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29.11.2018 – Genova – Corte di appello

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI GENOVA
SEZIONE PRIMA CIVILE
composta dai seguenti magistrati:
Cinzia CASANOVA – Presidente rel.
Maria Margherita ZUCCOLINI – Consigliere
Massimo CAIAZZO – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
nella causa civile promossa da:
M.D.G. s.a.s. e D.G. elettivamente domiciliata presso e nello studio dell’avv.A.Lombardo che la rappresenta
e difende come da mandato in calce all’atto di citazione
appellante
contro
F.L., F.E., FIORONI NINO elettivamente domiciliati presso e nello studio dell’avv.I.Cavanna , rappresentati e
difesi dall’avv.Mohamed Samira Abu Zead come da delega a margine della comparsa di costituzione e
risposta in appello
appellati
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con atto di licenza per finita locazione e citazione per la convalida , nel luglio 2016 , i sigri L.F., nonché E. e
N.F., premesso:
che L.F. e N.D., alla cui morte erano succeduti E. e N.F., erano comproprietarie di un immobile ad uso
commerciale locato dal 1987 alla società M. s.a.s. di C.M.C.;
che al socio accomandatario sigr M., nel 1993, era succeduta la sigra D.G.;
che in data 28.7.2015 era stata inoltrata disdetta dal contratto;
convenivano in giudizio parte conduttrice, perché fosse convalidata la licenza per finita locazione per il
31.12.2016.
Si costituiva in giudizio la società M. s.a.s. in persona della sigra G.D., socia accomandataria, eccependo
Sentenze http://pluris-cedam.utetgiuridica.it/cgi-bin/DocPrint
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che non vi era stata alcuna valida disdetta, sia perché la raccomandata 28.7.2015 proveniva dal difensore
di parte locatrice, e non dalla stessa personalmente, sia perché essa era stata indirizzata a M. s.a.s. di
C.M.C., e proprio il sigr M. l’aveva ritirata, quando egli non era più accomandatario e non aveva alcun
potere di ritirare gli atti per la società, mentre nessuna valida disdetta era giunta alla legale rappresentante
sigra G., per cui il contratto si era rinnovato per ulteriori sei anni.
Il primo Giudice ordinava il rilascio con eseczione al 28.2.2017 ; quindi, disponeva il mutamento di rito e
concedeva termine per il deposito di memorie.
In queste, parte locatrice affermava di non essere stata portata a conoscenza del mutamento
dell’accomandatario, ma che era incontestato da controparte sia la data di inizio del contratto ( il 1.1.87)
sia il canone di locazione.
Precisava, poi, che il M. si era comportato, nel tempo, come il vero amministratore della società e come
egli fosse, comunque, convivente con la sigra G. dal 1999, mentre non era per nulla provato che la lettera
di disdetta fosse stata ritirata proprio da costui.
Secondo parte locatrice la disdetta era perfettamente valida anche se sottoscritta dal difensore, ai sensi
dell’art.1387 c.c., avendo agito in nome e per conto di parte locatrice, per la quale aveva già inoltrato una
lettera di messa in mora per lamentare la morosità maturata da M. s.a.s. e che aveva ricevuto mandato e
curato anche il procedimento per sfratto per morosità instaurato sempre contro M. s.a.s.
Comunque, agendo per la licenza di sfratto per finita locazione, certamente i locatori avevano ratificato
l’operato del loro difensore, con effetto retroattivo, così rendendo la lettera di disdetta a loro riferibile.
Parte conduttrice ribadiva le propri difese.
Con la sentenza qui appellata, il primo Giudice:
ritenuto che la disdetta era stata inoltrata alla società , seppure con un errore materiale; che la lettera di
disdetta era stata ritirata dal M., che era irrilevante che egli non fosse il legale rappresentante, che l’atto
era giunto alla sede della società; che il difesore aveva speso il nome dei clienti e solo loro potevano far
valere il difetto di procura, procura che poteva essere rilasciata anche verbalmente;
convalidava lo sfratto, condannando la società al rilascio alla data del 28.2.2017, ed al pagamento delle
spese di lite.
