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21.12.2021 – Napoli – Cassazione

Il verbale di mediazione del tutto privo della sottoscrizione del mediatore e conseguentemente della certificazione dell’autografia della firma della parte oltre che del deposito presso la segreteria dell’organismo, rendono inesistente il verbale di mediazione prodotto in giudizio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI

SEZIONE CIVILE SETTIMA

composta dai magistrati:

dott.ssa Aurelia D’Ambrosio Presidente

dott.ssa Assunta D’Amore Consigliere

dott. Marco Marinaro Giudice aus. rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile n. 5070/2013 R.G., in seguito alla cassazione della sentenza n. 2637/2010 della Corte d’Appello di Napoli con ordinanza della Cassazione, Sesta Sezione Civile – 1, depositata il 25 ottobre 2012, n. 18238;

tra

la (…) S.r.l. (c.f. (…); p. IVA (…) in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma alla piazza (…) Libertà, rappresentata e difesa dall’avv. Ri.Gr. (c.f. (…); p.e.c. (…)) e dall’avv. An.Te. (c.f. (…); p.e.c. (…)), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Napoli alla via (…);

(appellante)

e

l'(…) S.p.A. (p. IVA (…)), in persona del rappresentante legale pro tempore, con sede in Napoli alla via (…), rappresentata e difesa dal prof. avv. Bi.Gr. (c.f. (…)) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Napoli alla via (…), fax n. (…), p.e.c. (…)

(appellata)

precisato le conclusioni e avevano chiesto di rimettersi la causa in decisione, il Collegio si riservava.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 1 ottobre 2002, la (…) S.r.l., conveniva in giudizio l’Azienda Napoletana di Mobilità, affinché il Tribunale adìto accogliesse le seguenti conclusioni: “accertare, sulla base della documentazione esibita, la violazione del dovere di comportarsi secondo buona fede da parte dell’Azienda Napoletana di Mobilità in danno della (…) S.r.l.; condannare l'(…) a rifondere alla (…) S.r.l. la somma di Euro 218.977,73 oltre interessi dal 06.09.2000 ovvero la maggiore somma che dovesse risultare in corso di causa. Con vittoria di spese, diritti ed onorari”.

Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 8166/2005 pubblicata in data 22 luglio 2005 respingeva la domanda attorea non ritenendola fondata.

Con atto notificato il 21 novembre 2005, la (…) S.r.l. proponeva appello contro la sentenza sopra riportata chiedendone la riforma con condanna della (…) S.p.A. a rifondere alla (…) S.r.l. la somma di Euro 218.977,73, oltre interessi dal 6 settembre 2000.

Si costituiva l’appellata (…) S.p.A. resistendo all’appello e chiedendo, in via preliminare e pregiudiziale, dichiararsi l’inammissibilità dell’appello per invalidità della citazione e/o della notifica di essa e, comunque, provvedere al suo rigetto in quanto del tutto infondato e per l’effetto confermare la sentenza impugnata.

La Corte di Appello di Napoli – Terza Sezione Civile – con la sentenza n. 2637 del 18 giugno 2010 dichiarava inammissibile l’appello.

Con ricorso ex art. 360 c.p.c., la (…) S.r.l. ricorreva in Cassazione al fine di ottenere l’annullamento della sentenza di secondo grado nella parte in cui statuisce l’inammissibilità del gravame.

Con ordinanza n. 18238 del 28 settembre 2012, depositata il 25 ottobre 2012, la Suprema Corte di Cassazione, in accoglimento del suindicato ricorso iscritto al n. 5207/11 R.G., cassava la sentenza impugnata n. 2637/2010 emessa dalla Corte di Appello e rinviava anche per le spese alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.

