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16.11.2021 – Pavia – Cameli

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di PAVIA
SEZIONE TERZA CIVILE
 

Il Tribunale, nella persona del Giudice Cameli Renato ha pronunciato la seguente


SENTENZA
 

nella causa civile iscritta al n. r.g. 2119/2020 promossa da:

 F.XX C.XX e A.XX B.XXXXX PARTE ATTRICE/OPPONENTE

contro

M.XXX P.XXXXX S.p.a. PARTE CONVENUTA/OPPOSTA


Conclusioni delle parti.
 

Le parti hanno concluso come da udienza del 22 luglio 2021, svoltasi in forma scritta, e note trasmesse in via telematica e in particolare: [OMISSIS]
All’esito della prima udienza era concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo e assegnati termini per la mediazione; stante l’esito negativo della stessa procedura, erano quindi assegnati termini ex art. 183 c.p.c. e la causa era quindi istruita la causa mediante acquisizione della documentazione prodotta dalle parti; all’udienza del22 luglio 2021, svoltasi in forma scritta, i difensori concludevano come sopra riportato e il giudice tratteneva la causa in decisione assegnando termini ridotti ai sensi dell’art. 190 secondo comma c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali e delle repliche.


Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
 

Parte attrice ha formulato, dopo la prima udienza, eccezione preliminare di improcedibilità del giudizio in difetto di tempestiva instaurazione del giudizio di mediazione da parte convenuta.
A riguardo, in punto di fatto, con ordinanza del 7.10.2021, il sottoscritto Giudice “Valutalo… come la controversia sia sussumibile, sia pure secondo interpretazione estensiva, all’ interno della fattispecie ex art. 5 d. lgs 4.3.2020 e soggetta alla procedura di mediazione” e “Considerato che secondo l’orientamento recente l’onere di avviare la procedura incombe su parte convenuta (Cass. SS.UU. 19596/2020)”assegnava ” a parte convenuta termine di 15 gg. decorrente dal 19.10.2020 per l’avvio della procedura di mediazione e rinvia la causa per verifica esito mediazione all’ udienza del 10.3.2021 h. 9.10″, alla luce della citata ordinanza, il termine per l’avvio della procedura di mediazione scadeva in data 3.11.2020.
Al contrario, costituisce circostanza puntualmente dedotta da parte attrice e debitamente documentata che il deposito della domanda di mediazione avveniva, da parte convenuta presso il competente Organismo, soltanto in data 21.1.2021 e il relativo invito perveniva agli attori soltanto il 25.1.2021 , per l’incontro del 17.2.2021; in altri termini l’avvio della procedura di mediazione avveniva non rispettando il termine assegnato con la citata ordinanza (cfr. documentazione allegata alla nota di udienza del 10.3.2021 T.XX circostanze non sono state contestate dalla convenuta.
Questione dirimente risulta quindi essere l’accertamento della natura perentoria o meno del termine assegnato per l’avvio della procedura di mediazione ai sensi dell’art. 5 comma 1 bis, D.Lgs. 4.3 2010 n. 28 per il deposito della domanda di mediazione in corso di causa.
Secondo un primo orientamento, l’inosservanza del Termine comporta l’improcedibilità del giudizio, stante la sua natura perentoria (in tal senso, v. Trib. F.XXXXX, 14.9.2016; Trib. F.XXXXX, 4.6.2015; Trib. Bologna, 15.3.2015). A supporto della tesi viene rilevato come la natura perentoria del Termine sia desumibile dalla stessa gravità della sanzione prevista, ovvero l’improcedibilità della domanda giudiziale determinante, sul piano processuale, la necessità di emettere sentenza di puro rito, precludendo in tal senso qualsivoglia valutazione di merito (Cfr., in tal senso nella giurisprudenza di merito, anche Trib. Spoleto 19.12.2019, n. 961 Trib. Lecce, 03.03.2017; Trib. C.XXXXXX, 08.02.2017; Trib. Roma, 14.07.2016, n. 14185). In altri termini, risulterebbe incoerente la sanzione legislativa dell’improcedibilità per mancato esperimento della mediazione, prevedendo tra l’altro che la stessa debba essere attivata entro il termine di 15 giorni, e l’assenza di rilievo al mancato rispetto del Termine (Cfr. Trib. Lecce, sent. 3.7.2017).   Infine, sul piano formale, il carattere perentorio del termine “ben può desumersi anche in via interpretativa tutte le volte che, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, lo stesso debba essere rigorosamente osservato (in questo senso, Cass. n. 45530/2004; n.14624/2000).” (in termini con giurisprudenza citata Trib. Spoleto 961/2019 cit.).
