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22.01.2019 – Avellino – Polimeno

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI AVELLINO – PRIMA SEZIONE CIVILE –
in composizione monocratica e nella persona del dott. Marcello Polimeno, al termine dell’udienza
del giorno 22 gennaio 2019, ha, mediante lettura del relativo dispositivo e contestuale deposito delle
motivazioni, pronunciato la seguente
SENTENZA
nella controversia civile iscritta al n. 2253/2018 del Ruolo Generale Affari Contenziosi in materia
locatizia e vertente TRA P.XX L.XXX C.XXX A.XXXXX P.XXX, -INTIMANTE – R.XXXX
T.XXX, C.F. XX, – INTIMATORAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE 1. I fatti
di causa e le posizioni delle parti _____________________________ 2.
Improcedibilità della riconvenzionale proposta da parte intimata _ 6. La condanna ai sensi dell’ art.
96, comma 3, c.p.c. ______________________ 7. Condanna dell’ intimato al versamento all’ entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio a causa della sua mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione ____ del 23/01/2019 1. I fatti di causa e le posizioni delle parti P.XX L.XXX C.XXX A.XXXXX P.XXXXXXXXX ha intimato sfratto per morosità nei confronti di R.XXXX T.XXXXXX, allegando il mancato pagamento dei
canoni da dicembre 2017 in poi da parte di quest’ ultimo, nonché il mancato pagamento delle
somme rispettivamente di 50, 00 e di 40, 00 in relazione ai canoni di maggio 2017 e luglio 2017. L’
intimante ha chiesto quindi la convalida dello sfratto per morosità intimato e l’ emissione di decreto
ingiuntivo avente ad oggetto i canoni non pagati. Si è costituito R.XXXX T.XXXXXX, il quale si è
opposto alla convalida dello sfratto intimato per i motivi indicati in comparsa di risposta (i quali
saranno presi in considerazione al paragrafo seguente). Con ordinanza pronunziata a verbale all’
udienza del giorno 21.5.2018 questo giudice ha provveduto come segue: “Il Giudice Letti gli atti ed
i documenti di causa e preso atto di quanto dedotto dalle parti a verbale OSSERVA Posto che lo
sfratto è stato intimato per la morosità in relazione alle mensilità da dicembre 2017 ad aprile 2018,
in quanto l’ intimato non ha pagato alcunché rispetto a queste, nonché di maggio 2017 e luglio 2017,
in quanto l’ intimato non ha pagato una parte di tali mensilità, e che l’ intimante ha attestato la
persistenza della morosità al’ odierna udienza; atteso che l’ intimato si è costituito e si è opposto per
le ragioni analiticamente illustrate in comparsa di risposta; ritenuto che alla luce della suddetta
opposizione lo sfratto non possa essere convalidato; posto che il decreto ingiuntivo richiesto può
essere emesso solo in caso di convalida di sfratto in quanto ciò si ricava dalla lettera stessa dell’ art.