La (…) S.r.l. – con atto di citazione in riassunzione ex art. 392 c.p.c. notificato il 21 novembre 2013 – proseguiva il giudizio al fine di sentire riformata la sentenza del Tribunale di Napoli – Terza Sezione Civile – n. 8166 del 16 luglio 2005, depositata il 22 luglio 2005, nella causa civile iscritta al n. 25397/12 del R.G., e ne chiedeva il totale annullamento in applicazione del principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte nell’ordinanza n. 18238/12 pubblicata in data 25 ottobre 2012.

Con comparsa depositata il 6 marzo 2014, si costituiva la (…) S.p.A. appellata impugnando e contestando la domanda, chiedendo fosse dichiarata la sua inammissibilità e, comunque, il suo rigetto.

All’esito dell’udienza del 14 novembre 2019, la Corte disponeva la mediazione ex art. 5, comma 2, D.lgs. 28/2010 fissando l’udienza di rinvio per la data del 28 maggio 2020 (poi differita d’ufficio all’11 marzo 2021).

Con ordinanza depositata il 20 luglio 2021 (resa a scioglimento della riserva formulata all’udienza dell’11 marzo 2021), la Corte nel rimettere la causa sul ruolo rilevava questioni attinenti alla ritualità mediazione e invitava le parti a interloquire sul punto, con termine per il deposito di note scritte fino a cinque giorni prima dell’udienza di rinvio fissata per il 28 settembre 2021 (poi slittata al giorno di udienza, giovedì 30 settembre 2021).

All’esito della trattazione scritta dell’udienza del 30 settembre 2021 la Corte si riservava la decisione con l’assegnazione dei termini ex art. 352 e 190 c.p.c. per il deposito delle difese conclusionali.

MOTIVI DELLA DECISIONE

  1. – La parte appellante affida la sua impugnazione ad alcuni motivi di impugnazione che mirano alla riforma integrale della sentenza di primo grado.
  2. – In via preliminare, occorre esaminare le due eccezioni proposte dalla difesa della società appellata volte ad ottenere una pronuncia in rito sull’impugnazione per violazione dell’art. 342 c.p.c. oltre che dell’art. 348-bis c.p.c..

2.1. – In base all’art. 348-bis c.p.c. “Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello, l’impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta”.

La Corte ha ritenuto di procedere alla trattazione dell’impugnazione proposta contro la sentenza ed in questa sede l’eccezione sollevata

dall’appellata resta inevitabilmente assorbita.

2.2. – Quanto alla eccepita mancanza di specificità dei motivi, la stessa non è destinata a miglior esito.

Sulla questione interpretativa della norma richiamata la S.C. ha espresso il principio in base al quale gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, devono essere interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni ad-dotte dal primo giudice. Resta tuttavia escluso, in considerazione della per-manente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado (Cass. civ. Sez. Unite, 16/11/2017, n. 27199).

La Corte ritiene pertanto che l’atto di appello in esame assolva a quanto prescritto dall’art. 342 c.p.c. nella formulazione attualmente in vigore e già vigente alla data di notifica dello stesso (la riforma attuata con il D.L. n. 83/2012 si applica infatti agli appelli proposti successivamente alla data dell’11 settembre 2012). Infatti, l’appello appare senza dubbio ammissibile contenendo sia il profilo volitivo (indicazione delle parti che si intendono impugnare), sia quello argomentativo (con indicazione delle modifiche che dovrebbero essere apportate al provvedimento con riguardo alla ricostruzione del fatto), ma anche il profilo censorio (vi è l’indicazione del perché assume sia stata violata la legge) ed infine del profilo di causalità (con la giustifica-zione del rapporto causa ed effetto fra la violazione dedotta e l’esito della lite.

La censura proposta dalla parte appellata circa l’inammissibilità dell’atto di gravame ex art. 342 c.p.c. è dunque infondata e deve essere disattesa.

  • – Sempre in via preliminare, occorre esaminare la questione attinente alla procedibilità della domanda giudiziale in esito alla disposta mediazione ex art. 5, comma 2, D.lgs. 28/2010.

