Cosa succede se i regolamenti locali non stabiliscono la
distanza minima dal confine?
sentenza n. 10318 – 19/5/2016 – Corte di Cassazione – Civile, Sezioni Unite
Per le Sezioni Unite della Cassazione Civile, in tema di distanza tra edifici, se il regolamento locale
(che ha portata integrativa delle prescrizioni del codice civile in tema di distanze tra costruzioni su
fondi finitimi) stabilisce una distanza assoluta tra fabbricati senza prescrivere espressamente altresì
una distanza minima dal confine, deve ritenersi applicabile l’intera disciplina codicistica dettata in
materia, compreso il meccanismo della prevenzione.
Decisione: Sentenza n. 10318/2016 – Cassazione Civile – Sezioni Unite
Classificazione: Civile, Immobiliare
Il caso.
Un proprietario proponeva domanda nei confronti della proprietà confinante chiedendone
l’arretramento, in quanto in ritenuta violazione delle distanze fissate dalla legge 765/1967.
Il Tribunale riteneva applicabili le distanze previste dal regolamento edilizio del comune e non
quelle della legge 765.
La Corte di Appello riteneva applicabile la regola della prevenzione, di cui all’art. 873 e seguenti
del codice civile.
In base al principio della prevenzione, il confinante che costruisce per primo viene a condizionare la
scelta del vicino che voglia a sua volta costruire: al preveniente è offerta una triplice facoltà,
potendo egli edificare sia rispettando una distanza dal confine pari alla metà di quella imposta dal
codice, sia sul confine, sia ad una distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta.
La Corte investita della decisione rimetteva la questione alle Sezioni Unite, che hanno ritenuto operativa la regola della prevenzione nei casi come quello sottoposto al vaglio del Collegio, cioè quando il regolamento edilizio del comune impone un distacco in misura fissa tra costruzioni ma non prevede espressamente una distanza minima delle costruzioni dal confine.
La decisione.
Il Consesso delle Sezioni Unite dapprima definisce il perimetro della questione sottoposta al suo
esame: «Riservata la causa in decisione, con ordinanza in data 12-3- 2015 la Seconda Sezione
Civile, ravvisato un contrasto interno alla stessa Sezione circa l’applicabilità del principio di
prevenzione nella ipotesi in cui i regolamenti locali prevedano solo una distanza tra costruzioni
maggiore di quella stabilita dal codice civile, senza prevedere espressamente anche una distanza
delle costruzioni dal confine, ha disposto la rimessione degli atti al Primo Presidente, il quale ha
assegnato a queste Sezioni UniteUnite la soluzione del segnalato contrasto».
Poi richiama l’orientamento giurisprudenziale consolidato che esclude l’operatività del criterio della
prevenzione nei casi in cui il regolamento locale stabilisca espressamente anche le distanze minime
dai confini: «Nell’ordinanza di rimessione è stato dato atto del concorde orientamento della
giurisprudenza di legittimità circa l’inoperatività del criterio della prevenzione allorquando la
disciplina regolamentare imponga il rispetto di una distanza inderogabile delle costruzioni dai
confini (cfr. Cass. n. 23693/14, 18728/05, 627/03, 12561/02, 4895/02, 4366/01, 10600/99, 4438/97,
3737194, 7747/90 e 4737/87, tutte precedute dall’incipit di S.U. n. 2846/67)».
Riassume, invece, il contrasto giurisprudenziale in merito al caso di regolamenti che si limitano a
fissare solo la distanza minima tra costruzioni: «La Seconda Sezione, al contrario, ha rilevato un
contrasto interno alla stessa Sezione per l’ipotesi in cui le disposizioni locali prevedano solo una
distanza minima tra costruzioni maggiore di quella codicistica, senza nulla disporre espressamente
riguardo alla distanza delle costruzioni dal confine».
E sintetizza i tre indirizzi: «un primo indirizzo, secondo cui, nel caso in cui il regolamento edilizio
determini solo la distanza minima fra le costruzioni, in assenza di qualunque indicazione circa il
distacco delle stesse dal confine, il principio della prevenzione deve ritenersi operativo, non
ostandovi alcun divieto di costruire in aderenza o sul confine (Cass. 5-12- 2007 n.. 25401; Cass.
20-4-2005 n. 8283; Cass. 1-6-1993 n. 6101; Cass. 16-5-1991 n. 5474; Cass. 7-6-1988 n. 3859;
Cass. 20-11- 1987 n. 8543 e Cass. 24-6-1983 n. 4352)».