664 c.p.c., che fa espresso riferimento ai canoni sino all’ esecuzione dello sfratto, nonché dal
richiamo all’ art. 658 c.p.c.; rilevato che l’ intimante ha richiesto in subordine l’ emissione di
ordinanza di rilascio ai sensi dell’ art. 665 c.p.c.; tenuto conto che di fronte alla morosità allegata
dall’ intimante l’ intimato non ha opposto eccezioni fondate su prova scritta; preso ato dei
consolidati principi giurisprudenziali in tema di onere dela prova in materia di inadempimento, che
pongono a carico dell’ intimante il solo onere di provare l’ esistenza del contratto e di allegare l’
inadempimento dell’ intimato ed a carico di quest’ ultimo di provare l’ avvenuto integrale pagamento
dei canoni; ritenuto, pertanto, che non meriti condivisione la difesa sollevata dall’ intimato al punto
A) della comparsa di risposta, il quale non ha provato di aver pagato i canoni per cui l’ intimante ha
allegato la sussistenza della morosità; considerato che: il conduttore di un immobile non può
astenersi dal versare il canone, ovvero ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una
riduzione o una diminuzione nel godimento del del 23/01/2019 bene, quand’ anche tale evento sia
ricollegabile al fatto del locatore; la sospensione totale o parziale dell’ adempimento dell’
obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la
controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’ alterazione del sinallagma
contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti; inoltre, secondo il principio
“inadimplenti non est adimplendum”, la sospensione della controprestazione è legittima solo se
conforme a lealtà e buona fede (Cas. civ., Sez. VI-3, 23 novembre 2011, n 13887); nel caso di
specie la documentazione in atti non dimostra allo stato che sia venuta completamente a mancare la
controprestazione del locatore ed anzi la stessa condotta del condutore di voler rimanere nell’
immobile locato dimostra che lo steso è suscettibile di apportare un’ utilità anche se eventualmente
ridotta; considerato che ai sensi dellart. 5 della L. 392/1978.- “Salvo quanto previsto dall’ articolo
55, il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato
pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l’ importo non pagato superi quello di
due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell’ articolo 1455 del codice
civile”; ritenuto che non sussistano neppure i gravi motivi in contrario alla pronuncia dell’ ordinanza
in considerazione del fatto che delle conduzioni del conduttore si può tenere conto ai fini della
fissazione del termine per il rilascio, mentre predicare una nozione di gravi motivi ampia come
quella prospettata da parte intimata significherebbe sostanzialmente finire per asservire in modo,
totale, irragionevole e duraturo la proprietà privata ad esigenze di solidarietà sociale delle quali
dovrebbe farsi carico più propriamente lo Stato e gli altri enti pubblici; considerato, infine, che per
la delibazione sulla fondatezza dell’ opposizione proposta dall’ intimato, sia, in ogni caso, necessario
disporre il passaggio dalla fase sommaria del procedimento a quella a cognizione piena; letti gli artt.
665, 667, 426 e 447-bis del Codice di Procedura Civile; letto l’ art. 56 della L. 392/1978;
considerato a questo proposito che: 1. il locatore nulla ha allegato quanto alle sue condizioni; 2. il
conduttore ha allegato di vivere soltanto dei risparmi della propria pensione e di avere dificoltà
nella ricerca dell’ alloggio; 3. dalla documentazione in atti risulta che l’ intimato è stato ammesso al
patrocinio a spese dello Stato; 4. il rilascio viene disposto a causa della morosità dell’ intimato
protrattasi da ormai numerosi mesi; posto che il procedimento in esame è stato instaurato
successivamente alla introduzione della disciplina di in tema di mediazione; rilevato che la letera b)
del comma 4 dell’ art. 5 del D.lgs. 28/2010 prevede che la disciplina della mediazione non si
applichi, nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’
articolo 667 del codice di procedura civile; ritenuta, pertanto, l’ improcedibilità della domanda, ai
sensi di quanto previsto dall’ art. 5 del Dlgs. 28/2010, stante il mutamento del rito disposto con il
presente provvedimento; P.Q.M. “ORDNA a parte intimata R.XXXX T.X di RILASCIARE, libero
e uoto di persone e cose, in favore del’ ntimante P.XX L.XXX C.XXX A.XXXXX
P.XXXXXXXXX, IMMOBILE condotto in locazione e sito in San Michele Serino (AV), alla Via
C.XXX n. 25, identificato in Catasto al foglio 6, particella, e meglio descritto in atti; “FISSA, per
ESECUZIONE la data dell’ 1.10.2018. ore 1000; “DISPONE la TRASFORMAZIONE del RITO;
“ASSEGNA alle parti il termine di quindici giorni a parine da oggi per la presentazione della
domanda di mediazione; “FISSA, per la DISCUSSIONE, l’ udie nza del 21 gennaio 2019 0925,
assegnando allintimante termine perentorio fino a quaranta (40) giorni prima ed all’ intimato
termine fino a venti (20) giorni prima della della udienza, ai fini dell’ integrazione degli atti
introduttivi mediante il deposito in Cancelleria di memorie indicanti i rispettivi mezzi di prova
nonché dei documenti di cui esse intendano avvalersi a sostegno delle rispettive domande eccezioni
e deduzioni; ” In sede di memoria integrativa la difesa dell’ intimante ha concluso come segue: 1.