Ha proposto appello la società M. s.a.s. lamentando:
1) l’erronea valutazione dei fatti e documenti, e il difetto di preventiva comunicazione di disdetta
Censura l’appellante che il primo Giudice abbia ritenuta la sussistenza di una valida disdetta, innanzittutto
ricordando che controparte aveva depositato una copia della lettera di disdetta firmata dall’avv.Branca, ed
un duplicato dell’avviso di ricevimento recante la dicitura duplicato emesso ex art. 6 L. n. 890 del 1982,
ricevuta il 4.8.2015 e sul timbro postale la dicitura “Alassio” e la data del 3.5.2016.
Sia nella lettera che nel duplicato dell’avviso di ricevimento, il destinatario era M. s.a.s. di C.M.C.
Erroneamente il Giudice si era basato su due presunzioni, la prima ritenendo che l’atto fosse giunto alla
sede della società, circostanza non emergente da questi documenti, non essendovi l’originale o la copia
dell’attestazione postale di invio.
E la seconda, ritenendo che il sigr M. , socio accomandante, che aveva ritirato l’atto, lo avesse portato a
conoscenza della G., ritenuta sua convivente more uxorio, circostanza che invece l’appellante contesta.
Inoltre, l’errore compiuto da parte locatrice indicando come destinataria M. s.a.s. di C.M.C. aveva indotto in errore sia l’incaricato della consegna postale, che aveva consegnato , appunto, la busta al sigr M. , sia lo
stesso M. che probabilmete aveva ritenuto la lettera come a sè rivolta.
Segnala, poi, come la disdetta provenga dal difensore e non dai locatori, sicchè, dovendo la disdetta essere data con gli stessi requisiti richiesti dal contratto, e , quindi, in forma scritta, avrebbe potuto essere
efficace solo se il mandatario avesse ricevuto una procura conferita per iscritto, anteriormente alla
formazione della disdetta.
Pertanto, la sentenza era errata nella parte in cui aveva ritenuto valida la disdetta inoltrata dal difensore,
perchè non vi era prova di una procura scritta per compiere tale atto, non potendo il difensore sostituirsi ai suoi asseriti clienti.
Censura ,poi, l’appellante come non sia pertinente il richiamo fatto dal primo Giudice alla pronuncia della
Cassazione civile n.26526/2009 , poichè, in quel caso, si era ritenuto che, avendo il locatore,
nell’intimazione di licenza per finita locazione ad una certa data, richiamato la disdetta con lettera di data
anteriore, era chiaro che l’attore aveva così inteso chiedere al giudice anche una pronuncia di cessazione
della locazione per effetto del diniego di rinnovo alla prima scadenza, essendo evidente che la procura al
difensore rilasciata per il procedimento di rilascio, comprenda in sè anche il potere di comunicare la
disdetta.
Ma nel caso in esame,invece, l’intimazione di rilascio era stata notificata oltre il termine semestrale per una valida disdetta.
2) la mancata partecipazione al procedimento di mediazione
Censura poi l’appellante che il primo Giudice abbia ritenuta ingiustificata la sua mancata partecipazione al
giudizio di mediazione, mentre, invece, non vi era prova del luogo ove era avvenuta la comunicazione delle raccomandate di convocazione, nè da esse poteva evincersi a quali procedimento si riferisse l’invito,
precisazione necessaria per la pluralità di giudizi che contrapponevano le odierne parti (compreso un
procedimento di sfratto per morosità ancora pendente).
Comunque, era errato anche il valore della controversia preso a base della determinazione del contributo
unificato, che avrebbe dovuto determinarsi in Euro.49,00 e non in Euro.118,50 come fatto da controparte.
3) L’appellante ha poi censurato altri vari errori che M. imputa alla frettolosità e superficialità della
sentenza; e così l’errata indicazione della data del contratto, ed il fatto che era stata emessa una convalida
di sfratto per finita locazione in sentenza e non con ordinanza ed essendo la locazione ancora in corso; del resto, neppure avrebbe potuto intendersi la pronuncia come una pronuncia di risoluzi one del contratto a far data dal 31.12.2016, poichè parte locatrice non aveva proposto una simile domanda, dopo la concessione delle memorie integrative.