Poi espone il secondo indirizzo: «in base ad un diverso orientamento, allorquando i regolamenti
edilizi comunali stabiliscano una distanza minima assoluta tra costruzioni maggiore di quella
prevista dal codice civile, detta prescrizione deve intendersi comprensiva di un implicito
riferimento al confine, dal quale chi costruisce per primo deve osservare una distanza non inferiore
alla [.metà di quella prescritta, con conseguente esclusione della possibilità di costruire sul confine e,
quindi, dell’operatività del cosiddetto criterio della prevenzione (Cass. 22-2-2007 n. 4199; Cass.
19-7-2006 n. 16574; Cass. 1-7-1996 n. 5953; Cass. 28-4- 1992 n. 5062; Cass. 10-10-1984 n. 5055;
Cass. 29-6-1981 n. 4246)».
Infine sintetizza il terzo indirizzo intermedio: «posizione intermedia assunta da altra pronuncia
(Cass. 16-2-1999 n. 1282), la quale, pur affermando che la prevenzione non opera ove i
regolamenti edilizi comunali stabiliscano una distanza minima assoluta tra costruzioni maggiore di
quella prevista dal codice civile -detta prescrizione dovendosi intendere comprensiva di un
implicito riferimento al confine-, precisa che il metodo di misurazione dei distacchi -metà della
distanza dal confine per ciascun proprietario- non è incompatibile con la previsione della facoltà di
edificare sul confine ove lo spazio antistante sia libero fino alla distanza prescritta, oppure in
aderenza o in appoggio a costruzioni preesistenti, con conseguente applicabilità del criterio della
prevenzione».
Affronta anche il caso delle distanze commisurate all’altezza degli edifici: «è stata poi richiamata
una risalente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, nella quale è stato affermato che, nel
caso di norma regolamentare che determini la distanza fra costruzioni non dal confine, ma in via
assoluta, commisurandola alla maggiore altezza di uno dei corpi di fabbrica, rimane esclusa la
possibilità di costruire sul confine e l’applicabilità del criterio di prevenzione, onde colui che
costruisce per primo deve osservare, rispetto al confine, una distanza pari alla metà dell’altezza
dell’erigendo fabbricato (Cass. Sez. Un. 27-11-1974 n. 3873)».
Entrando nel caso specifico, per il quale è stato richiamato il regime della Legge 765/1967, così
ricorda: «una più recente pronuncia delle Sezioni Unite, che ha affrontato, risolvendolo in senso
affermativo, il problema della compatibilità del principio codicistico della prevenzione con la
disciplina sulle distanze tra fabbricati vicini dettata dall’art. 41 quinquies, primo comma, lettera c),
della legge 17-8-1942 n. 1150 (aggiunto dall’art. 17 della legge 6-8-1967 n. 765), traendone la
conseguenza che, quando il fabbricato del preveniente si trovi ad una distanza dal confine inferiore
alla metà del distacco tra fabbricati prescritto dalla citata norma speciale, il prevenuto ha, ai sensi
dell’art. 875 cod. civ., civ., la facoltà di chiedere la comunione forzosa del muro allo scopo di costruirvi contro (Cass. Sez. Un. 1-8-2002 n. 11489)».
Le Sezioni Unite procedono poi a sintetizzare il sistema delineato dal codice civile: «occorre
rammentare che, nel sistema delineato dagli artt. 873 ss. cod. civ., il principio della prevenzione
comporta che il confinante che costruisce per primo viene a condizionare la scelta del vicino che
voglia a sua volta costruire. Al preveniente, invero, è offerta una triplice facoltà, potendo egli
edificare sia rispettando, una distanza dal confine pari alla metà di quella imposta dal codice, sia
sul confine, sia ad una distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta. A fronte alla
sc
elta operata dal preveniente, il vicino che costruisce successivamente, nel primo caso, deve
costruire anch’esso ad una distanza dal confine pari alla metà di quella prevista, in modo da
rispettare il prescritto distacco legale dalla preesistente costruzione. Nel secondo caso, il prevenuto
può chiedere la comunione forzosa del muro sul confine (art. 874 cod. civ.) o realizzare la propria
fabbrica in aderenza allo stesso (art. 877 primo comma cod. civ.); ove non intenda costruire sul
confine, è tenuto ad arretrare il suo edificio in misura pari all’intero distacco legale. Nella terza
ipotesi considerata, il prevenuto può chiedere la comunione forzosa del muro e avanzare la propria
fabbrica fino ad esso, occupando lo spazio intermedio, dopo avere interpellato il proprietario se
preferisca estendere il muro a confine o procedere alla sua demolizione (art. 875 cod. civ.); in
alternativa, può costruire in aderenza (art. 877 secondo comma cod. civ.) o rispettando il distacco
legale dalla costruzione del preveniente».