3.1. – Con ordinanza pronunciata all’esito dell’udienza del 14 novembre 2019 la Corte disponeva la mediazione fissando l’udienza di rinvio per la data del 28 maggio 2020 (poi differita d’ufficio all’11 marzo 2021).

Con ordinanza depositata il 20 luglio 2020 (resa a scioglimento della riserva formulata all’udienza dell’11 marzo 2021), preso atto del verbale negativo di mediazione depositato dalla società appellante il 9 febbraio 2021, la Corte – nel rimettere la causa sul ruolo – alla luce del principio espresso dalla S.C. con la sentenza n. 8473/2019 sulla partecipazione personale alla procedura di mediazione e alle modalità attraverso le quali conferire la rappresentanza, evidenziava questioni potenzialmente rilevanti circa la procedibilità della domanda e le sanzioni per la ingiustificata partecipazione all’incontro di mediazione; per cui invitava le parti a interloquire sul punto con termine per il deposito di note scritte fino a cinque giorni prima dell’udienza di rinvio fissata per il 28 settembre 2021 (poi slittata al giorno di udienza, giovedì 30 settembre 2021).

3.1.1. – Con le note depositate il 23 settembre 2021, la parte appellante deduceva: “Evidentemente l’Organismo di Mediazione dell’Ordine degli Avvocati di Napoli non è stato sufficientemente preciso nello specificare la presenza delle parti personalmente. Per tale motivo, nella denegata ipotesi in cui L’Ecc.ma Corte d’Appello non dovesse ritenere correttamente svolta la procedura di mediazione, non certo a causa della scrivente difesa, chiede che venga disposta nuovamente l’esperimento della mediazione ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.Lgs. 28/2010”.

3.1.2. – Con le note depositate il 24 settembre 2021, la parte appellata eccepiva come il rilievo sollevato dalla Corte “si potrebbe tradurre in un vizio di procedibilità del presente appello, atteso che, come risulta dal verbale del primo ed unico incontro della mediazione, l’avv. Terracciano – che ha partecipato allo stesso nell’interesse della appellante, qualificandosi mero delegato dell’avv. (…) (il quale, tra l’altro, nemmeno era munito di procura speciale sostanziale rilasciata dalla (…)) – era privo di poteri di rappresentanza sostanziale della parte appellante”.

Richiamata poi la motivazione della sentenza della Cassazione (n. 8473/2019) precisava: “con la conseguenza che, nel caso di specie, la condizione di procedibilità relativa alla comparizione personale dell’istante anche mediante delega a terzi in virtù di procura di natura sostanziale, non è stata soddisfatta dall’Appellante con la conseguente improcedibilità del gravame”. Concludeva quindi chiedendo la declaratoria di improcedibilità.

3.1.3. – Nella comparsa conclusionale del 26 ottobre 2021, l’appellante ribadiva quanto esposto nelle note e reiterava la richiesta di disporre eventualmente una nuova mediazione.

3.1.4. – Nella comparsa conclusionale del 27 ottobre 2021, l’appellata ribadiva quanto eccepito e richiesto nelle note ivi inclusa la improcedibilità dell’appello.

3.1.5. – Infine, nelle repliche del 22 novembre 2021 l’appellante rimarcava che “è probabilmente proprio quanto verbalizzato che ha creato un’errata interpretazione di quanto accaduto”. Ed inoltre: “Spiace però all’odierna difesa che, parte appellata, che presente alla mediazione, nulla aveva impugnato, proprio perché la mediazione si era svolta correttamente, solo ora addirittura arriva a sostenere che l’Avv. (…) era privo di delega! Al contrario, seppur scarna la verbalizzazione, l’Organismo di Mediazione ha dato atto sia della presenza dell’Avv. (…) per delega dell’Avv. (…), che la presenza delle parti così come previsto e richiesto dalla normativa vigente”. Proseguiva sostenendo: “Non può certo imputarsi infatti alla (…) una sommaria verbalizzazione da parte dell’Organismo di Mediazione, che ha dato adito a dubbi circa la sua regolarità. È proprio per tale motivo, che l’odierna difesa insiste anche in questa sede, nella denegata ipotesi in cui L’Ecc.ma Corte d’Appello non dovesse ritenere correttamente svolta la procedura di mediazione, non certo a causa della scrivente difesa, nel chiedere che venga disposta nuovamente l’esperimento della mediazione ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.Lgs. 28/2010”.