M. ha nuovamente chiesto l’ammissione delle istanze istruttorie avanzate nella memoria integrativa
9.12.2016, censurando che il primo Giudice non si fosse neppure pronunciato su di esse.
Si sono costituiti in giudizio i locatori che hanno preliminarmente eccepito: a) come la mancata
partecipazione al procedimento di mediazione, ovvero la mancata iniziativa da parte della conduttrice circa detto procedimento rendesse improcedibile ogni sua domanda; b) come l’appello fosse, comunque, redatto in violazione dell’art.342 c.p.c. , trattandosi di ripetizione delle difese già svolte in primo grado, sicchè esso era inammissibile e improcedibile;
Nel merito, hanno riferito che, dopo l’inoltro della disdetta del luglio 2015, M., spendendo il nome di M. sas aveva scritto ai locatori diverse lettere dal valore confessorio circa il suo ruolo nella società.
Ha ribadito come la notifica presso la sede della società sia pienamente valida se ritirata da chi risulta
addetto alla sede, essendo elemento irrilevante la convivenza o meno tra i due soci, che essi appellati,
comunque, avevano provato con il certificato anagrafico versato in atti.
Nè era importante l’errata indicazione di M. s.a.s. di C.M., perchè la disdetta aveva raggiunto lo scopo,
essendo stata inoltrata e ricevuta alla sede sociale.
Circa la legittimazione del difensore, hanno affermato che la disdetta può essere data dal difensore e
ratificata validamente dai locatori a termine scaduto.
All’udienza di discussione del 31.10.2018 le parti si sono richiamate alle loro difese insistendo come in
esse, e la causa è stata decisa dandosi lettura dell’allegato dispositivo.
Innanzittutto si rileva che l’eccezione preliminare svolte dagli appellati in merito all’improcedibilità delle
domande avverse per mancata proposizione del procedimento di mediazione ex art.5 c.2 D.Lgs. n. 28 del
2010, non può essere accolta, siccome tale eccezione è stata sollevata solo in questo grado, quindi,
tardivamente.
Nè può ritenersi sussista la violazione dell’art.342 c.p.c. , poichè, se è ben vero che l’atto di appello
motivato deve essere redatto in modo più organico e strutturato rispetto al passato, nel caso in esame,
l’appellante contesta con sufficiente puntualità la sentenza impugnata nelle parti in ordine alle quali chiede che venga riformata, soddisfacendo, quindi, il requisito della specificità dei motivi di cui all’art. 342 c.p.c..
Circa i motivi di appello si osserva:
1) il difetto di preventiva comunicazione di disdetta.
Ritiene il Collegio che le censure mosse alla sentenza, circa la valutazione della disdetta intimata dai
locatori, non meritino seguito.
Innanzittutto, si rileva che l’inoltro di tale lettera alla sede sociale è attestato chiaramente dal duplicato
dell’avviso di ricevimento della raccomandata, ove risulta che l’atto è stato consegnato, in data 4.8.2015,
alla società M. s.a.s. di C.M.C., Via D. 10 A., ovvero proprio all’indirizzo che dall’intestazione dell’atto di
appello risulta essere stato indicato, dalla stessa appellante, come propria sede, del resto conformemente a quanto risulta dal contratto di locazione, nonchè dalla visura camerale in atti.
M. s.a.s. ha dedotto prova per testi circa il fatto che il ritiro della lettera sia avvenuto da parte del M. (
cfr.capitolo di prova n.1 , nella memoria in data 9.12.2016 ” vero che la raccomandata del 28.7.2015 … è
stata ritirata dal sigr C.M. socio accomandante della M. s.a.s.” ) per la cui ammissione ha insistito ancora in
questo grado, ma proprio ritenuta per vera tale circostanza, essa è irrilevante e non giova all’appellante.
Infatti, una volta acclarato che la lettera è giunta alla sede sociale ed è stata ritirata da persona che, anche
se non più legale rappresentante, aveva sicuramente uno stretto legame con la società, essendone
addirittura socio seppure accomandante, ne consegue che la disdetta risulta validamente inoltrata a M. sas.