Viceversa, secondo altro orientamento, il termine avrebbe natura ordinatoria, con conseguente possibilità di proporre tardivamente la mediazione senza incorrere nella sanzione dell’improcedibilità della domanda (cfr. Trib. Reggio Calabria, 01.08.2019, n. 1108; Trib. Monza, 21.01.2016 n. 156, Tribunale M.XXXXX, 10.03.2016 n. 328, Tribunale Roma 14.07.2016 e Trib. Busto Arsizio, 15/06/2012). In particolare, è stato evidenziato che l’art. 5 del D.Lgs. 28/2010 non qualifica espressamente detto termine come perentorio, e conseguentemente, in adesione al principio di diritto espresso dall’art. 152 secondo domma c.p.c. in ordine alla tipicità dei termini perentori, in base a cui “I termini previsti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente come perentori“, non risulterebbe corretta un’interpretazione in senso opposto, quale quella del primo orientamento sopra riportato. In secondo luogo, in base a tale indirizzo, risulta inconferente l’argomentazione secondo cui la perentorietà potrebbe desumersi dalla conseguenza sanzionatoria derivante dall’ omessa comunicazione dell’invito (improcedibilità), posto che la sanzione è correla non tanto al rispetto di un determinato termine bensì a garantire l’effettività del ricorso alla procedura tesa alla conciliazione della lite. In terzo luogo, è stato sottolineato come “in tema di mediazione civile, d.lgs. n.28/2010 non pone alcuna conseguenza in caso non vengano rispettati i quindici giorni; tale termine non può considerarsi perentorio non apparendo corrispondere ad un termine processuale cui applicare il disposto di cui all’ art. 154 c.p.c.”). (Trib. Bologna 11.12.2017, n.21109 Trib. Savona, 18.12.2018). Secondo tale secondo orientamento giurisprudenziale, tuttavia, malgrado il termine non sia perentorio, il ritardo non deve però pregiudicare l’effettivo esperimento del tentativo di mediazione (cfr., Trib. Roma, 14.7.2016; Trib. Pavia, 14.10.2015 nonché giurisprudenza sopra evidenziata); in particolare è stato ulteriormente argomentato sul punto, in fattispecie analoga a quella in esame, come in tema di mediazione obbligatoria, poiché la condizione di procedibilità si considera, per espressa disposizione di legge, avverata solo dopo che si sia tenuto il primo incontro davanti al mediatore, la domanda deve essere dichiarata improcedibile quando il suo mancato effettivo esperimento dipenda dalla colpevole inerzia della parte che abbia presentato la domanda di mediazione ben oltre tale termine all’ uopo dato dal giudice e solo quattro giorni prima dell’udienza fissata per la verifica dell’ effettivo esperimento della mediazione, a cui è subordinata la procedibilità dell’ azione. (Corte d’Appello di Milano, 04.07.2019, n. 4919). Tale ultima soluzione risulta altresì coerente con i principi espressi dalla Cassazione secondo cui “l’onere della parte che intenda agire in giudizio (che, avendo agito, si sia vista opporre il mancato preventivo esperimento della mediazione e sia stata rimessa davanti al mediatore dal giudice) di dar corso alla mediazione obbligatoria possa ritenersi adempiuto con l’avvio della procedura di mediazione e con la comparizione al primo incontro davanti al mediatore, all’esito del quale, ricevute dal mediatore le necessarie informazioni in merito alla funzione e alle modalità di svolgimento della mediazione, può liberamente manifestare il suo parere negativo sulla possibilità di utilmente iniziare (rectius proseguire) la procedura di mediazione. In questo senso depongono sia la struttura del procedimento, disciplinata dall’art. 8 e suddivisa in un primo incontro preliminare davanti al mediatore (“XXXXX il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento.”) e in uno o più incontri successivi di effettivo svolgimento della mediazione. Solo se le parti gli danno il via per procedere alla successiva fase di discussione, il mediatore andrà avanti, interloquendo con le parti fino a proporre o a far loro proporre una possibile soluzione, altrimenti si arresterà alla fase preliminare (all’esito della quale sono dovute solo le spese, e non anche il compenso del mediatore). (Cass. 27.03.2019, n. 8473)