3.2. – Dall’esame della documentazione prodotta dalla società appellante (in quanto la parte appellata nulla ha depositato in ordine alla procedura di mediazione) si rileva quanto segue:

  1. a) l’istanza di mediazione è stata trasmessa all’Organismo di mediazione dell’Ordine degli Avvocati di Napoli a mezzo p.e.c. il 28 novembre 2019 dall’avv. (…);
  2. b) il modulo dell’istanza di mediazione allegato alla p.e.c. risulta apparentemente sottoscritto da (…) (presumibilmente nella qualità legale rappresentante della (…) S.p.A.) in quanto la firma risulta illeggibile;
  3. c) nel corpo del modulo dell’istanza di mediazione l’avv. (…) viene nominato per l’assistenza legale della società appellante;
  4. d) sempre all’interno del modulo risulta compilata anche la parte relativa al “mandato con rappresentanza” che viene conferito da (…) all’avv. (…) “a rappresentarlo nella trattazione della mediazione instauranda, rato sin d’ora il suo operato”;
  5. e) nel verbale del primo incontro di mediazione svoltosi il 27 novembre 2020 (e, quindi, a distanza di oltre un anno dalla presentazione dell’istanza) per la parte istante (società appellante) risulta presente “per delega dell’avv. (…) del Foro di Roma, l’avv. (…)”;
  6. f) sempre nel verbale di mediazione, con riguardo alla parte invitata (società appellata) risulta che l’adesione è pervenuta il 16 novembre 2020, con successivo invio a mezzo p.e.c. nel giorno dell’incontro da parte dell’avv. (…) di “procura speciale” rilasciata da (…) nella qualità di legale rappresentante della (…) S.p.A. all’avv. (…) che ha partecipato al detto incontro.

3.3. – Al riguardo, la Suprema Corte – in tema di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda – ha avuto modo di indicare alcune soluzioni interpretative alle quali il Collegio intende aderire.

3.4. – In primo luogo, la Cassazione ha ben evidenziato come dalla lettura sistematica della disciplina della mediazione emerge che “il successo dell’attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l’acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali” (Cass. civ. Sez. III, Sent., 27/03/2019, n. 8473; in termini, Cass. civ. Sez. III, Sent., 05/07/2019, n. 18068).

In questa prospettiva, “il legislatore ha previsto e voluto la comparizione personale delle parti dinanzi al mediatore, perché solo nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore, conta che si possa trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti”; in particolare, all’art. 8 D.lgs. 28/2010 è stato previsto espressamente che “al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati”. E “la previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione delle condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato” (Cass. 8473/2019, cit.).

3.5.1. – Tuttavia, secondo la S.C., “la necessità della comparizione personale non comporta che si tratti di attività non delegabile. In mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale, deve ritenersi che si tratti di attività delegabile ad altri” e “non è previsto, né escluso che la delega possa essere conferita al proprio difensore” (Cass. 8473/2019, cit.).

3.5.2. – Sul punto la Cassazione chiarisce poi che “allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto (ovvero, deve essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia, …). Quindi il potere di sostituire a sé stesso qualcun altro per la partecipazione alla mediazione può essere conferito con una procura speciale sostanziale” (Cass. 8473/2019, cit.).

