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14.04.2019 – Sondrio – Mazza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI SONDRIO
SEZIONE CIVILE
Composto dal Magistrato:
Dott. ssa PAOLA MAZZA G.I. in funzione giudice Unico monocratico
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al N. 1764/2015 R.G. assegnata a sentenza all’udienza di
precisazione
delle conclusioni in data 03 ottobre 2018, promossa da:

  • D.L.F., nato a T. (B.) il (…), residente a M., via C. M. n. 14, codice fiscale: (…),
  • C.D., nato a G. (V.) il (…) ed ivi residente in via R. n. 6, codice fiscale: (…),
    entrambi elettivamente domiciliati in Sondrio, via Galleria XXV Aprile n. 5, nello studio dell’avv.
    Federico Vido, che li difende e rappresenta, per mandati a margine dell’atto di citazione;
    attori
    CONTRO
  • CONDOMINIO C. di C. (S.), via L. L. n. 40, codice fiscale (…), in persona del suo
    amministratore, M.A. snc di cui il signor C.M. (codice fiscale: (…)) è legale rappresentante,
    rappresentato ed assistito, per procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall’avv.
    Athos Dellamano presso il cui studio in Chiavenna
    (SO), via Del Maglio Vecchio n. 23, è stato eletto domicilio;
    convenuto
    AVENTE AD OGGETTO: Altri istituti e leggi speciali.
    Svolgimento del processo – Motivi della decisione
    Con atto del 29 novembre 2015 i condomini D.L.F. e C.D. convenivano in giudizio il Condominio
    C., in persona dell’amministratore pro tempore, al fine di accertare e dichiarare la nullità e/o
    annullabilità della delibera del 25 luglio 2015 di approvazione del consuntivo del Condominio C.
    esercizi 2012 -2015, con riferimento all’approvazione delle spese di riscaldamento ed acqua calda e
    la conseguente suddivisione delle stesse tra i diversi condomini, nonchè di quella successiva del 17
    ottobre 2015 di conferma dell’approvazione.
    Gli attori asserivano:
  • di essere proprietari di due distinte unità immobiliari situate a C., via L. n. 40, facenti parte
    dell’edificio condominiale denominato Condominio C.;
  • di aver partecipato all’assemblea condominiale tenutasi in data 25 luglio 2015 nel corso della quale
    veniva approvato, con il loro voto sfavorevole, il conto consuntivo relativo al trimestre 2012/2015;
  • che il predetto conto consuntivo prevedeva l’importo di Euro 30.670,38 per costi di riscaldamento
    ed acqua calda, meglio ripartiti in Euro 1.094,50 di acqua calda ed Euro 29.575,87 di riscaldamento (di cui Euro 9.201,11 imputabili alla quota fissa del 30% ed Euro 20.374,76 relativi al consumo effettuato);
  • che la ripartizione dei costi a “consumo” conteneva la contabilizzazione di n. 436 ore di
    riscaldamento in tre anni, pari ad Euro 6.930,65, attribuite a D.L. e la contabilizzazione di n. 455
    ore di riscaldamento in tre anni, per Euro 7.232,67 attribuite a C..
    Gli attori asseriscono che le somme richieste in pagamento in punto alla quota “a consumo”
    appaiono ictu oculi abnormi rispetto a qualunque canone anche con riferimento al periodo
    pregresso.
    Secondo gli attori le quote “a consumo” inerenti le ore di riscaldamento e l’utilizzo dell’acqua calda
    non sarebbero state determinate in maniera corretta e con criterio di proporzionalità, inoltre la causa
    di tale abnormità dovrebbe ricondursi alla circostanza che molti condomini, mantenendo il
    collegamento con l’impianto centralizzato, hanno adottato soluzioni alternative per scaldare le
    proprie unità abitative (stufe a pellet), limitando l’uso dell’impianto centralizzato alla sola fase
    “antigelo” ed al consumo dell’acqua calda, facendo così lievitare il costo relativo alla “quota a
    consumo”.
    Per gli attori inoltre la ripartizione delle spese così predisposta ed approvata dal Condominio non
    tiene conto della dispersione termica dell’edificio e della vetustità dell’impianto di riscaldamento.
    Gli attori asseriscono dunque che la deliberazione assunta nel corso dell’assemblea condominiale
    del 25 luglio 2015 sia da considerarsi illegittima con riferimento alle spese di riscaldamento e produzione di acqua calda in quanto nulla e/o annullabile per violazione dei principi basilari del diritto e norme di legge.
    Il Condominio C. si costituiva in giudizio, preliminarmente, eccependo la decadenza degli attori
    dalla possibilità di impugnazione della deliberazione dell’assemblea del 25 luglio 2015, in quanto l’avvio del procedimento giudiziario sarebbe avvenuto ben oltre il termine di trenta giorni previsto per legge. Il Condominio convenuto nel merito asseriva la piena legittimità della delibera impugnata.
    L’eccezione di decadenza sollevata dal Condominio convenuto è infondata.
