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06.05.2021 – Verona – Burti

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Verona
SECONDA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Attilio Burti ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 6222/2019 promossa da: D.XXX L.XXX P. XXXXX (c.f. XXXXXXXXXXXXXXXX) con l’Avv. P. XXXXXXX L.XXX – XXXXXX
-contro A. XXXXXXXXXX SPA (p. iva XXXXXXXXXXX), con l’Avv. D.XXXX A. XXXXX CONVENUTO/
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Il signor D.XXX L.XXX P. XXXXX ha allegato di aver concluso con A. XXXXXXXXXX S.p.a. un contratto di assicurazione del ramo danni in data 28.9.2014 rinnovato il 28.09.15 con scadenza il 28.09.2018 e di aver subito nella serata del 5.12.2017 un infortunio rientrante nell’ area rischio assicurato. In particolare, ha dedotto di aver parcheggiato l’autovettura nella rimessa di pertinenza della propria abitazione, di essere sceso dall’ autovettura e di essere quindi subito dopo caduto a terra, battendo la testa e perdendo conoscenza. Ha, quindi, domandato che gli fosse liquidato l’indennizzo a copertura dei danni riportati e coperti dalla polizza pari a: – 30 punti di invalidità permanente; – 60 giorni di inabilità temporanea totale; – 30 giorni di inabilità parziale; – 31 giorni di diaria da ricovero; – 517, 15 euro di spese mediche. L’ assicurazione si è costituita ritualmente in giudizio ed ha contestato che il sinistro fosse coperto dalla polizza in considerazione del fatto che le modalità di accadimento del sinistro non consentono di escludere che fosse avvenuto mentre l’ assicurato era alla guida della propria autovettura sicché, essendo stato al momento del ricovero in pronto soccorso rinvenuto nel sangue del P.XXXXX un tasso alcolemico pari a 2, 71 g/l, dovrebbe operare la causa di esclusione di cui all’ art. 14, lett. D ) delle condizioni generali di assicurazione. La convenuta ha poi eccepito l’annullabilità del contratto ex art. 1892 cod. civ. in considerazione del fatto che, con dolo o colpa grave, l’assicurato avrebbe sottaciuto di essere affetto da una malattia a neuromuscolare cronica, la miastenia gravis, che causa debolezza muscolare e grave affaticamento dei muscoli scheletrici responsabili della capacità di movimento degli arti. Ha anche, invocato, in via di subordine, l’applicazione di cui all’ art. 1893 cod. civ. e la conseguente riduzione dell’ ammontare dell’ indennizzo.
Svolta l’ istruttoria orale sulle modalità del sinistro e disposta una “consulenza tecnica d’ ufficio ai fini dell’ acquisizione delle valutazioni tecniche necessarie ai fini del decidere, la causa è stata chiamata per la ( discussione orale e lettura della sentenza ex art. 281-sexies c.p.c. 1 o Dall’ esito della prova orale è emerso in modo nitido come le modalità del sinistro siano tali da ritenere che esso rientri pienamente nell’ area del rischio assicurato. La madre e la figlia dell’attore – con | dichiarazioni tra loro convergenti immuni da contraddizioni intrinseche ed estrinseche e coerenti con le risultanze della CTU medico- I legale – hanno affermato di aver: – trovato il loro congiunto riverso con una caduta rovinosa al suolo che è stata agevolata dallo stato d’ ebrezza etilica, il quale ha impedito la reazione istintiva di protezione del capo con le mani (vedi pag. 9 della CTU). Inoltre, l’ausiliaria del Magistrato ha ritenuto del tutto inverosimile che il P avesse riportato le lesioni per cui è causa mentre era alla guida della sua automobile in quanto, ove così fosse stato, certo, a causa delle lesioni subite, l’attore non avrebbe potuto rimettersi al volante e o proseguire la corsa recandosi da solo in ospedale