3.5.3. – A ciò consegue che, “sebbene la parte possa farsi sostituire dal difensore nel partecipare al procedimento di mediazione, in quanto ciò non è auspicato, ma non è neppure escluso dalla legge, non può conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata, benché possa conferirgli con essa ogni più ampio potere processuale.

Per questo motivo, se sceglie di farsi sostituire dal difensore, la procura speciale rilasciata allo scopo non può essere autenticata dal difensore, perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore” (Cass. 8473/2019, cit.).

3.5.4. – In conclusione, “la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell’avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista” (Cass. 8473/2019, cit.).

3.5.5. – Si deve poi rilevare che nello stesso senso si è già espressa questa Corte, che con riferimento alla procura sostanziale ha ribadito che “la ratio è da rinvenirsi nel fatto che l’attività di mediazione è finalizzata a verificare se sia possibile instaurare tra le parti – innanzi al mediatore – un dialogo tale da consentire in quella sede la risoluzione alternativa della controversia. Ebbene tale condizione non può ritenersi soddisfatta dal conferimento della procura processuale conferita al difensore e da questi autenticata (neppure se ivi vi sia il riferimento dell’informazione alla parte dello svolgimento del procedimento di mediazione), posto che la procura processuale conferisce al difensore il potere di rappresentanza in giudizio della parte ma non gli conferisce la facoltà di sostituirsi ad esso in una attività esterna al processo – quale è appunto il procedimento di mediazione” (in una causa in materia di locazione in cui la Corte ha ritenuto inidonea una procura generale – di alcuni anni antecedenti l’insorgenza della lite – che consentiva la gestione ed anche la vendita di un immobile; App. Napoli, Sez. civ. II, sent. 29 settembre 2020, n. 3227).

Appare chiaro dunque che non può mai ritenersi “la sufficienza della comune procura alle liti, ancorché accordata con facoltà di compiere ogni più ampio potere processuale” (App. Napoli, sent. 3227/2020, cit.), considerato che “l’attivazione della mediazione delegata non costituisce peraltro attività giurisdizionale”, trattandosi di una “parentesi non giurisdizionale all’interno del processo” (Cass. civ. Sez. II, Sent., 14/12/2021, n. 40035).

3.5.6. – Nella medesima direzione, con indicazioni ulteriormente restrittive, si muove la recente riforma della mediazione in quanto il legislatore delegante ha indicato tra i princìpi e criteri direttivi per il Governo delegato quello di “prevedere la possibilità per le parti del procedimento di mediazione di delegare, in presenza di giustificati motivi, un proprio rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la soluzione della controversia e prevedere che le persone giuridiche e gli enti partecipano al procedimento di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la soluzione della controversia” (art. 1, comma 4, lett. f, L. 26 novembre 2021, n. 206).

3.6. – Passando ad esaminare la norma che disciplina la mediazione demandata dal giudice, secondo quanto disposto dall’art. 5, comma 2, D.lgs. 28/2010, “l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello” e, ad avviso del Collegio, in tale sede la domanda proposta è quella di impugnazione della sentenza di prime cure per cui l’onere che condiziona la medesima domanda non può non gravare sulla parte che agisce e, quindi, sulla parte appellante.

Invero, il mancato esperimento mediazione in seguito all’ordine del giudice integra, comunque, una forma di inattività, sanzionata con la improcedibilità, alla stessa stregua di quanto avviene nell’ipotesi di cui all’art. 348 c.p.c. In sostanza, l’esperimento della mediazione in appello ha natura di atto di impulso processuale a carico dell’appellante, il quale ne è onerato a pena di improcedibilità. Improcedibilità alla quale consegue in tale prospettiva la stabilizzazione (sia pur in via indiretta ex art. 338 c.p.c.) della sentenza di primo grado.