Rigettare la proposta opposizione in ogni sua parte, in uno alla spiegata domanda riconvenzionale,
infondata in fatto ed in diritto per le motivazioni addotte. 2. Accertare e dichiarare la fondatezza
della domanda di rilascio avanzata con l’ atto di citazione. 3. Condannare il T.XXXXXX R.XXXX
al pagamento in favore di P.XXXXXXXXX P.XX L.XXX C.XXX A.XXXXX dei canoni scaduti
non pagati ed allo stato indicati in euro 3.080.00 oltre quelli a scadere fino all’ effettivo rilascio. 4.
Accertare e dichiarare la lite temeraria con condanna del resistente ad una somma a titolo di
risarcimento da determinarsi con criterio di giustizia ed equità ex art. 96 comma 1, ovvero comma 3
c.p.c.. 5. Vittoria di spese e competenze della fase sommaria, della procedura di mediazione e della
presente di merito, con distrazione in favore del sottoscritto avvocato. Non ha invece depositato
memoria integrativa parte intimata. 2. Improcedibilità della riconvenzionale proposta da parte
intimata all’ atto della sua costituzione in fase di convalida l’ intimato ha chiesto in via
riconvenzionale di “accertare e dichiarare il locatore inadempiente per gli interventi di
manutenzione straordinaria e obbligare lo stesso all’ esecuzione di tuti i lavori necessari da eseguirsi
all’ interno dell’ appartamento del conduttore per renderlo conforme all’ uso convenuto, mediante le
modalità che verranno accertate in corso di causa, oltre al risarcimento dei danni materiali subiti dal
convenuto a causa della negligenza del locatore, da determinarsi in prosieguo di trattazione”. L’ art.
5, comma 1bis, del D. Lgs. 28/2010 dispone: “Chi intende esercitare in giudizio un’ azione relativa a
una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di
famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità
medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità,
contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’ avvocato, preliminarmente a
esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di
conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito
in attuazione dell’ art. 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al
decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate.
La presente disposizione ha efficacia per i quattro anni successivi alla data della sua entrata in
vigore. Al termine di due anni dalla medesima data di entrata in vigore è attivato su iniziativa del
Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione. L’ esperimento del
procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’
improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ ufficio dal
giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si
è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’ articolo 6. Allo stesso
modo provvede quando la mediazione dubbio che alla luce del tenore delle domande proposte in
questo giudizio la presente causa e tutte le domande proposte dalle parti siano soggette a
mediazione. Deve pertanto essere valutata la conseguenza sotto il profilo processuale della mancata
partecipazione dell’intimato alla procedura di mediazione tempestivamente avviata dall’ intimante
(v. verbale di mediazione datato 25.6.2018 dalla cui lettura risulta che non è stato possibile
raggiungere un accordo a causa dell’ assenza di parte intimata – v. documentazione depositata in
Cancelleria in data 11.7.2018 da parte intimante). Prima di passare oltre va soltanto precisato che la
mediazione è stata disposta da questo giudice ai sensi dell’ art. 5 del D. Lgs. 28/2010 (si veda in
particolare il comma 4, lettera b) di tale articolo). Ciò posto, va condiviso integralmente quanto
statuito dal Tribunale di Firenze, III Sezione Civile, nella sentenza del 21.4.2015 di cui di seguito si
riporta uno stralcio. “… si pone pertanto il problema di valutare se in concreto possa dirsi assolta la