o arrivando sino a “D casa e lì farsi assistere dai familiari sino all’ arrivo dell’ambulanza. Tanto premesso circa le modalità del sinistro, esso rientra chiaramente nel rischio assicurato, non operando affatto la causa di esclusione di cui all’ art. 14, lett. d) delle condizioni generali di contratto. Mentre, infatti, le condizioni generali di polizza escludono dal rischio assicurato gli infortuni, in ogni caso, “conseguenti all’ uso non terapeutico di stupefacenti, allucinogeni e simili: quelli sofferti in conseguenza di proprie azioni delittuose dolose o di atti temerari”, per (quel che concerne gli infortuni conseguenti allo stato di ubriachezza essi vengono esclusi soltanto se avvenuti “alla guida di mezzi di locomozione”. “Ora, la prospettata esclusione degli infortuni comunque provocati dallo stato d’ ebrezza dal rischio assicurato è un’ opzione interpretativa, da un lato, del tutto incompatibile con l’ inequivoco tenore letterale della clausola che opera una chiara distinzione tra gli infortuni conseguenti all’ uso di sostanze stupefacenti ed allucinogene o a delitti dolosi (sempre escluse dal rischio assicurato) e quelli conseguenti all’ abuso alcolico (esclusi solo se avvenuti alla guida di un’ autovettura) e , quindi, con il canone ermeneutico di cui all’ art. 1362 cod. civ. Dall’ altro lato della interpretazione, sarebbe, altresì, incompatibile – ove mai vi fosse una situazione di effettiva ambiguità della clausola – con il criterio esegetico di cui all’ art. 1370 cod. civ. che prevede, in caso di dubbio, l’interpretazione contra stipulatorem delle clausole inserite nelle condizioni generali di contratto. Non può, quindi, essere accolta la tesi difensiva dell’assicurazione volta ad un’interpretazione del testo contrattuale in senso difforme dal senso letterale delle espressioni usate dai contraenti ed a sfavore della parte che ha aderito alle condizioni generali redatte in via unilaterale dall’ assicurazione. Ciò posto, occorre ora soffermarsi sulla circostanza che il P rientrasse tra i soggetti assicurabili e, quindi, che non sussistano C fatti impeditivi al diritto dell’attore alla liquidazione dell’indennizzo. ( Ebbene, la circostanza di fatto che il P.XXXXX non rientrasse tra i soggetti assicurabili ai sensi dell’ art. 17 delle condizioni di contratto in quanto affetto da alcolismo non risulta affatto dimostrata (anche questa circostanza è stata, invero, sollevata dalla difesa della compagnia solamente dopo l’ escussione della prova orale, quando è emerso che l’ infortunio non poteva essere ragionevolmente avvenuto quando L. il P.XXXXX era alla guida).”La Consulente Tecnica d’ ufficio, anzi, ha osservato come “nel corso dei 2 ricoveri subiti dal sig. P.XXXXX dopo il trauma non emerge ( Y nessuna delle patologie correlate all’ alcolismo facente parte dei criteri diagnostici maggiori indicati dal National Council of Alcoholism come: “la dipendenza alcolica, con sindrome da astinenza e tolerance Q agli effetti della sostenza, epatite alcoolica, epatopatia esotossica, pancreatite cronica in assenza di colelitiasi, gastrite cronica, anemia ma-crocitica o megaloblastica da carenza di acido folico, deficit della coagulazione, degenerazione cerebrale in assenza di altre cause note, neuropatia periferica, ambliopia tossica, miopatia da alcool, cardio-
