzata nei
    confronti dello stesso condominio, mediante pignoramento dei suoi crediti verso i
    condomini per contributi.
    Non si tratta di una controversia avente ad oggetto direttamente la riscossione dei
    contributi, l’erogazione delle spese di manutenzione o la gestione di una o più cose comuni,
    nè viene dedotta l’estinzione (successiva alla formazione del titolo) del credito fatto valere
    contro il condominio, ma solo una pretesa inesistenza del diritto di procedere ad
    esecuzione forzata, secondo le modalità concretamente adottate dal creditore, onde la
    proposizione dell’opposizione non può ritenersi rientrare tra le ordinarie attribuzioni
    dell’amministratore di cui all’art. 1130 c.c..
    Di conseguenza, deve negarsi la autonoma legittimazione dell’amministratore a proporla
    senza autorizzazione (anche eventualmente in ratifica) dell’assemblea.
    La suddetta autorizzazione non risulta prodotta. Inoltre, nell’epigrafe del ricorso non si fa
    alcun riferimento a tale autorizzazione, nè il documento risulta nell’indice di quelli allegati
    al ricorso stesso; non risulta in atti alcuna autorizzazione neanche in relazione ai gradi di
    merito dell’opposizione, nè l’amministratore del condominio ha in qualche modo replicato
    all’eccezione di insussistenza dell’autorizzazione assembleare, avanzata già nel
    controricorso.
    Il ricorso dell’amministratore del condominio è dunque inammissibile.
  2. L’opposizione dell’altro ricorrente P., condomino terzo pignorato, è stata dichiarata
    inammissibile dai giudici di merito, per difetto di interesse ad agire. In secondo grado il P.
    aveva espressamente posto, tra i motivi di gravame, la questione della sua legittimazione
    attiva, negata dal Tribunale, ma tale motivo di gravame è stato rigettato dalla corte di
    appello.
    Nel ricorso non vi è una specifica censura del P. in merito alla dichiarazione di
    inammissibilità della sua opposizione; quanto meno, la ratio decidendi alla base della
    relativa statuizione della corte di appello non risulta adeguatamente colta, essendosi
    limitati i ricorrenti a sostenere – con riguardo ai profili attinenti la soggettività e la
    legittimazione delle parti che non vi sarebbe alterità soggettiva tra condominio e
    condomini.
    Anche il ricorso del P. è pertanto inammissibile.
    Esso non potrebbe, in ogni caso, ritenersi fondato.
    Come correttamente affermato dalla corte di appello, il terzo pignorato, nell’espropriazione
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    di crediti, non ha infatti interesse e quindi non è legittimato a sollevare questioni che
    riguardano esclusivamente i rapporti tra creditore esecutante e debitore esecutato e, in
    particolare, il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata nei confronti del
    debitore, il quale ultimo soltanto si può avvalere dell’apposito rimedio oppositivo di cui
    all’art. 615 c.p.c. (cfr., ex plurimis: Cass., Sez. L, Sentenza n. 6667 del 29/04/2003, Rv.
    562536 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 387 del 11/01/2007, Rv. 595611; Sez. 3, Sentenza n. 4212
    del 23/02/2007, Rv. 595615 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3790 del 18/02/2014, Rv. 630151 –
    01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23631 del 28/09/2018, Rv. 650882 – 01).
    Inoltre, dalla stessa esposizione del fatto contenuta nel ricorso (cfr. pag. 3, righi 9-11)
    emerge che la creditrice B., nel corso della procedura esecutiva, aveva rinunciato al
    pignoramento del credito vantato dal condominio nei confronti del P.; quindi in realtà
    quest’ultimo non poteva neanche più ritenersi rivestire in concreto la posizione di terzo
    pignorato e, di conseguenza, non avrebbe avuto legittimazione neanche a proporre
    eventuali questioni attinenti alla regolarità della procedura esecutiva nei suoi confronti,
    quale terzo pignorato (questioni che avrebbero comunque dovuto essere fatte valere ai
    sensi dell’art. 617 c.p.c. ovvero nell’ambito dell’eventuale giudizio di accertamento
    dell’obbligo del terzo, in quanto non configurabili in termini di opposizione all’esecuzione
    ai sensi dell’art. 615 c.p.c.).
    L’infondatezza nel merito degli argomenti in diritto posti a base del ricorso (anche da parte
    del P.) emerge d’altra parte da quanto sarà illustrato in prosieguo, ai sensi dell’art. 363
    c.p.c..
  3. Le considerazioni sin qui svolte impongono la dichiarazione di inammissibilità del
    ricorso.
    La Corte ritiene peraltro di esaminare comunque il merito dello stesso, ai sensi dell’art. 363
    c.p.c., comma 3, in considerazione della particolare importanza della questione di diritto
    che con esso è posta (in particolare con il primo motivo).
    Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Erronea configurazione del condominio quale
    soggetto dotato di personalità giuridica, sia pure attenuata, ovvero di autonoma propria
    soggettività giuridica. Violazione e/o falsa applicazione dei principi informatori della
    specifica disciplina. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1118, 1119, 1123,
    1130 e 1131 c.c. (ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3″.
    Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione del principio di
    parziarietà delle obbligazioni condominiali e del principio di indisponibilità delle somme
    dovute per quote, quali principi informatori della specifica disciplina. Violazione e falsa
    applicazione degli artt. 1118, 1119 e 1123 c.c. (ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c.,
    comma 1, n. 3)”.
    Con il terzo motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione del regolamento delle
    spese di lite, di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c. Erronea implicita applicazione dell’art. 2055 c.c.