condizione di procedibilità dell’ opposizione, non avendo parte opponente, pur ritualmente invitata,
partecipato ad esso. La Risposta è negativa. In proposito l’ analisi, che mira a sancire un principio di
diritto di validità generale dell’ istituto della mediazione e che non è limitato agli angusti ambiti del
procedimento di cui all’ art. 645 e ss c.p.c., deve muovere dal disposto del citato art. 5, comma II bis
del D. Lgs. N. 28/10, così come introdoto dal DL 69/13 conv. nella L. 98/13, secondo cui la
condizione di procedibilità della domanda giudiziale “si considera avverata se il primo incontro
avanti al mediatore si conclude senza l’ accordo”. Ad avviso di questo giudice il “primo incontro”
cui allude la suddetta disposizione, non può che essere quello delle parti, cioè di tutte le parti del
giudizio, avanti al mediatore. D’ altra parte, come bene evidenzia la difesa di parte opposta, come
già affermato da questo Tribunale nella sentenza 19.3.2014 (giudice dott. ssa BREGGIA) al primo
incontro di fronte al mediatore deve non solo procedersi ad opera del mediatore ad una attività
informativa circa la funzione e la modalità della mediazione, ma anche effettuarsi una vera e propria
attività di mediazione di merito sulle questioni oggetto di lite, salva la facoltà delle parti di non
procedere oltre nella mediazione, ove non sia raggiunto accordo al primo incontro. Invero,
diversamente argomentando, ed assumendo che il primo incontro possa avere mera funzione
informativa, il processo civile verrebbe a subire un intralcio per l’ espletamento di un incombente
meramente burocratico e rituale, senza cioè lo svolgimento di alcuna mediazione, unica attività che
può dare alle parti una concreta chance di definizione transattiva della controversia. Segue da
quanto sopra che la parte che ha interesse ad assolvere la condizione di procedibilità ha l’ onere di
partecipare al primo incontro avanti al mediatore. Invero, se al primo incontro le parti possono
raggiungere l’ accordo, come si evince a contrario dalla disposizione citata, è evidente che esse
devono prima di tuto partecipare ad esso. Ovvio che la mancata partecipazione alla mediazione
della parte convenuta non potrà avere alcuna rilevanza ai fini della procedibilità della domanda
attorea, non potendo certo la parte diligente subire un pregiudizio per la mancata collaborazione di
quella che non ha interesse. Ciò peraltro non esclude che la parte onerata ex lege, e cioè l’ attore nei
procedimenti ordinari, e secondo l’ orientamento cui si aderisce, la parte opponente nelle
opposizione a decreto ingiuntivo ovvero l’ appellante nell’ appello, abbia in ogni caso l’ onere di
partecipare al primo incontro avanti al mediatore. Ciò non solo quando, come di solito accade, la
stessa abbia promosso tale procedimento, ma anche quando lo stesso sia stato in concreto attivato
dalla controparte. D’ altra parte, la condizione di procedibilità è legata all’ esperimento del
procedimento di mediazione, giusto il disposto della disposizione in argomento. “Esperire una
procedura” non equivale ad avviarla, bensì a compiere tutto quanto necessario perché l a stessa
raggiunga il suo esito fisiologico, che nel caso della mediazione coincide, quantomeno, con il primo
incontro avanti al mediatore e, se anche l’ altra parte compare, con l’ avvio dell’ effettiva attività
mediatoria. Né d’ altra parte a diversa conclusione può giungersi valorizzando il disposto di cui all’
art. 8, comma IV bis del D. Lgs. citato, secondo cui “dalla mancata partecipazione senza giustificato
motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo
giudizio ai sensi dell’ art. 116, II co., c.p.c.. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi
previsti dall’ art. 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’
entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato
dovuto per il giudizio”. Ad una prima lettura, in effetti, tale disposizione sembrerebbe escludere che
alla mancata partecipazione di una parte al procedimento possa seguire la sanzione della
improcedibilità. Le conseguenze sarebbero infatti solo quelle previste da tale norma, con riflessi
quindi sfavorevoli sotto il profilo probatorio (ex art. 116 c.p.c.) e con applicazione della sanzione
pecuniaria (in questo senso, recentissimamente, Trib. Taranto od 16.4.2015 – dot. CASARANO). La
logica dell’ istituto, finalizzato a favorire una soluzione conciliativa della controversia con evidenti
vantaggi deflattivi per il sistema giudiziario, è chiaramente, nel senso di onerare chi intende far
valere in giudizio un diritto, ovvero propone opposizione a decreto ingiuntivo, ovvero appello, non
solo a promuovere la mediazione, ma anche a partecipare al relativo procedimento al fine di rendere
possibile un accordo tra le parti in quella sede. In caso di mancata partecipazione alla mediazione
della parte che ha l’ onere di esperire il procedimento mediatorio non sarebbe ragionevole ritenere
applicabili le sole sanzioni di cui all’ art. 8 citato. Si renderebbe cioè possibile alla parte onerata di
assolvere alla condizione, assicurando la procedibilità della propria domanda, semplicemente
attivando il procedimento e non mediante “l’ esperimento”dello stesso. In conclusione va quindi
sanzionato con l’ improcedibilità il comportamento della parte onerata ex lege che, a prescindere
dalla attivazione o meno del procedimento da parte sua, non lo coltiva non comparendo al primo
incontro avanti al mediatore. Richiamato il principio di diritto di cui in premessa, va pertanto
dichiarata l’ improcedibilità dell’ opposizione. Resta assorbita ogni questione di merito”. Applicando
il percorso interpretativo ed argomentativo del Tribunale di Firenze al caso di specie ne deriva l’
improcedibilità della domanda riconvenzionale proposta dall’ intimato con la comparsa di risposta,
non avendo questo partecipato al procedimento di mediazione avviato dall’ altra parte, nonostante
gli fosse stato comunicato regolare invito a tale scopo. Peraltro, è vero che nel caso oggetto di
esame da parte del Tribunale di Firenze, a differenza del caso di specie, si era in presenza di un’
opposizione a decreto ingiuntivo e, tuttavia, i principi affermati dal Tribunale fiorentino, nonché il
percorso logico-giuridico svolto, relativamente alla necessità che il primo incontro dinanzi al
mediatore sia effettivo, e cioè veda la partecipazione di tutte le parti dinanzi al mediatore, e che vi
sia l’ esperimento della mediazione in senso non soltanto formale bensì anche sostanziale, sono
pienamente applicabili al caso di specie. In definitiva, va dichiarata l’ improcedibilità della domanda
riconvenzionale proposta dall’ intimato. 3 3. Nel merito. Le domande proposte dall’ intimante sono
fondate e vanno accolte per le seguenti ragioni. Va premesso che il conduttore di un immobile non
può astenersi dal versare il canone, ovvero ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una
riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, quand’ anche tale evento sia ricollegabile al
fatto del locatore. La sospensione totale o parziale dell’ adempimento dell’ obbligazione del
conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la
controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’ alterazione del sinallagma
contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. Inoltre, secondo il principio
“inadimplenti non est adimplendum”, la sospensione della controprestazione è legittima solo se
conforme a lealtà e buona fede (v. tra le tante (Cass. civ., Sez. VI-3, 23 giugno 2011, n 13887).