Quindi definiscono il perimetro della questione sottoposta al loro esame: «va precisato che esula
dal quesito posto nell’ordinanza interlocutoria l’ipotesi dei regolamenti locali che,]
pur imponendo una distanza assoluta tra fabbricati, prevedano espressamente la possibilità di
costruire sul confine, ovvero di costruire in appoggio o in aderenza. In una simile evenienza, infatti,
è la stessa fonte regolamentare a sancire direttamente, senza necessità di alcuno sforzo
interpretativo, l’operatività della regola della prevenzione prevista dal codice civile, con le relative
implicazioni riguardo alle facoltà rispettivamente spettanti al preveniente e al prevenuto.
La questione rimessa alle Sezioni Unite, inoltre, si riferisce specificamente alla ipotesi dei
regolamenti locali che, come quello in esame, stabiliscano una distanza minima dal confine in una
misura fissa, non anche a quella dei regolamenti che prescrivano una distanza minima dal confine
non predeterminata, ma commisurata all’altezza di una delle costruzioni. Ipotesi, quest’ultima, per
la quale può farsi riferimento alle indicazioni fornite dalle Sezioni Unite nella menzionata
pronuncia n. 11489\2002 in relazione all’analoga previsione di cui alla c.d. legge ponte, per la
quale è stata ritenuta – in mancanza di dati di segno contrario emergenti da specifiche disposizioni
regolamentari – l’operatività del principio di prevenzione».
E infine indicano la soluzione adottata: «Le Sezioni Unite ritengono che il contrasto debba essere
composto privilegiando l’interpretazione favorevole all’operatività, nella ipotesi considerata, del
criterio della prevenzione, non apparendo convincenti le ragioni che nella elaborazione
giurisprudenziale e dottrinale sono state addotte a sostegno dell’opposta
tesi.»
E ne illustrano le ragioni: «al criterio di interpretazione letterale, che si fonda sulla pretesa
assimilazione degli attributi “assoluto” e “inderogabile”, può opporsi, in conformità di
un’autorevole opinione dottrinale, come la normativa edilizia contempli effettivamente la previsione
di distanze “inderogabili”, come tali destinate a non tollerare in alcun caso la possibilità di
costruire sul confine o in aderenza. Al di fuori di tali ipotesi, tuttavia, in presenza di una norma
regolamentare che si limiti a prevedere un distacco “assoluto” tra costruzioni, non sembra
possibile escludere in radice la possibilità di edificare sul confine o a distanza dal confine inferiore
alla metà di quella legale, ferma restando la necessità, nel caso in cui non vengano realizzate
costruzioni in appoggio o in aderenza, di rispettare la distanza minima prescritta dal regolamento
locale».
«Quanto all’ostacolo derivante dalla necessità di assicurare un’equa ripartizione dell’onere
appare evidente che una simile finalità non viene frustrata dalla previsione della facoltà di
costruire in aderenza o in appoggio, escludendosi in tal modo la possibilità stessa della formazione
di intercapedini pericolose tra i due fabbricati».
In sintesi, le Sezioni Unite hanno ritenuto operativa la regola della prevenzione: «Alla luce degli
esposti principi, nella specie, contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti, deve ritenersi
l’operatività della regola della prevenzione, non risultando che il regolamento edilizio del
Comune di O., che impone un distacco tra costruzioni di metri otto, preveda altresì una distanza
minima delle costruzioni dal confine».
Osservazioni.
Con questa articolata sentenza di 34 pagine, le Sezioni Unite della Cassazione si sono pronunciate
sul tema dell’applicabilità della regola della prevenzione nell’ambito del regime delle distanze tra
edifici, per il caso specifico in cui il regolamento locale stabilisca un limite minimo di distanza tra
costruzioni senza stabilire una distanza minima dal confine.
Disposizioni rilevanti.
Codice Civile
Vigente al: 18-11-2016
Art. 873 – Distanze nelle costruzioni
Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non
minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.
Art. 874 – Comunione forzosa del muro sul confine
Il proprietario di un fondo contiguo al muro altrui può
chiederne la comunione per tutta l’altezza o per parte di essa, purché lo faccia per tutta l’estensione
della sua proprietà. Per ottenere la comunione deve pagare la metà del valore del muro, o della
parte di muro resa comune, e la metà del valore del suolo su cui il muro è costruito. Deve inoltre
eseguire le opere che occorrono per non danneggiare il vicino.
Art. 877 – Costruzioni in aderenza
Il vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine, può costruire sul confine stesso
in aderenza, ma senza appoggiare la sua fabbrica a quella preesistente.