    Il termine decadenziale di trenta giorni previsto dalla legge ai fini della tempestività dell’azione ex
    art.1137 cod. civ. relativa all’impugnazione della delibera dell’assemblea condominiale, subisce
    un’interruzione a seguito della proposizione dell’istanza di mediazione e riprende nuovamente a
    decorrere, ai sensi dell’art.5, comma 6, D.Lgs. n. 28 del 2010, a far data dal deposito del verbale presso la segreteria dell’organismo di mediazione. Ne consegue che l’atto di citazione avendo ad oggetto l’impugnativa deve essere portato a notifica entro il termine di trenta giorni che deve ricorrere nuovamente per una sola volta dal deposito del verbale conclusivo del procedimento di mediazione. La proposizione della domanda di mediazione ha un
    effetto interruttivo e non sospensivo.
    Considerato il dettato normativo delineato dall’art. 1137 cod. civ., dall’art. 71 quater disp. att . cod.
    civ. e dall’art. 5 del del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 cod. civ., non è condivisibile l’indirizzo
    giurisprudenziale che ritiene che, in caso di fallimento della conciliazione, dal deposito del verbale negativo non decorra nuovamente per intero il termine di trenta giorni.
    Nella fattispecie in esame l’atto di citazione è stato portato in notifica il 3 dicembre 2015, nel
    termine di trenta giorni dopo il deposito del verbale negativo di mediazione avvenuto il 3 novembre 2015 (doc. 2 del fasc. di parte attrice).
    Il perfezionamento della notifica per il mittente, e quindi il momento rilevante per valutare il
    rispetto termini, è infatti quello in cui l’atto viene consegnato all’Ufficiale Giudiziario e non quello della consegna del destinatario.
    L’eccezione di decadenza sollevata dal Condominio convenuto deve dunque essere respinta.
    La domanda attorea è però infondata, pertanto, deve essere rigettata.
    Premesso che la deliberazione dell’assemblea condominiale che approva il rendiconto annuale
    dell’amministratore può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine stabilito
    dall’art. 1137 cod. civ. , comma 2, non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimità,
    restando esclusa una diversa forma di invalidazione ex art. 1418 cod. civ., non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell’impugnazione della delibera, da considerarsi, perciò annullabile (Cass. Civ. 5254/2011).
    Il controllo che può esercitare l’autorità giudiziaria è dunque un controllo sulla legalità della
    deliberazione di approvazione del consuntivo e non sul merito di essa.
    La deliberazione assunta nel corso della riunione condominiale del 25 luglio 2015 è legittima non
    contenendo alcun vizio che ne determini la nullità e/o annullabilità.
    La stessa è stata adottata in applicazione dei criteri di ripartizione dei costi di riscaldamento ed
    acqua calda stabiliti ed assunti sin dall’anno 2008 dai condomini e dagli stessi (compresi D.L. e C.) mai contestati (docc. da 2 a 12 del fasc. di parte convenuta).
    Tali criteri prevedono, per l’utilizzo di acqua calda una spesa di Euro 10 a metro cubo e, quali costi
    di riscaldamento, una quota fissa del 30% , determinata sulla base dei millesimi di proprietà, oltre ad
    una parte variabile del 70% calcolata sulla base del consumo effettuato.
    Solamente nel corso dell’assemblea condominiale di approvazione del consuntivo del 25 luglio
    2015 gli attori hanno deciso di mettere in discussione il criterio di ripartizione delle spese adottato dal Condominio.
    Il criterio adottato dal Condominio convenuto è perfettamente legittimo in quanto, in virtù della
    presenza di singoli contatori di rilevazione del consumo, rispetta il principio sancito dall’art. 1123, secondo comma, cod. civ..
    In tema di sud divisione delle spese di riscaldamento trova applicazione il principio “dell’uso
    diverso” di cui al secondo comma dell’art. 1123 cod. civ..
    Parte attrice sostiene che alcuni condomini avrebbero deciso di contenere i costi di riscaldamento
    delle loro unità abitative attraverso l’installazione a stufe a pellet, limitando l’uso dell’impianto centralizzato alla sola fase “antigelo” ed al consumo dell’acqua calda, ed invoca l’applicazione per analogia della fattispecie prevista dal IV comma dell’art. 1118 cod. civ..
    In corso di causa parte attrice non ha neppure dimostrato la circostanza che alcuni condomini
    avrebbero adottato soluzioni alternative di riscaldamento (stufe a pellet).
    Al caso in esame è comunque inapplicabile l’invocata fattispecie di cui all’art. 1118, comma IV,
    cod. civ..
    L’ipotesi disciplinata dall’articolo 1118, IV comma, del cod. civ. riguarda, infatti, la separazione
    fisica tra impianto centralizzato e le tubazioni che collegano ogni singola unità immobiliare, nella specie in esame, invece, come affermato dagli stessi attori, si sarebbe verificato solamente un ridotto utilizzo dell’impianto di riscaldamento centralizzato da parte di alcuni condomini.
    Per tutte le ragioni sopra esposte le domande di parte attrice non possono trovare accoglimento.
    Le spese di lite seguono il principio della soccombenza e devono pertanto essere poste a carico di
    parti

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