Ancora, non è mai consentito al conduttore autoridursi il canone sulla base di pretesi controcrediti,
costituendo tale sua condotta un’ alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno
squilibrio tra le prestazioni delle parti (Cass. civ., Sez. VI, 7 maggio 2012, n 6850). Pertanto, non
possono essere accolte le difese formulate dal conduttore relativamente alla circostanza che l’
immobile locato avrebbe presentato problematiche di infiltrazioni, macchie di condensa ed umidità
e scarsa efficienza termica degli infissi. Si tratta di tutte problematiche che non sono comunque tali
da aver fatto venire completamente a mancare la prestazione del locatore di messa a disposizione
dell’ immobile locato con conseguente illegittimità della condotta dell’ intimato di sospendere il
pagamento integrale del canone di locazione. Del resto, la circostanza che la permanenza in tale
immobile arrechi al conduttore una certa utilità risulta chiaramente dimostrata dalla stessa condotta
processuale del conduttore, il quale si è opposto al rilascio dell’ immobile non provvedendo allo
stesso neanche in seguito all’ emissione dell’ ordinanza di rilascio. In relazione al regime della prova
del mancato pagamento dei canoni va ricordato che in tema di prova dell’ inadempimento di un’
obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno,
ovvero per l’ adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il
relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’
inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’ onere della prova del
fatto estintivo dell’ altrui pretesa, costituito dall’ avvenuto adempimento (Cass. civ., Sez. Un., 30
ottobre 2001, n. 13533). Ciò comporta che in materia locatizia una volta che il locatore abbia
provato il contratto ed allegato il mancato pagamento dei canoni da parte del conduttore grava su
quest’ ultimo l’ onere di provare l’ avvenuto pagamento degli stessi. Questa prova non è stata
tuttavia fornita dal conduttore. Tenuto conto del periodo di tempo prolungato (dal dicembre 2017 in
poi) per il quale il conduttore non ha pagato in alcuna misura il canone pattuito e non ha, quindi,
adempiuto la propria principale obbligazione non si può dubitare che questo inadempimento abbia
carattere di gravità. In conclusione va pronunciata la risoluzione del contratto di locazione tra le
parti a causa del grave inadempimento del conduttore come da dispositivo. Va poi confermata l’
ordinanza di rilascio dell’ immobile locato già emessa, con conferma dell’ obbligo da parte dell’
intimato di rilascio dell’ immobile locato, obbligo che questo avrebbe dovuto adempiere
quantomeno dall’ 1.10.2018. Le condizioni dell’ intimato non giustificano ulteriori dilazioni nell’
esecuzione tenuto conto che le stesse sono già state debitamente considerate nell’ ordinanza di
rilascio predetta. Rispetto alla domanda relativa al pagamento dei canoni questa va accolta con
riferimento ai canoni di locazione da dicembre 2017 ad oggi (non essendo stato ancora
effettivamente rilasciato l’ immobile locato), nonché in ordine alle somme rispettivamente di 50, 00
e di 40, 00 relative ai canoni di maggio 2017 e luglio 2017. Considerato che in base all’ art. 6 del
contratto di locazione il c anone mensile è fissato in 230, 00 la somma dovuta va determinata in
3.243, 22 (derivante dalla somma di 90, 00 ancora dovuti per i canoni di maggio e luglio 2017, dei
canoni da dicembre 2017 a dicembre 2018 pari ad 2.990, 00 e della quota di canone relativa ai 22
giorni di gennaio 2019 maturati fino ad oggi pari ad 163, 22). A questa somma non vanno aggiunti
gli interessi legali i quali non sono stati richiesti dall’ intimante nelle conclusioni analiticamente
riformulate in memoria integrativa. Nulla spetta a titolo di rivalutazione trattandosi di debito di
valuta. Neppure possono essere aggiunte le somme per gli ulteriori canoni a scadere fino all’
effettivo rilascio, perché tanto è ammesso in materia locatizia eccezionalmente dall’ art. 664 c.p.c.