Il Tribunale intende aderire a detto secondo orientamento in quanto, anzitutto, maggiormente coerente alla formulazione normativa che non qualifica espressamente il termine ex art. 5 c.1 d. l. gs 28/2010 perentorio, trovando , quindi applicazione la disciplina generale, ex art. 152 secondo cui c.p.c. secondo cui, in via generale, i termini sono da considerarsi ordinatori salvo ipotesi speciali espressamente stabilite In secondo luogo, trattandosi di condizione di procedibilità, l’interpretazione favorevole al termine ordinatorio risulta altresì coerente con il principio generale secondo cui le limitazioni alla facoltà di agire in giudizio devono essere circoscritte ad ipotesi eccezionali e non sono di interpretazione estensiva. In terzo luogo il carattere ordinatorio non contrasta in alcun modo con la ratio legis né risulta preclusivo della finalità della disciplina, ovvero quella di favorire la soluzione stragiudiziale della controversia; al contrario proprio in adesione all’ orientamento di merito sopra esposto (cfr. ex multis Corte di Appello di Milano 4919/2019) elemento dirimente ai fini della procedibilità risulta comunque essere l’ attivazione in tempo utile della procedura di mediazione, affinché siano garantiti sia l’effettivo esperimento della procedura sia la prosecuzione del giudizio, risultando viceversa l’ omessa o gravemente ritardata attivazione causa di improcedibilità. In altri termini, dalla natura ordinatoria del Termine non discende sic et simpliciter la realizzazione della condizione di procedibilità in tutti i casi di ritardo, anche i più gravi, quale ad esempio, quello che può concretizzarsi in caso di deposito di domanda di mediazione in prossimità dell’udienza fissata per la prosecuzione del giudizio e conseguente fissazione di incontro tra le parti in data successiva all’ udienza stessa, risultando in tale ipotesi elusa la finalità normativa e quindi venuta meno la condizione di procedibilità dal legislatore.
Tanto premesso in punto di diritto, nella fattispecie in esame, come sopra esposto.
Parte convenuta provvedeva al deposito di domanda di mediazione presso il competente Organismo, in data 21.1.2021 e il relativo invito perveniva agli attori il 25.1.2021, risultando l’incontro stabilito tra le parti per il giorno 17.2.2021.
Sul piano processuale, l’udienza per la prosecuzione del giudizio e “verifica esito mediazione” era stabilita in data 10.3.2021 h. 9.10; orbene, ad avviso del Tribunale, la procedura era stata, sia pure tardivamente, comunque avviata in modo corretto e in tempo utile; l’invito perveniva gli attori, infatti, in data 25 gennaio, e quindi circa un mese e mezzo prima dell’udienza, mentre l’incontro era stabilito il 17 febbraio, quasi un mese prima.
La modalità di avvio della procedura di mediazione garantiva quindi un tempo congruo e sufficiente a beneficio degli attori per partecipare, laddove interessati, alla fase di mediazione e addivenire a soluzione stragiudiziale della controversia secondo valutazione probabilistica fondata su canone di ragionevolezza. A questo proposito, le argomentazioni attoree secondo cui “Gli attori in opposizione avrebbero avuto l’intenzione di procedere alla mediazione… Inoltre, non ci sarebbero neppure stati i termini per la conclusione del procedimento ” (sic comparsa conclusionale parte attrice pag. 5) sono meramente ipotetiche e non suffragate da alcun elemento probatorio o indiziario e, anzi, risultano contraddette dalle circostanze di fatto emerse.