3.6.1. – Tale prospettiva è coerente con il profilo dell’appello delineato dalle Sezioni Unite della Cassazione secondo cui nel vigente ordinamento processuale, il giudizio d’appello non può più dirsi, come un tempo, un riesame pieno nel merito della decisione impugnata (novum iudicium), ma ha assunto le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata (revisio prioris instantiae). Ne consegue che l’appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio d’appello e su di lui ricade l’onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che sia stata la posizione processuale di attore o convenuto assunta nel giudizio di primo grado (Cass. civ. Sez. Unite Sent., 08/02/2013, n. 3033; Cass. civ. Sez. III Sent., 09/06/2016, n. 11797; Cass. civ. Sez. II Ord., 03/09/2018, n. 21557).

3.6.2. – Sulla base dei citati princìpi, è stato precisato da questa Corte in una precedente occasione come debba gravare sullo stesso soggetto l’ulteriore (e in un certo senso implicito) onere di porre in essere tutte le attività finalizzate a rendere esigibile dal giudice dell’impugnazione quella valutazione di merito delle critiche mosse alla sentenza di primo grado (App. Napoli, Sez. civ. VII, sent. 28 febbraio 2019, n. 1189), sebbene la procedura di mediazione in appello non integri “una automatica condizione di procedibilità”, ma una “facoltà del giudice di creare tale condizione” (Cass. civ. Sez. III, 30/10/2018, n. 27433; Cass. civ. Sez. III, 13/12/2019, n. 32797).

3.6.3. – Per cui deve ritenersi che con riguardo al giudizio di appello la sanzione dell’improcedibilità attenga all’impugnazione e che ogni mediazione disposta ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.lgs. 28/2010 non consenta alcun meccanismo di sanatoria una volta verificatasi la decadenza dalla proponibilità della mediazione e ciò a prescindere dalla eccezione di parte o della sua rilevazione entro la prima udienza di trattazione (App. Napoli, sent. n. 1152/2019 cit.).

3.7. – Più recentemente la Cassazione è intervenuta per dirimere un contrasto insorto nella giurisprudenza di merito in ordine alla natura del termine di avvio della mediazione (Cass. civ. Sez. II, Sent., 14/12/2021, n. 40035).

Nel caso sottoposto all’esame della S.C. il giudice aveva discrezionalmente disposto l’avvio delle parti in mediazione fissando l’udienza successiva ed assegnando il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di avvio del procedimento di mediazione.

3.7.1. – Secondo quanto puntualmente osservato dalla S.C., al fine di stabilire se si sia verificata o meno la condizione di procedibilità della domanda giudiziale, deve aversi riguardo alla specifica prescrizione di legge secondo la quale “l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda” (D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2, seconda parte del primo periodo) e ancora “quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo” (D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2-bis).

3.7.2. – Per cui sicuramente deve ritenersi più coerente “con la sistematica interpretazione delle disposizioni sulla mediazione e con la finalità della mediazione demandata dal giudice in corso di causa privilegiare la verifica dell’effettivo esperimento della mediazione” (Cass. 40035/2021, cit.).

Verifica che “deve svolgersi all’udienza fissata dal giudice con il provvedimento con cui aveva disposto l’invio delle parti in mediazione”; per cui se all’udienza di rinvio “risulta che vi sia stato il primo incontro dinanzi al mediatore conclusosi senza l’accordo (D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, comma 2-bis), il giudice non potrà che accertare l’avveramento della condizione di procedibilità e proseguire il giudizio” (Cass. 40035/2021, cit.).

3.7.3. – In questa prospettiva, “la norma raggiunge lo scopo cui è rivolta e cioè favorire, ove possibile ed in termini effettivi, forme alternative ma altrettanto satisfattive di tutela mediante la composizione amichevole delle liti ed al contempo conferma il carattere di extrema ratio che il legislatore della mediazione riconosce, in prospettiva deflattiva, alla tutela giurisdizionale”.