Viene allora in evidenza quanto affermato da Cassazione civile, sez. I, 19/08/2016, n. 17204 , secondo cui:
“La lettera raccomandata – anche in mancanza dell’avviso di ricevimento – costituisce prova certa della
spedizione attestata dall’ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell’atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso, per cui spetta al destinatario l’onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di acquisire la conoscenza dell’atto.”
Nè avrebbe potuto M. s.a.s. dimostrare di non essere stata informata di tale atto mediante l’escussione di
testi chiamati a rispondere sul cap.2 che espone una circostanza inammissibile perchè irrilevante e,
comunque, valutativa (relativa al fatto che dal 1993 il M. sia persona priva dell’abilitazione ad operare per
la società) , o del capitolo 3) (“vero che la sigra D.G. … è stata tenuto all’oscuro del ricevimento da parte
del sigr C.M. della raccomandata “) attesa la sua inammissibilità sia per la sua genericità, che per il tenore,
nuovamente, valutativo.
Quanto poi al fatto che la disdetta, inoltrata dall’avv.Branca,sarebbe proveniente da soggetto privo di potere, il Collegio condivide e richiama la pronuncia di Cassazione civile, sez. III, 16/03/2005, n. 5695 secondo cui persino nel caso di disdetta del contratto di locazione proveniente dal falsus procurator del locatore, questa può essere da costui ratificata, ai sensi dell’art. 1399 c.c. e ciò: “con effetto retroattivo nei confronti del conduttore, con la conseguenza che, ai fini dell’operatività della disdetta medesima, nonché ai fini della legittimazione processuale del falsus procurator – ove questi abbia altresì promosso il procedimento di sfratto per finita locazione – non rileva che detta ratifica sia intervenuta dopo la scadenza del termine utile per la comunicazione della disdetta e dopo l’inizio del giudizio di rilascio dell’immobile locato…”
A ciò non si oppone quanto affermato dal Supremo Collegio nella pronuncia invocata da parte appellante ,Cassazione civile, sez. III, 18/02/1994, n. 1609, secondo cui : “Nei contratti formali (nei quali è compreso
quello preliminare di compravendita di beni immobili ai sensi del combinato disposto degli art. 1350 e 1351 c.c.), le cause modificative o estintive del rapporto debbono risultare da fattori prestabiliti dalle parti nello stesso contratto e debbono essere, comunque, espresse nella forma richiesta per il contratto al quale si riferiscono. Conseguentemente, l’accordo solutorio e la dichiarazione di recesso debbono rivestire la stessa forma scritta richiesta per la stipulazione del contratto preliminare. Il recesso, inoltre, può essere esercitato solo dal rappresentante munito di procura generale o speciale espressamente conferita a tal fine, trattandosi di atto negoziale da valere agli effetti sostanziali della permanenza del contratto cui si riferisce”, in quanto i locatori risultano avere rilasciato all’avv. Branca proprio la procura specifica e scritta a margine dell’atto di intimazione per finita locazione, così , comunque, ratificando il suo operato, relativamente proprio alla cessazione del rapporto per la data indicata nella disdetta.
Inoltre, secondo Cassazione civile 28.6.1997 n.5802 : “La disdetta della locazione, comunicata a fini di
diniego della rinnovazione tacita, alla prima scadenza, di un rapporto relativo ad un immobile adibito ad
uso non abitativo deve necessariamente pervenire al conduttore nella forma della lettera raccomandata,
ma non _anche obbligatoriamente provenire dal locatore, che può legittimamente incaricare, all’uopo, un
diverso soggetto (in qualità di mandatario) in forma anche soltanto verbale, poiché l’onere dell’avviso al
conduttore per il tramite della raccomandata è sancito (attesa la natura recettizia dell’atto) unicamente al
fine di garantire a quest’ultimo una tempestiva conoscenza dell’intenzione della controparte”.
Conclusivamente, nessuna delle censure avanzate sul punto dalla società può essere accolta.