A quest’ultimo proposito, al contrario, si evidenzia che, come attestato dal verbale di mediazione (cfr. allegato note di udienza di parte convenuta del 10.3.2021) e non contestato, il procuratore di parte attrice in data 16.02.2021, ovvero alla vigilia dell’ incontro, faceva pervenire alla segreteria dell’Organismo la seguente dichiarazione: “…Con la presente comunico che i Sigg. C.XXXXX e B.XXXXXXXXX, intenzionati ad addivenire ad un accordo, non potranno partecipare all’ incontro di domani, in quanto la parte tenuta si è attivata con notevole ritardo e la procedura non potrà comunque chiudersi in tempo utile. Allego comunque modulo di adesione e ricevuta di pagamento…” attestando così il rifiuto alla partecipazione alla procedura, malgrado il primo incontro fosse fissato ben prima dell’udienza stabilita per la prosecuzione.
Parimenti attestato che “la mediatrice contattava telefonicamente l’Avvocato P.XXX S.XXX al seguente numero 0161215959 per chiedere alla parte chiamata se era disponibile a un rinvio del primo incontro, l’Avvocato P.XXX S.XXX rimandava a quanto scritto nella mail ritenendo di non richiedere un rinvio” in ragione di quanto esposto, si ritiene ottemperata la condizione di procedibilità da parte convenuta: l’instaurazione della procedura di mediazione, pur ritardata, era effettuata in tempo utile per il concreto esperimento della stessa e il concreto mancato esperimento è riconducibile a volontà di parte attrice.
Premessa l’infondatezza dell’eccezione preliminare di improcedibilità, nel merito, in via generale, ai sensi dell’art. 2697 c.c. “C.X vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda .“; secondo l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato sull’ interpretazione di tale articolo, “il creditore dovrà provare i fatti costitutivi della pretesa, cioè l’ esistenza della fonte negoziale o legale del credito e , se previsto, il termine di scadenza, e non anche l’inadempimento, mentre il debitore dovrà eccepire e dimostrare il fatto estintivo dell’adempimento” (in termini Cass. Sez. Unite 30.10.2001 n. 13533). A. luce della disposizione normativa citata e del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, gravava quindi su parte convenuta M.XXX P.XXXXX dimostrare la sussistenza di titolo negoziale valido ed efficace alla base della domanda, mentre sugli attori C.XXXXX e B.XXXXXXX dimostrare l’avvenuto pagamento ovvero la presenza di ulteriori fatti estintivi.
Nel merito, in punto di fatto, costituisce circostanza di fatto puntualmente dedotta da parte attrice, debitamente documentata e non contestata che con contratto di locazione ad uso commerciale del 7.4.2017, registrato in data 3.8.2017 la società M.XXX P.XXXXX S.p.A. locava a S + S S.r.l., un locale di sua proprietà sito in R.XXXX, XXXXXXXXXXXXXX 596 dei C.XXXXX, località M.XXXX N.XXX, adibito a servizi vari e palestra, oltre ad area esterna adibita a parcheggio e giardino, identificata rispettivamente al NCEU Comune di Robbio al Fg. 6 mapp. 407, sub 4, e al NCT stesso Comune al Fg. 6 mapp. 287 e Fg. 6 mapp. 288 (doc 1 fascicolo monitorio).
Parimenti non contestato e debitamente documentato che, con scrittura privata in pari data del 7.4.2017 i sig.ri C.XXXXX e B.XXXXXXXXX si costituivano fideiussori “solidali e indivisibili” della M.XXX P.XXXXX fino all’importo di 90.000 per le obbligazioni nascenti dal contratto con particolare riferimento al saldo dei lavori di ristrutturazione. A quest’ ultimo proposito, in particolare le parti pattuivano che “onde adeguare i locali di proprietà di M.XXX P.XXXXX oggetto di locazione alle esigenze e alle attività che la conduttrice andrà ad espletare, la società proprietaria dovrà affrontare un costo per opere edili, idrauliche e quant’altro di complessivi Euro 90.000, 00”; nella medesima scrittura privata i sig. ri C.XXXXX e B.XXXXXXX, garantivano “a M.XXX P.XXXXX,. senza riserve e/o eccezioni il pagamento dei canoni di locazione sino al raggiungimento della corrispondente somma sborsata da M.XXX Plasit, …e comunque fino alla concorrenza di 90.000, 00” (doc. 2 fascicolo monitorio). La garanzia era quindi finalizzata ad assicurare alla M.XXX P.XXXXX il