Va da sé, allora, che l’ affermazione contenuta a pagina 19 degli scritti preparatori della discussione orale depositati dalla difesa del convenuto per cui ” E LO stesso CTU non è stato in grado di escludere (neppure a seguito delle osservazioni del CTP di A.XXX) che il P.XXXXX sia alcolista cronico” è frutto di un evidente travisamento del contenuto della consulenza tecnica d’ ufficio; inoltre, si tratta di un improprio tentativo di onerare colui che agisce in giudizio di dare C la probatio diabolica di un fatto negativo (il non essere alcolista ) , il quale, peraltro, è stato introdotto dalla convenuta soltanto dopo la C. maturazione delle preclusioni assertive: sia in comparsa di risposta sia *On memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1 c.p.c. la convenuta non aveva, infatti, mai allegato la presunta condizione di alcolismo cronico dell’ attore. W “Passando all’ esame delle eccezioni ex art. 1892 cod. civ. e 1893 cod. civ. è un dato di fatto, che, nel settembre del 2015 quando la o polizza era stata rinnovata e, dunque, quando si è formata in via tacita il consenso alla stipula del contratto che qui occupa, erano passati oramai dodici anni dal biennio 2002-2003 quando il P. XXXXX era stato sottoposto alla terapia steroidea per la cura della sintomatologia della miastenia Gravis. Deve essere ulteriormente evidenziato come, già tra il settembre 2003 e l’ottobre 2003, vi è stata una sospensione totale della terapia prescritta in precedenza ed una remissione completa della sintomatologia di cui l’attore non risulta essere stato più affetto in tutta la co sua successiva storia clinica (sia antecedente che successiva al sinistro avvenuto nel dicembre 2017). La consulente tecnica d’ ufficio ha, poi, anche chiarito come la miastenia gravis di cui era affetto l’attore dodici anni prima la data del rinnovo della polizza che qui occupa si era manifestata in una forma estremamente lieve e , in particolare, pressocché esclusivamente nella ptosi della palpebra dell’ occhio destro. Tanto premesso sui fatti, non si ritiene che nel caso di specie sussistano i presupposti di cui agli artt. 1892 e 1893 cod. civ. invocati dalla convenuta. Anzitutto è del tutto indimostrato – e la prova di tale fatto ricade sulla convenuta che eccepisce un vizio nella formazione del suo consenso quale fatto impeditivo al sorgere del diritto del contraente assicurato – che la conoscenza della forma lieve della miastenia gravis che si era manifestata, senza più ricomparire in alcun modo essendo la patologia totalmente regredita, dodici anni prima il rinnovo del contratto rappresentasse una circostanza tale da indurre l’ assicurazione a non prestare il consenso o, a non farlo, alle condizioni economiche di cui alla polizza che qui occupa. Quest’ eventualità – esclusa dal consulente tecnico d’ ufficio -avrebbe dovuto essere allegata dall’ assicurazione in termini circostanziati con specifici e perspicui riferimenti alla disciplina della scienza attuariale. Viceversa, le allegazioni sia della difesa della convenuta che del suo CTP risultano essere generiche ed avulse da qualsivoglia riferimento ad un sapere specialistico che le sorregga.
Peraltro, la circostanza che l’assicurazione non abbia partecipato all’ incontro della procedura di mediazione attivata dall’ attore (v. doc. 10 dell’attore) costituisce argomento di prova ai sensi del combinato disposto degli artt. 116 cod. proc. civ. e dell’art. 8, comma quatto bis, d. lgs. 28/2010 dell’ ininfluenza della conoscenza di tale elemento di fatto sulla consistenza del rischio assicurato.
Ed, infatti, la partecipazione del procedimento di mediazione presuppone, indefettibilmente – ratio legis sottesa alla scelta di condizionare la procedibilità della domanda all’ esperimento del tentativo di mediazione potrebbe essere agevolmente elusa dal soggetto individuato quale destinatario della pretesa e l’ assolvimento della condizione di procedibilità si concretizzerebbe nel mero adempimento di un incombente formale privo di effettiva utilità.