    (ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, c.p.c.)”.
    La questione di diritto che viene posta con il ricorso (in particolare con il primo motivo)
    riguarda la possibilità, per il creditore del condominio che abbia conseguito un titolo
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    esecutivo nei confronti del condominio stesso, di procedere all’espropriazione dei crediti
    del condominio nei confronti dei singoli condomini per i contributi dagli stessi dovuti.
    Tale questione va risolta in senso affermativo.
    Secondo i principi generali (artt. 2740 e 2910 c.c.), mediante l’espropriazione forzata è
    possibile espropriare al debitore tutti i suoi beni, inclusi i crediti.
    Affinchè l’espropriazione dei crediti vantati dal condominio verso i singoli condomini per
    contributi si a legittima, è quindi sufficiente che sia configurabile, sul piano sostanziale, un
    effettivo rapporto obbligatorio tra condominio e singolo condomino avente ad oggetto il
    pagamento dei contributi condominiali (oltre che, ovviamente, un rapporto obbligatorio tra
    creditore e condominio, il che però è nella specie questione ormai risolta in sede di
    cognizione – avendo il creditore conseguito il titolo esecutivo direttamente nei confronti
    del condominio – e come tale non più oggetto di possibile discussione in sede esecutiva).
    Orbene, è innegabile che sia configurabile sul piano sostanziale un rapporto obbligatorio
    tra condominio e singolo condomi-no, con riguardo al pagamento dei contributi
    condominiali: una espressa disposizione normativa, l’art. 63 disp. att. c.c. (sia nella
    precedente che nella attuale formulazione), prevede infatti che l’amministratore possa
    addirittura ottenere un decreto ingiuntivo (immediatamente esecutivo), in favore del
    condominio e contro il singolo condomino per il pagamento dei suddetti contributi (in base
    allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea).
    Tale disposizione normativa conferma espressamente, e/o quanto meno presuppone,
    l’esistenza di un rapporto obbligatorio tra condominio e singoli condomini avente ad
    oggetto i contributi dovuti in base agli stati di ripartizione approvati dall’assemblea
    condominiale, consentendo al condominio, rappresentato dall’amministratore, di agire in
    giudizio contro il condomino per il pagamento delle quote condominiali.
    Essendo configurabile sul piano sostanziale un credito del condominio (rappresentato dal
    suo amministratore) nei confronti dei singoli condomini, laddove esista altresì un titolo
    esecutivo in favore di un terzo e contro lo stesso condominio (sempre rappresentato
    dall’amministratore), in mancanza di una norma che lo vieti espressamente, tale credito può
    certamente essere espropriato dal creditore del condominio, ai sensi degli artt. 2740 e 2910
    c.c., e la relativa esecuzione orzata non può che svolgersi nelle forme dell’espropriazione
    dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 c.p.c. e ss..
    Nè può ritenersi che tale conclusione violi il principio di parziarietà delle obbligazioni
    condominiali (come sembra adombrato nel secondo e terzo motivo del ricorso).
    Il suddetto principio implica che l’esecuzione contro il singolo condomino non possa avere
    luogo per l’intero debito del condominio, ma solo nei limiti della sua quota di
    partecipazione al condominio stesso.
    Laddove l’esecuzione avvenga direttamente contro il condominio, e non contro il singolo
    condomino, non solo l’esecutato è il condominio, debitore per l’intero (onde non entra in
    realtà in gioco in nessun modo il principio di parziarietà), ma l’espropriazione dei beni e
    diritti del condominio, cioè di beni che, proprio in quanto condominiali, appartengono pro
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    quota a tutti i condomini, finisce addirittura per attuare, in linea di principio ed in concreto,
    il richiamato principio di parziarietà (almeno fino a specifica prova contraria), senza
    affatto violarlo.
    Solo a fini di completezza espositiva è, infine, opportuno far presente (con riguardo alle
    questioni relative alle spese processuali): a) che l’obbligazione relativa alle spese
    processuali liquidate in un provvedimento giudiziario non è di fonte contrattuale e quindi
    per essa neanche potrebbe valere l’invocato principio di parziarietà; b) che i giudici di
    merito, rigettate le opposizioni, hanno correttamente applicato il principio di soccombenza
    di cui all’art. 91 c.p.c., ed ogni contestazione in proposito è inammissibile, in quanto la
    facoltà di disporre la compensazione delle spese in caso di soccombenza integrale, per
    eccezionali motivi, costituisce un potere discrezionale del giudice di merito il cui mancato
    esercizio non è censurabile in sede di legittimità.
  4. Il ricorso è dichiarato inammissibile.
    La Corte, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3, enuncia il seguente principio di diritto:
    “il creditore del condominio che disponga di un titolo esecutivo nei confronti del
    condominio stesso, ha facoltà di procedere all’espropriazione di tutti i beni condominiali, ai
    sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., ivi inclusi i crediti vantati dal condominio nei confronti
    dei singoli condomini per i contributi dagli stessi dovuti in base a stati di ripartizione
    approvati dall’assemblea, in tal caso nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi
    di cui agli artt. 543 c.p.c. e ss.”.
    Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della
    soccombenza, come in dispositivo.
    Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione
    di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002,
    n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,
    comma 17.
    P.Q.M.
    La Corte:
  • dichiara inammissibile il ricorso, enunciando il principio di diritto di cui in motivazione,
    ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3;
  • condanna i ricorrenti, in solido, a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della
    controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi,
    spese generali ed accessori di legge.
    Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di
    inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n.
    115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17,
    per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
    unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia
    dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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    Così deciso in Roma, il 5 marzo 2019.
    Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2019.

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