Questa norma si applica anche nel caso previsto dall’art. 875; il vicino in tal caso deve pagare
soltanto il valore del suolo.
LEGGE 6 agosto 1967, n. 765
Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150
Vigente al:
al: 18-11-2016
Art. 17
Alla legge 17 agosto 1942, n. 1150, dopo l’articolo 41 è aggiunto il seguente articolo 41-quinquies:
“Nei Comuni sprovvisti di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione la
edificazione a scopo residenziale è soggetta alle seguenti limitazioni:
a) il volume complessivo costruito di ciascun fabbricato non può superare la misura di un metro
cubo e mezzo per ogni metro quadrato di area edificabile, se trattasi di edifici ricadenti in centri
abitati, i cui perimetri sono definiti entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge con deliberazione del Consiglio comunale sentiti il Provveditorato regionale alle opere
pubbliche e la Soprintendenza competente, e di un decimo di metro cubo per ogni metro quadrato
di area edificabile, se la costruzione è ubicata nelle altre parti del territorio;
b) gli edifici non possono comprendere più di tre piani;
c) l’altezza di ogni edificio non può essere superiore alla larghezza degli spazi pubblici o privati su
cui esso prospetta e la distanza dagli edifici vicini non può essere inferiore all’altezza di ciascun
fronte dell’edificio da costruire.
Per costruzioni di cui alla legge 30 dicembre 1960 n. 1676, il Ministro per i lavori pubblici può
disporre con proprio decreto, sentito il Comitato di attuazione del piano di costruzione di
abitazioni per i lavoratori agricoli dipendenti, limitazioni diverse da quelle previste dal precedente
comma.
Le superfici coperte degli edifici e dei complessi produttivi non possono superare un terzo dell’area
di proprietà.
Le limitazioni previste ai commi precedenti si applicano nei Comuni che hanno adottato il piano
regolatore generale o il programma di fabbricazione fino ad un anno dalla data di presentazione al
Ministero dei lavori pubblici. Qualora il pi
ano regolatore generale o il programma
di fabbricazione sia restituito al Comune, le limitazioni medesime si applicano fino ad un anno
dalla data di nuova trasmissione al Ministero dei lavori pubblici.
Qualora l’agglomerato urbano rivesta carattere storico, artistico o di particolare pregio
ambientale sono consentite esclusivamente opere di consolidamento o restauro, senza alterazioni di
volumi. Le aree libere sono inedificabili fino all’approvazione del piano regolatore generale.
Nei Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, nelle zone in cui
siano consentite costruzioni per volumi superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area
edificabile, ovvero siano consentite altezze superiori a metri 25, non possono essere realizzati
edifici con volumi ed altezze superiori a detti limiti, se non previa approvazione di apposito piano
particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi alla intera zona e contenenti la disposizione
planivolumetrica degli edifici previsti nella zona stessa.
Le disposizioni di cui ai commi primo, secondo, terzo, quarto e sesto hanno applicazione dopo un
anno dalla entrata in vigore della presente legge. Le licenze edilizie rilasciate nel medesimo
periodo non sono prorogabili e le costruzioni devono essere ultimate entro due anni dalla data di
inizio dei lavori.
In tutti i Comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli
esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di
densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati
agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde,
pubblico o a parcheggi.
I limiti e i rapporti previsti dal precedente comma sono definiti per zone territoriali omogenee, con
decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con quello per l’interno, sentito il Consiglio
superiore dei lavori pubblici. In sede di prima applicazione della presente legge, tale decreto viene
emanato entro sei mesi dall’entrata in vigore della medesima”.
Art. 19
Alla legge 17 agosto 1942, n. 1150, dopo l’articolo 41, è aggiunto il seguente articolo 41-septies:
“Fuori del perimetro dei centri abitati debbono osservarsi nella edificazione distanze minime a
protezione del nastro stradale, misurate a partire dal ciglio della strada.
Dette distanze vengono stabilite
stabilite con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con i Ministri per i trasporti e
per l’interno, entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente legge, in rapporto alla natura
delle strade ed alla classificazione delle strade stesse, escluse le strade vicinali e di bonifica.
Fino alla emanazione del decreto di cui al precedente comma, si applicano a tutte le autostrade le
disposizioni di cui all’articolo 9 della legge 24 luglio 1961, n. 729. Lungo le rimanenti strade, fuori
del perimetro dei centri abitati è vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di
qualsiasi specie a distanza inferiore alla metà della larghezza stradale misurata dal ciglio della
strada con un minimo di metri cinque”