solo per il decreto ingiuntivo emesso in sede di convalida per il caso di mancata
opposizione/mancata comparizione dell’ intimato. Quindi, il conduttore va condannato a pagare a
questo titolo le somme indicate come da dispositivo. 4. Il regime delle spese Le spese del giudizio
seguono la soccombenza di parte intimata e si liquidano d’ ufficio come in dispositivo, tenuto conto:
a) che tali spese vanno liquidate in base ai parametri di cui al D.M. 10 marzo 2014, n. 55,
(pubblicato in G.U. il 2.4.2014 ed entrato in vigore il 3.4.2014) in quanto tali nuovi parametri in
base all’ art. 28 di tale decreto si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore; b)
del concreto valore della presente controversia; c) del numero scarso delle questioni giuridiche e di
fatto trattate; d) della semplicità dell’ affare in considerazione del carattere consolidato della
giurisprudenza in materia; e) dell’ estrema snellezza della fase decisoria, caratterizzata dalla
decisione mediante lettura del dispositivo e contestuale esposizione delle ragioni di fatto e di diritto
della decisione; f) degli aumenti e diminuzioni rispetto ai valori medi, di cui alle tabelle allegate al
D.M. 10 marzo 2014, n. 55, legittimamente operabili in base all’ art. 4, comma 1, del medesimo
decreto (nella versione come da ultimo modificata dal D.M. 37/2018). Deve, infine, essere disposta
ex art. 93 c.p.c. la distrazione delle spese di lite in favore dell’ avv. F.XXXXXX V.XXXXXXX per
dichiarato anticipo delle stesse. 5. Revoca dell’ ammissione dell’ intimato al patrocinio a spese dello
Stato. L’ art. 136 del D.P.R. 115/2002 che dispone al comma 2 “Con decreto il magistrato revoca l’
ammissione al patrocinio provvisoriamente disposta dal consiglio dell’ ordine degli avvocati … se l’
interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. Tale revoca ha efficacia
retroattiva ai sensi del comma 3 di questo articolo. Nel caso di specie, va revocata l’ ammissione di
R.XXXX T.XXXXXX al patrocinio a spese dello Stato. In effetti, l’ intimato ha resistito in giudizio
con colpa grave, perché l’ opposizione da lui proposta è risultata sostanzialmente strumentale al
prolungamento della sua permanenza nell’ immobile locato per il Massimo tempo possibile. Inoltre,
lo stesso non ha conformato la sua condotta ai canoni di lealtà processuale scegliendo di non
comparire neppure tramite il suo difensore in sede di procedura obbligatoria di mediazione.
Peraltro, le difese da lui articolate in sede di opposizione si rivelano infondate in base alla
giurisprudenza di legittimità in materia da tempo costante sia sul punto della ripartizione dell’ onere
della prova dell’ inadempimento in materia contrattuale, sia sui limiti in cui è ammessa la
sospensione totale o parziale del pagamento del canone da parte del conduttore. 6. La condanna ai
sensi dell’ art. 96, comma 3, c.p.c. La presenza di colpa grave, in base alle ragioni indicate al
paragrafo precedente, nella resistenza di parte intimata alle domande proposte dall’ intimante va
sanzionata ai sensi dell’ art. 96, comma 3, c.p.c.. La condanna al pagamento della somma
equitativamente determinata, ai sensi del terzo comma dell’ art. 96 cod. proc. civ., aggiunto dalla
legge 18 giugno 2009, n. 69 (inserito dall’ art. 45, comma 12, della legge 18 giugno 2009, n. 69 ed
applicabile a tutte le controversie iniziate, in primo grado, successivamente all’ entrata in vigore di
tale normativa), presuppone l’ accertamento della mala fede o colpa grave della parte soccombente,
non solo perché la relativa previsione è inserita nella disciplina della responsabilità aggravata, ma
anche perché agire in giudizio per far valere una pretesa che si rivela infondata non è condotta di
per sé rimproverabile (Cass. civ., Sez. VI, 30 novembre 2012, n 21570). Secondo la tesi
maggiormente seguita dalla giurisprudenza di merito, che questo giudice condivide, la pronuncia ex
art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., presuppone il requisito della mala fede o della colpa grave,
ossia la rimproverabilità della condotta del soccombente (come nel caso di cui al primo comma dell’
art. 96 cod. proc. civ.), ma non la prova specifica del pregiudizio sofferto dalla parte a causa della
lite temeraria subita, trattandosi di una condanna che può essere emessa dal Giudice anche d’