In secondo luogo, deve osservarsi come, in ogni caso (anche, C. cioè, a prescindere dall’ effettiva influenza della lievissima miastenia *Q gravis in completa regressione dal 2002 sul rischio assicurato ) , co l’ assicurato non abbia rappresentato il falso alla compagnia affermando di non essere “affetto da malattia o difetti fisici in atto”: alla data w. del rinnovo della polizza, effettivamente, egli: – non manifestava i sintomi di alcuna malattia; – non assumeva alcuna terapia farmacologica; – non aveva una serie di controlli già programmati con finalità preventive rispetto a patologie pregresse o in essere; – non aveva menomazioni fisiche; Semmai, ciò che può essere imputato all’ assicurato, è una reticenza rispetto alla sintomatologia di una patologia che aveva manifestato, in forma del tutto lieve, ben dodici anni prima la data del rinnovo della polizza e che non aveva avuto più alcun seguito nella sua storia clinica, essendo totalmente regredita. “Tuttavia, in assenza di una richiesta esplicita dell’assicurazione CQ di riferire anche situazioni patologiche di carattere lieve del passato remoto della vita dell’assicurato, la con dotta omissiva obiettivamente tenuta dal P. XXXXX non gli può essere imputata né a titolo di dolo né a titolo di colpa e, cioè, di negligenza inescusabile. Quand’ anche, infatti, fosse stato dimostrato mediante le evidenze scientifiche proprie della scienza attuariale che il lieve e confinato episodio morboso di cui era risultato affetto il P. XXXXX dodici anni prima avesse concretamente inciso in misura apprezzabile sul grado del rischio assicurato, gli è che al contraente medio non possono essere affatto richieste le competenze proprie di un matematico attuariale o di un medico legale. Non è, poi, neppure ragionevole ritenere che il dovere di informazione dell’assicurato si spinga sino a dover riferire all’ assicuratore fatti remoti nel tempo che, agli occhi del profano della scienza medica o della matematica attuariale, appaiono privi di rilevanza, non avendo ricadute tangibili sulla vita attuale dell’assicurato in termini di stili di vita, necessità di sottoporsi a controlli medici periodici, assunzioni di farmaci, abitudini alimentari etc. Se, dunque, l’assicurazione ritiene che il rischio assicurato possa essere influenzato anche da episodi patologici passati di lieve entità che non presentano ricadute attuali sulla vita dell’assicurato è tenuta a chiederne espressamente notizia all’ assicurato. Diversamente, essa non può invocare, né l’eccezione di cui all’ art. 1892 cod. civ., né tantomeno quella di cui all’ art. 1893 cod. civ. Il dovere di buona fede nella fase precontrattuale non può, infatti, spingersi sino a richiedere che la parte debole del rapporto (l’ assicurato) riferisca, di sua iniziativa e senza che la sua attenzione sia in alcun modo sollecitata dalla controparte, alla parte forte (l’assicurazione) informazioni che appaiono prive di rilevanza all’ uomo medio che ragiona sulla base del buon senso, piuttosto che su conoscenze di carattere specialistico di cui egli è privo e che, invece, sono in possesso dell’ assicurazione. Quanto alla esclusione del diritto alla riduzione dell’indennizzo ai sensi dell’art. 1893 cod. civ. deve essere, poi, ulteriormente chiarito come anche tale fattispecie, implicando una modifica dell’oggetto contratto dovuta ad un vizio del consenso, presuppone che il vizio nella formazione della volontà contrattuale sia quantomeno riconoscibile dalla controparte e, dunque, che l’assicurato poteva sapere che il suo remoto e lieve stato morboso con sintomatologia completamente rimessa fosse una notizia rilevante per l’assicurazione. La tutela del contraente alla corretta formazione del consenso deve essere, infatti, sempre contemperata con la tutela dell’affidamento dell’altra parte sulla stabilità del negozio giuridico. Tale conclusione si desume dalla disciplina dell’ annullamento del contratto concluso dall’ incapace (art. 428 cod. civ. ) , dell’ annullamento del contratto concluso dal rappresentante in conflitto d’ interessi col rappresentato (art. 1394 cod. civ. ) , del contratto concluso in errore (art. 1431 cod. civ. ) , del contratto concluso per dolo anche se per il fatto del terzo (art. 1439 cod. civ.).