Peraltro, questa lettura interpretativa “risulta altresì conforme al principio della ragionevole durata del processo, perché la verifica all’udienza fissata D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, comma 2, è già ricompresa nell’intervallo temporale delimitato dalla previsione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 7, a mente del quale “Il periodo di cui all’art. 6 e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell’art. 5, commi 1-bis e 2, non si computano ai fini di cui della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2″” (Cass. 40035/2021, cit.).

3.7.4. – Nel contesto delineato dalla S.C., ne consegue che “ove l’udienza di verifica sia stata fissata subito dopo la scadenza del termine di durata della mediazione, ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 6, senza che il procedimento sia stato iniziato o comunque si sia concluso per una colpevole inerzia iniziale della parte, che ha ritardato la presentazione della istanza, quest’ultima si espone al rischio che la sua domanda giudiziale sia dichiarata improcedibile, a causa del mancato esperimento della mediazione entro il termine di durata della procedura previsto per legge”.

Pertanto, “ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, commi 2 e 2-bis, ciò che rileva nei casi di mediazione obbligatoria ope iudicis è l’utile esperimento, entro l’udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l’accordo, e non già l’avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l’ordinanza che dispone la mediazione” (Cass. 40035/2021, cit.).

3.8. – Nel caso in esame, come si è già rilevato, la mediazione è stata disposta all’esito dell’udienza del 14 novembre 2019 con la fissazione dell’udienza di rinvio al 28 maggio 2020 (ben oltre il termine di cui all’art. 6, comma 1, D.lgs. 28/2010) e la mediazione è stata avviata tempestivamente 28 novembre 2019 anche se il primo (ed unico) incontro si è svolto con esito negativo soltanto il 27 novembre 2020.

3.8.1. – Per cui appare del tutto influente la sospensione straordinaria dei termini disposta nella fase dell’emergenza sanitaria dall’art. 83, comma 2, D.L. 17 marzo 2020 n. 18, secondo cui “Dal 9 marzo 2020 all’11 maggio 2020 sono altresì sospesi i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, nei procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti, quando i predetti procedimenti siano stati introdotti o risultino già pendenti a far data dal 9 marzo fino all’11 maggio 2020. Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima dei medesimi procedimenti” (comma sostituito dalla legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27, che ha sostituito l’originario comma 20 con gli attuali commi da 20 a 20-ter, e, successivamente, così modificato dall’art. 3, comma 1, lett. h), D.L. 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2020, n. 70).

3.8.2. – Invero, entro la data del 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore del D.L. 18/2020 nella versione originaria) le parti ben avrebbero potuto svolgere e concludere la procedura di mediazione tenuto conto che avrebbero potuta svolgerla in via telematica (in base all’art. 83, comma 20-bis, D.L. 18/2020) anche nel periodo del c.d. lockdown completandola entro l’udienza di rinvio del 28 maggio 2020.

In ogni caso, pur computando il periodo di sospensione straordinaria (dal 9 marzo 2020 all’11 maggio 2020) la mediazione è stata avviata e svolta tardivamente (essendo trascorsi ben 12 mesi dall’ordinanza con la quale era stata disposta la mediazione).

3.9. – Tuttavia, anche qualora si volesse ritenere che la mediazione sia stata avviata e svolta tempestivamente con riguardo all’udienza di rinvio dell’11 marzo 2021 e non ritenendo di dover gravare le parti dei ritardi dell’organismo di mediazione che nel caso di specie ha lasciato inutilmente trascorrere molti mesi prima di convocare il primo incontro tra le parti, l’esame del verbale relativo al detto incontro svoltosi il 27 novembre 2020 non consente di ritenere ritualmente esperita la condizione di procedibilità.

3.9.1. – Come si è già precisato, al primo incontro di mediazione – lo si evince dal verbale che ha concluso la procedura con esito negativo – per l’istante (…) S.r.l. (gravata dell’onere di esperire la mediazione) risulta presente (soltanto) l’avv. (…) (che ha sottoscritto il verbale) privo di una idonea procura che gli potesse consentire di rappresentare il legale rappresentante della società appellante sostituendosi allo stesso.