pagamento di canoni di locazione, fino all’ ammontare di 90.000 (totale delle spese presunte) e quindi a garantire il recupero degli esborsi sostenuti dall’ attrice; successivamente, una volta raggiunta tale somma , la garanzia sarebbe cessata. Parte convenuta, sul punto, ha puntualmente dedotto l’omesso pagamento dei canoni a far data da luglio 2019; in particolare è stato rilevato come l’esposizione debitoria per canoni impagati da S + S S.r.l., ammontava a .41.052, 00 e che i canoni versati da S + S S.r.l. durante la locazione ammontavano a .46.757, 23. Conseguentemente, in attuazione alla disciplina contrattuale, la società convenuta escuteva la fideiussione per la differenza tra il valore delle lavorazioni eseguite (nel limite) e l’ammontare dei canoni corrisposti (.46.757, 23) e quindi per l’importo di .43.242, 77
La stessa parte convenuta ha prodotto le fatture relative ai canoni di locazione non pagati, nonché diffida formale di pagamento (cfr. doc. 3. e 4 fascicolo monitorio) In ossequio alla giurisprudenza sopra evidenziata era onere di parte attrice, che, come esposto, non ha contestato il rapporto, dimostrare l’avvenuto pagamento; al contrario gli attori non solo non hanno dimostrato il versamento dei canoni di locazione ma non hanno contestato la circostanza del mancato pagamento.
Premessa in punto di fatto, la prova sia del rapporto contrattuale sia dell’omesso pagamento, e quindi la corretta ricostruzione dei saldi da parte convenuta, gli attori hanno eccepito la nullità del contratto di locazione stante il carattere variabile del canone.
La relativa eccezione risulta infondata.
A riguardo, secondo consolidato e costante orientamento giurisprudenziale “alla stregua del principio generale della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, deve ritenersi legittima la clausola in cui venga pattuita la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’ arco del rapporto, ancorandola ad elementi predeterminati ed idonei ad influire sull’equilibrio economico del sinallagma contrattuale, del tutto indipendenti dalle variazioni annue del potere di acquisto della lira (nella specie, con riguardo alla locazione di un immobile ad uso di sala cinematografica, al costo unitario del biglietto d’ingresso ed al numero dei biglietti venduti annualmente), salvo che risulti – a seguito di un accertamento di fatto devoluto esclusivamente al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimità ove congruamente motivato – che le parti abbiano in realtà perseguito surrettiziamente lo scopo di neutralizzare soltanto gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo i limiti quantitativi posti dalla L. n. 392 del 1978, art. 32 (nella formulazione originaria ed in quella novellata dalla L. n. 118 del 1985, art. 1 , comma 9 – sexies) ed incorrendo così nella sanzione di nullità prevista dal successivo art. 79, comma 1 cit. legge“.
Ebbene, come nota condivisibilmente la menzionata pronuncia di Cass. n. 22909 del 2016, proprio il riferimento, risultante dalla massima appena trascritta, al c.d. ancoramento della pattuizione del canone ad “elementi predeterminati ed idonei ad influire sull’ equilibrio economico del sinallagma contrattuale, del tutto indipendenti dalle variazioni annue del potere di acquisto della lira” sembrerebbe indurre (come, in effetti, ha talora indotto) una lettura del principio sancito dalla Corte nel senso che, in tanto la libertà di determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo potrà esprimersi nella previsione di un canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’ arco del rapporto, in quanto le parti abbiano cura di ancorare la misura del canone “ad elementi predeterminati ed idonei ad influire sull’equilibrio economico del sinallagma contrattuale, del tutto indipendenti dalle variazioni annue del potere di acquisto della moneta” (salvo poi che non risulti che le parti “abbiano in realtà perseguito surrettiziamente lo scopo di neutralizzare soltanto gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo i limiti quantitativi posti dalla L. n. 392 del 1978, art. 32.”) (in termini con giurisprudenza citata. Cass. 26.09.2019, n. 23986).