riconoscibilità del vizio del consenso, invero, trova un’ eccezione solo se esso è stato estorto con violenza. In questo caso, e solo in questo, il contratto è annullabile anche se essa proviene da un terzo e la controparte nulla sapeva dell’estorsione subita. In tutti gli altri casi, e dunque anche in quello disciplinato dall’ art. 1893 cod. civ., il vizio del consenso deve essere quantomeno riconoscibile dall’ altra parte per essere giuridicamente rilevante. Ora, nel caso di specie, non avendo l’ assicurazione chiesto all’ assicurato notizie circa gli stati morbosi del passato, non si può ritenere che l’ assicurato, in possesso delle conoscenze dell’ uomo medio, potesse ragionevolmente immaginare che quella lieve sintomatologia di cui era stato affetto dodici anni prima e che non si era più ripresentata nella sua storia clinica fosse una notizia rilevante per consentire all’ assicurazione di decidere se concludere il contratto ed a quali condizioni. Del tutto infondata è anche l’ eccezione in senso lato – ancora una volta per la prima volta spiegata dalla difesa dell’ assicurazione in sede di scritti preparatori alla discussione orale – di cui all’ art. 1227, primo comma, cod. civ.
Sebbene l’ assicurato abbia, trovandosi in stato d’ ebrezza, concorso a cagionare l’ infortunio con le modalità ed i postumi permanenti rilevati in sede di CTU, la norma invocata non trova applicazione nel caso che qui occupa: l’ assicurato non ha, infatti, domandato all’ assicurazione il risarcimento danni da illecito extracontrattuale o inadempimento contrattuale, ma piuttosto l’ esatto adempimento dell’ obbligazione indennitaria cui essa è tenuta nei suoi confronti. La fonte del diritto di credito fatto valere dall’ attore non risiede, quindi, in un’obbligazione risarcitoria per cui opera la riduzione del danno risarcibile per il concorso di colpa nella sua causazione. Per quel che concerne la liquidazione dell’ indennizzo è possibile fare riferimento agli esiti della CTU che non sono stati oggetto di osservazione da parte dell’ assicurazione. , quindi, possibile riconoscere all’ attore le seguenti somme in 0 relazione alle relative voci di danno indennizzabili ai termini di polizza: euro 36.000, 00 a titolo di invalidità permanente (27 punti di invalidità stimati dal CTU detratta la franchigia contrattuale); euro 2.250, 00 a titolo di inabilità temporanea totale (cinquanta giorni detratta la franchigia); euro 750, 00 a titolo di inabilità temporanea parziale (trenta giorni); o tr euro 3.000, 00 a titolo di diaria da ricovero (trenta giorni, non opera alcuna franchigia e l’ indennità è prevista (dall’ art. 26 delle condizioni generali di polizza come cumulabile con quella per l’ inabilità temporanea); euro 517, 15 a titolo per spese mediche collegate I all’ infortunio da un nesso di causalità; D m L’ assicurazione deve, quindi, corrispondere all’ assicurato a titolo d’ indennizzo la somma complessiva di un debito di valore – in quanto si tratta per la cui liquidazione occorre, in mancanza di accordo tra le parti, l’ adozione di un provvedimento autoritativo dell’ autorità giudiziaria che accerti l’ esistenza dei presupposti per la debenza dell’ indennizzo e proceda alla liquidazione sulla base delle valutazioni tecniche acquisite agli atti del processo – la somma, dalla data del sinistro, deve essere rivalutata e , sulla somma anno per anno rivalutata, devono essere applicati gli interessi compensativi al tasso di cui all’ art. 1284, primo comma, cod. civ. Tale operazione contabile termina con la data di pubblicazione della sentenza dove il debito di valore si trasforma in obbligazione di valuta per effetto della liquidazione giudiziale. Vanno, inoltre rimborsate “le spese della consulenza di parte, la quale ha natura di allegazione difensiva, vanno comprese fra le spese C processuali al cui rimborso la parte vittoriosa ha diritto, sempre che il giudice non ne rilevi l’eccessività o la superfluità, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 1 (Cass. n. 3716 del 11/06/1980: conf. Cass. n. 10173 del 2015, n. 84 del 