3.9.2. – Nella prospettiva indicata dalla S.C. (Cass. 8473/2019, cit.) infatti emerge nella fattispecie la mancata partecipazione al primo incontro di mediazione della (…) S.r.l. a mezzo del suo legale rappresentante o di altro soggetto dallo stesso delegato mediante il rilascio di una idonea procura ad negotia che abbia autorizzato il rappresentante ad agire e partecipare in nome e per conto del medesimo all’incontro di mediazione, con chiara specificazione dei poteri e dei limiti, il cui documento risulti essere stato depositato agli atti dell’organismo entro la data indicata (27 novembre 2020); per cui non può ritenersi ritualmente, validamente e legittimamente esperito il procedimento di mediazione, con il conseguente omesso avveramento della condizione di procedibilità.

3.9.3. – Peraltro, si è già precisato che, in ogni caso, non è possibile disporre alcuna sanatoria secondo quanto richiesto dalla società appellante proprio alla luce di quanto statuito dal comma 2 dell’art. 5 D.lgs. 28/2010 (diversamente da quanto previsto dal comma 1-bis) una volta verificatasi la decadenza dalla proponibilità della mediazione e ciò a prescindere dalla eccezione di parte o della sua rilevazione entro la prima udienza di trattazione (App. Napoli, sent. n. 1152/2019 cit.).

Per cui la improcedibilità maturata non può essere in alcun modo superata disponendo nuovamente la mediazione.

3.9.4. – Quanto alla posizione della società appellata, occorre rilevare che la stessa risulta presente mediante un rappresentante munito di “procura speciale” all’incontro di mediazione del 27 novembre 2020.

Infatti, come si legge nel verbale redatto dal mediatore, risulta presente per l'(…) S.p.A. l’avv. (…) munita di “procura speciale” rilasciata dal legale rappresentante (…) (nato ad Avellino il 13.01.1971) trasmessa a mezzo p.e.c. dal procuratore costituito all’organismo di mediazione prima del detto incontro.

Orbene, il verbale appare alquanto scarno poiché dallo stesso non è possibile evincere il contenuto della procura apparendo del tutto irrilevante – come già sopra precisato – la mancata contestazione da parte dell’appellante (sia in sede mediativa sia nel corso del processo).

Inoltre, la società appellante – anche in esito all’ordinanza del 20 luglio 2021 – non ha ritenuto di chiarire i contenuti della procura e tantomeno ha prodotto copia della stessa (per come acquisita dall’organismo di mediazione) per consentire le necessarie valutazioni circa la rituale presenza all’incontro di mediazione secondo l’orientamento di legittimità più volte richiamato.

Non può dunque ritenersi idonea anche la procura in base alla quale la parte appellata ha partecipato alla mediazione e le conseguenze della

ingiustificata assenza alla quale deve essere equiparata la irrituale partecipazione consistono nella condanna alla sanzione di cui all’art. 8, comma 4-bis, D.lgs. 28/2010.

  • – Alla luce di quanto sopra esposto, l’appello proposto dalla (…) S.r.l. deve essere dichiarato improcedibile, mentre la (…) (…) S.p.A. deve essere condannata al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
  • – Considerata la condotta tenuta da entrambe le parti rispetto alla mediazione disposta dalla Corte, sussistono sufficienti ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Napoli definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla (…) S.r.l. avverso la sentenza n. 8166/2005 del Tribunale di Napoli nei confronti della (…) (…) S.p.A. ed iscritto al numero R.G. 5070/2013, così decide:

  1. a) dichiara improcedibile l’appello;
  2. b) compensa integralmente tra le parti le spese di lite del grado di giudizio;
  3. c) condanna la (…) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (ai sensi dell’art. 8, comma 4-bis, D.lgs. 28/2010).

Così deciso in Napoli il 21 dicembre 2021.

Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2022.

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