La validità del contratto di locazione a fortiori risulta altresì accertata dal Tribunale di Pavia con sentenza 903/2020 all’ esito del giudizio intercorso tra le stesse parti per il pagamento di canoni e l’intimazione di sfratto per morosità (cfr. allegato alla memoria ex art. 183 sesto comma n.1 parte attrice). Ulteriore eccezione di parte attrice è relativa al mancato completamento e alla presenza di vizi nelle opere eseguite nell’ immobile e quindi, in altri termini, al mancato rispetto degli accordi contrattuali in parte qua intercorsi tra la convenuta e la S più S. s.r.l.. In via preliminare, i sig.ri C.XXXXX e B.XXXXXXXXX non risultano legittimati a eccepire tali profili, stante l’ espressa previsione contenuta nell’art. 13 della scrittura privata intercorsa e costitutiva della fideiussione: le parti stabilivano infatti che “in deroga a quanto disposto dall’art. 1945 c.c. i fideiussori dichiarano di rinunciare ad opporre alla creditrice le eccezioni che spettano alla S+S s.r.l.”.
In ogni caso, le relative eccezioni risultano inammissibili sul piano processuale e infondate nel merito.
Orbene, a riguardo, si rileva anzitutto l’inammissibilità dell’eccezione relativa ai vizi in quanto non formulata né in atto di citazione né in memoria ex art. 183 sesto comma n.1 (memoria prevista per la modifica e precisazione di domande eccezioni e conclusioni); al contrario i presunti difetti (malfunzionamento del condizionatore, allagamenti etc.) risultano dedotti soltanto in memoria ex art. 183 sesto comma n.2 c.p.c. e quindi tardivamente introdotti in giudizio.
Inoltre, in via incidentale, nel merito, si rileva che in ordine a tali vizi non è stata fornita prova di alcuna specifica contestazione in fase stragiudiziale (malgrado prova di richiesta di canoni) né risulta offerto alcun principio di prova documentale , anche solo di valore indiziario (perizia di parte, fatture per la riparazione etc.), risultando all’uopo insufficiente la foto dell’ allagamento (trattasi peraltro di singola foto, di data incerta , e da cui non emerge alcun ammaloramento o vizio strutturale ma soltanto acqua sul pavimento cfr. doc. 8 parte attrice) Parimenti, i capitoli di prova dedotti risultano inammissibili in quanto generici.
In relazione alla mancata esecuzione e completamento delle opere, la relativa eccezione risulta anzitutto genericamente dedotta non essendo in alcun modo precisato quali opere non risultano completate.
Al contrario, parte convenuta, fin dalla costituzione in giudizio, ha puntualmente dedotto la realizzazione di una palestra ed un centro medico multidisciplinare nei locali precedentemente adibiti ad albero ristorante de “L. M.XXXXX”; tali circostanze (ovvero la precedente destinazione .ad uso ristorante albergo e il mutamento di destinazione) non risultano contestate.
A fortiori, la stessa parte convenuta riconosce che i citati locali erano oggetto di contratto di sub locazione “La S più S s.r.l. infatti con contratto regolarmente registrato presso la direzione provinciale di Pavia in data 02/10/2017 ha sublocato l’ immobile sito Robbio, strada statale 596 dei C.XXXXX, località M.XXXX N.XXX, alla A.XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX E-Academy, con sede legale in R.XXXX, (PV ) , via circonvallazione di Mortara n. 18,” (sic atto di citazione pag. 2); in altri termini è la stessa convenuta a riconoscere il mutamento di destinazione d’uso e l’utilizzo di tali locali da parte di un’ associazione sportiva. In terzo luogo, rileva lo stessa comportamento della società che non ha mai contestato in fase stragiudiziale il mancato completamento delle opere; al contrario, come sopra esposto, versava regolarmente i canoni, almeno fino al luglio 2019. In quarto luogo, comunque, nel presente giudizio, l’esecuzione delle opere è comprovata dalla produzione documentale costituita da fatture, talune delle quali munite di attestazioni di pagamento, in cui risultano specificatamente individuate lavori e forniture relative all’ immobile (doc. 3. parte convenuta nel presente giudizio).