2013, n. 6056 del 1990, n. 625 del 1972, n. 1626 co co del 1965). Le forme per attivare la ripetizione sono quelle della nota delle spese che il difensore deve unire al fascicolo di parte al momento del passaggio in decisione della causa (art. 75 disp. att. c.p.c.)” (cfr. Cassazione civile sez. un., 10/07/2017, n.16990). Per quel che concerne, invece, le spese per l’assistenza stragiudiziale sostenute dalla parte, le medesime sezioni unite sopra citate hanno chiarito che “il rimborso delle spese di assistenza stragiudiziale ha natura di danno emergente, consistente nel costo sostenuto per l’attività svolta … in della fase pre-contenziosa. L’ utilità di tale esborso, ai fini della possibilità di porlo a carico del danneggiante, deve essere valutata ex ante, cioè in vista di quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l’esito futuro del giudizio. Da ciò consegue il rilievo che l’attività stragiudiziale, è comunque qualcosa d’ intrinsecamente diverso rispetto alle spese processuali vere e proprie. Ne La domanda di liquidazione delle spese per l’ assistenza stragiudiziale non può, quindi, essere accolta, in quanto della domanda risarcitoria doveva essere formulata, a pena di preclusione, entro la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1) c.p.c. Si stima, pertanto, congruo liquidare a parte attrice a titolo di rimborso spese per la CTP la somma di euro 1.600, 00 comprensiva di accessori di legge, somma che è pari alla metà della somma complessivamente domandata sia a titolo di refusione delle spese per la CTP che di rimborso spese per l’ assistenza stragiudiziale. Per quel che concerne le spese legali esse devono essere poste a carico della convenuta soccombente. La loro liquidazione deve avvenire sulla base dei valori medi del D.M. 55/2014 sia in considerazione della impegnativa attività istruttoria espletata (nel corso della quale sono stati escussi i testi ed è stata svolta una C.T.U. a cui i consulenti di parte hanno attivamente partecipando sollevando significative e non semplici questioni) sia in ragione delle molteplici difese in diritto sollevate dalla difesa dell’assicurazione. Dunque, a favore dell’attrice ed a carico della convenuta si liquida la somma complessiva di euro 7.254, 00 oltre rimborso forfettario al 15% ed accessori come per legge. Devono essere riconosciute le spese vive sostenute dall’ attore per agire in giudizio pari ai costi per contributo unificato, marca da bollo e contributo per l’attivazione del procedimento di mediazione obbligatorio. Non avendo la convenuta allegato e provato le ragioni della mancata partecipazione al procedimento di mediazione –

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: – condanna la convenuta a pagare all’ attore la somma di euro 42.517, 15, oltre rivalutazione dalla data del sinistro a quella di pubblicazione della sentenza e, sulla somma anno per anno rivalutata, interessi compensativi ex art. 1284, primo comma, cod. civ. al tasso anno per anno vigente, dalla data del sinistro alla data del deposito della sentenza e, da questo momento, interessi moratori ex art. 1284, quarto comma, cod. civ. sino alla data del saldo.
– condanna la convenuta a rifondere all’ attore la somma di euro 1.600, 00 a titolo di refusione delle spese di CTP;
– condanna la convenuta a rifondere all’ attore le spese legali che si liquidano in euro 7.254, 00, oltre rimborso forfettario al 15% ed accessori di legge, più restituzione degli importi pagati a titolo contributo unificato, marca e spese di notifica e contributo per l’ introduzione del tentativo di mediazione obbligatoria;
– pone definitivamente le spese di CTU a carico della convenuta; Si dà atto dell’ esistenza dei presupposti per il pagamento da parte della convenuta di una somma corrispondente all’ importo del contributo unificato ai sensi dell’ art. 8, comma quattro-bis, ultimo allinea, d.lgs. 28/2010. I or Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti ed allegazione al verbale.

Verona, 6 maggio 2021
Il Giudice Attilio Burti

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