2) sulla mancata partecipazione al procedimento di mediazione
Deve, invece, ritenersi fondata la doglianza in merito all’intervenuta applicazione dell’art.8 c.4 bis D.Lgs. n.
28 del 2010 , avendo la sentenza ritenuta ingiustificata la mancata partecipazione di M. al giudizio di
mediazione, e così avendola condannata al versamento del contributo unificato dovuto per il giudizio.
Ritiene, infatti, il Collegio che, essendo pacifica la pluralità di procedure che vedevano contrapporsi le
odierne parti , anche ritenuto che le raccomandate di convocazione per il procedimento di mediazione siano giunte presso la società, per esprimere un giudizio sulla ingiustificata assenza al procedimento, avrebbe dovuto sussistere anche la prova dell’esatto contenuto della domanda di mediazione e del suo specifico riferimento a questa procedura.
Invece, in atti risulta soltanto il verbale del procedimento ( cfr. verbale Aequitas ADR doc. i ) piuttosto
generico , sicchè non è dato comprendere a quale delle diverse cause si riferisca; nè risulta una copia della domanda introduttiva della procedura.
In tale situazione, il motivo di appello deve essere accolto, dichiarandosi che non deve essere applicata la
suddetta sanzione.
3)
Non meritano seguito, invece, le generiche doglianze su errori vari che affliggerebbero la sentenza.
Relativamente all’errore della data del contratto, si tratta di un mero errore materiale che non inficia la
validità della pronuncia, poichè da esso non è derivato alcun errore circa la data di cessazione del
contratto.
Quanto al fatto, poi, che nel dispositivo della sentenza sia stato convalidato lo sfratto per finita locazione,
mentre tale pronuncia avrebbe dovuto assumersi con ordinanza ed inoltre, essendo la locazione ancora in
corso, non avrebbe dovuto essere emessa una convalida di sfratto, si osserva che essendovi stato il
mutamento di rito per l’opposizione di parte conduttrice, il giudizio ordinario così instaurato doveva
concludersi con una sentenza, che è intervenuta, comunque, dopo che, come affermato nella parte motiva, il contratto era già cessato in data 31.12.2016.
Avendo ritenuta infondata l’opposizione,quindi, non avrebbe che potuto confermarsi il provvedimento di
rilascio già disposto con l’ordinanza ex art.665 c.p.c., essendo, comunque, evidente che la convalida
dell’intimazione equivale ad una pronuncia di risoluzione del contratto.
In ordine, poi, alle prove dedotte, come già detto, si tratta di capitoli inammissibili perchè , quanto sub 1)
si tratta di circostanza irrilevante come pure quella sub (…)) che è , comunque, anche valutativa; quanto
sub 3) si tratta di circostanza , oltre che valutativa, anche generica.
Nella prevalente soccombenza dell’appellante, le spese di lite gravano sulla stessa e si liquidano secondo il D.M. n. 55 del 2014 come segue: quanto al primo grado in complessivi Euro 3.400,00 per compensi (fase
di studio Euro. 620,00; fase introduttiva Euro.620,00; fase istruttoria Euro. 1080,00; fase decisoria
Euro.1080,00); quanto al secondo grado in complessivi Euro. 3777,00 per compensi (fase di studio
Euro.1080,00; fase introduttiva Euro. 877,00; fase decisoria Euro. 1820,00), oltre spese generali ed
accessori di legge per i due gradi.
P.Q.M.
la Corte d’appello di Genova , definitivamente pronunciando;
in parziale accoglimento dell’appello dichiara non applicabile la sanzione di cui all’art.8 D.Lgs. n. 28 del
2010;
conferma le restanti statuizioni di merito;
dichiara tenuta e condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite che liquida a favore di parte
appellata quanto al primo grado, in complessivi Euro.3.400,00 per compensi e quanto al presente grado in complessivi Euro.3.777,00, per compensi ,oltre oneri accessori per i due gradi.
Così deciso in Genova, nella camera di consiglio del 31 ottobre 2018.
Depositata in Cancelleria il 29 novembre 2018.

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