 Ulteriore eccezione formulata è quella relativa alla nullità della fideiussione; della eccezione risulta infondata. In primo luogo, per le ragioni sopra esposte, il contratto principale di locazione cui accede risulta valido ed efficace, non configurandosi, neanche astrattamente, ipotesi di nullità derivata ed esulando la fattispecie in esame dalla disciplina ex art. 1939 c.c. In secondo luogo, la fideiussione non eccede in alcun modo quanto dovuto al debitore, giacché il soggetto obbligato in via principale al versamento della somma pari alla differenza tra 90.000 e i canoni corrisposti, risultava essere proprio la conduttrice-debitrice principale S+S s.r.l. attraverso, appunto, il versamento dei canoni; non si ravvisano quindi condizioni maggiormente onerose né alcuna violazione dell’art. 1941 c.c.
La circostanza che con sentenza n. 903/2020 nella causa N. R.G. 6735/2019 il Tribunale di Pavia ha dichiarato la risoluzione del contratto di locazione a far data dal luglio 2019 e condannato la S più S s.r.l. a pagare alla M.XXX P.XXXXX S.p.a. la somma di 12.200, 00 (sic memoria di replica parte attrice pag.2) risulta irrilevante allo stato attuale e nel presente giudizio. A quest’ ultimo proposito, si precisa tuttavia che, in caso di effettiva corresponsione di tale somma da parte di S+S s.r.l. alla M.XXX P.XXXXX, il debito dei fideiussori riconosciuto all’ esito del presente giudizio, dovrà essere ridotto di pari importo giacché la somma da questi dovuta, in conseguenza del citato pagamento, deve essere ricalcolata tenendo conto anche di tale eventuale pagamento.
In comparsa conclusionale parte attrice eccepisce la presenza di clausole vessatorie e che le stesse devono considerarsi come non apposte in considerazione del fatto che i presunti fideiussori non sarebbero utenti professionali In primo luogo, qualora tale eccezione sia interpretata come eccezione ex art. 1341 c.c. secondo comma c.c. la stessa risulta inammissibile in quanto tardivamente introdotta, dovendo essere formulata, al più tardi in memoria ex art. 183 sesto comma n.1 c.p.c. Al contrario, qualora sia qualificata come eccezione di nullità per violazione della disciplina consumeristica la stessa, pur ammissibile, risulta infondata. Secondo l’orientamento tradizionale della Cassazione, la qualifica di “consumatore” di cui all’art 3 D.lgs. 6.9.2005, n. 206 spetta alle sole persone fisiche allorché concludano un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’ attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata (cfr. in tal senso: Cass. 12.3. 2014 n. 5705). In particolare, ai fideiussori non è applicabile la disciplina degli art. 1469 bis e ss. c.c., (oggi del codice del C.XXXXX) quando il debitore principale rivesta la qualità di imprenditore, atteso che, in tal caso, la qualità del debitore principale attrae quella del fideiussore ai fini dell’ individuazione del soggetto che deve rivestire la qualità di consumatore (cfr. per tutte: Cass. 12.11.2008 n. 27005) e, del resto, l’obbligazione fideiussoria è collegata e subordinata a quella inerente il rapporto principale (cfr. Cass., 12.1.2005 n. 449; nel merito Trib. Torino, 29.01.2021, n. 425).
 Inoltre come rilevato dalla giurisprudenza In presenza di un contratto di fideiussione è all’obbligazione garantita che deve riferirsi il requisito soggettivo ai fini dell’applicabilità della specifica normativa in materia di tutela del consumatore, attesa l’accessorietà dell’obbligazione del fideiussore all’obbligazione garantita (in termini Cass. 29.11.2011, n. 25212 Cass. 11.10.2018, n. 25155). A fortiori secondo l’orientamento della Corte di Giustizia E.XXXXX, meritevole di essere condiviso, la persona fisica che stipuli una fideiussione con un ente creditizio al fine di garantire le obbligazioni che una società commerciale ha contratto nei confronti di detto ente può essere considerato consumatore solo se tale persona fisica ha agito per scopi che esulano dalla sua attività professionale e non ha alcun collegamento di natura funzionale con la suddetta società (cfr. in tal senso: Corte Giustizia UE, sez. VI, 19.11.2015, n. 74: “Deve essere considerato consumatore la persona fisica che stipuli un contratto di garanzia immobiliare o di fideiussione con un ente creditizio al fine di garantire le obbligazioni che una società commerciale ha contratto nei confronti di detto ente in base a un contratto di credito, se tale persona fisica ha agito per scopi che esulano dalla sua attività professionale e non ha alcun collegamento di natura funzionale con la suddetta società“) . I requisiti soggettivi di applicabilità della disciplina legislativa consumeristica in relazione ad un contratto di fideiussione stipulato da un socio in favore della società devono essere valutati con riferimento alle parti dello stesso (e non già del distinto contratto principale) , dando rilievo – alla stregua della giurisprudenza comunitaria -all’entità della partecipazione al capitale sociale nonché all’eventuale qualità di amministratore della società garantita assunto dal fideiussore” (cfr. in tal senso: Cass. 13.12.2018, n. 32225 e recentemente Cass. 16.1.2020 n. 742).
Alla luce di tale consolidato orientamento risulta inapplicabile alla fattispecie in esame la disciplina giuridica della tutela del consumatore In primo luogo trattasi di fideiussione che accede a contratto principale stipulato pacificamente tra due società (M.XXX P.XXXXX e S + S ) per finalità di carattere commerciale e imprenditoriale. In secondo luogo, le persone fisiche che hanno sottoscritto tale contratto, i sig. ri C.XXXXX e B.XXXXXXXXX, risultano soci al 50% della società e amministratori della stessa: in altri termini, la fideiussione viene prestata personalmente dagli stessi proprio per agevolare l’attività imprenditoriale della società di cui sono titolari Sotto ulteriore e connesso profilo, in via incidentale, con riferimento al carattere vessatorio, parte attrice, nei propri scritti difensivi non allega puntualmente quali clausole siano vessatorie In definitiva, alla luce di quanto esposto, la domanda di parte attrice risulta infondata e il decreto ingiuntivo 306/2020 viene confermato e dichiarato definitivamente esecutivo
Le spese giudiziali sono addebitate in solido sugli attori soccombenti ex art. 91 c.p.c. I compensi professionali sono liquidati ex DM55/2014 previsti per cause di valore compreso tra 26001 e 52000, secondo la dichiarazione di valore di parte attrice e conforme al valore effettivo di causa, applicando il parametro medio per le fasi di studio e introduttiva, minimo per l’ istruttoria, limitata al deposito delle memorie, e minimo per la decisionale, prevalentemente ripetitiva di questioni già affrontate, risultando quindi pari a 5355, 00 oltre spese generali al 15% iva a cpa. Le spese della fase monitoria restano addebitate sugli attori soccombenti.
Non si ravvisano i presupposti per la responsabilità ex art. 96 c.p.c. a carico degli attori stante l’assenza di prova di dolo e colpa grave nell’agire in giudizio, considerando altresì sia le circostanze di fatto sia i contrasti processuali su aspetto preliminare della controversia (mediazione).


P.Q.M.
 

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda o eccezione disattesa o assorbita così dispone:

– I) Rigetta perché infondata la domanda degli attori F.XXXXX C.XXXXX (c.f. XXXXXXXXXXXXXXXX ) e A.XXXX B.XXXXXXXXX (c.f. XXXXXXXXXXXXXXXX ) e , per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 306/2020, emesso dal Tribunale di Pavia in data 9.02.2020 e depositato il 10.2.2020, dichiarandolo definitivamente esecutivo;

– II) Condanna altresì gli attori opponenti in solido F.XXXXX C.XXXXX e A.XXXX B.XXXXXXXXX a rimborsare alla parte convenuta M.XXX P.XX s.a.s. (cf. XXXXXXXXXXX ) le spese di lite, che si liquidano in 5355, 00 per compensi professionali, oltre spese generali pari al 15% dei compensi, c.p.a., nonché i.v.a., secondo le aliquote di legge.

Pavia, 16 novembre 2021

Il Giudice Renato Cameli

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