ufficio, sulla base degli elementi emersi all’ esito del giudizio. L’ istituto in esame possiede natura
mista sanzionatoria e risarcitoria. La liquidazione va effettuata in via equitativa dal giudice
prendendo in considerazione la gravità della colpa ed i presumibili pregiudizi arrecati alla
controparte in ragione della natura, dell’ oggetto della causa e della durata del processo, sia in
termini di pregiudizio patrimoniale che non patrimoniale (cfr., in tal senso, Tribunale di Busto
Arsizio, 12 giugno 2012; Tribunale di Modena, I sez. civ., 16 maggio 2012, n. 816). Quindi, ai fini
di tale liquidazione, la determinazione giudiziale deve solo osservare il criterio equitativo e ben può
essere calibrata anche sull’ importo delle spese processuali o su di un loro multiplo, con l’ unico
limite della ragionevolezza (Cass. civ., Sez. VI, 30 novembre 2012, n 21570). Del resto, la stessa
Corte Costituzionale intervenuta sul punto (con la sentenza n. 152/2016) ha condiviso l’
orientamento di legittimità secondo il quale la previsione di cui all’ art. 96, comma 3, c.p.c. ha
natura non risarcitoria “e, più propriamente, sanzionatoria, con finalità deflattive” alla luce della
lettera di questa disposizione e della ragionevolezza della soluzione scelta dal legislatore. Valutando
questi elementi nel caso di specie, la condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. può essere quantificata
nella misura di 1/3 di quella espressa ai sensi dell’ art. 91 c.p.c.. 7. Condanna dell’ intimato al
versamento all’ entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al
contributo unificato dovuto per il giudizio a causa della sua mancata partecipazione senza
giustificato motivo al procedimento di mediazione. L’ art. 8, comma 4-bis del D. Lgs. 28/2010
prevede “… Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’ art. 5, non ha
partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’ entrata del bilancio dello
Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”. La
presente controversia rientra certamente tra quelle assoggettate all’ obbligo di esperimento del
procedimento di mediazione, riguardando la materia locatizia. Dalla lettura del verbale di
mediazione emerge poi che il T.XXXXXX non ha partecipato al procedimento di mediazione e
nessun giustificato motivo è stato fornito da tale parte della sua mancata partecipazione. Pertanto,
R.XXXX T.XXXXXX va condannato al versamento all’ entrata del bilancio dello Stato di una
somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale di Avellino – Prima Sezione Civile – in composizione monocratica, definitivamente
pronunziando sulla controversia civile promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed
eccezione, così provvede :
A . ACCOGLIE la domanda proposta e PRONUNCIA la risoluzione del contratto di locazione
stipulato in San Michele di Serino (AV) in data 4.3.2016 (e registrato in data 7.3.2016 presso l’
AGENZIA delle Entrate – D.P. di Avellino – U.T. di Avellino al n. – serie 3T), intercorrente tra l’
intimante P.XX L.XXX C.XXX A.XXXXX P.XXXXXXXXX, quale locatore, e parte intimata
R.XXXX T.XXXXXX, quale conduttore, relativamente all’ immobile sito in San Michele di Serino
(AV) alla Via C.XXX n. 25 (in Catasto al foglio 6, particella…), per grave inadempimento del
suddetto conduttore;
B. CONFERMA l’ ordinanza di rilascio pronunziata dallo scrivente all’ udienza del 21.5.2018 in
relazione all’ immobile indicato al Capo A della presente sentenza;
C. CONDANNA parte intimata R.XX T.XXXXXX al pagamento in favore dell’ intimante P.XX
L.XXX C.XX A.XX P.XX della somma di 3.243, 22;
D. CONDANNA parte intimata R.XX T.XXX al pagamento in favore dell’ intimante P.XX L.XXX
C.XXX A.XX P. delle spese di giudizio che si liquidano in 148, 35 per esborsi vivi ed in 1.500, 00
per compensi professionali forensi (ivi compresi quelli relativi all’ attività svolta dal difensore in
sede di mediazione), oltre I.V.A. e C.P.A. se dovute, nelle misure di legge oltre al rimborso spese
forfettarie nella misura del 15% del compenso, con distrazione in favore dell’ avv. F.XX
V.XXXXXXX per dichiarato anticipo;
E . REVOCA l’ ammissione di R.XXX T.XXXXXX al patrocinio a spese dello Stato deliberata in
via provvisoria dal Consiglio dell’ Ordine degli Avvocati di Avellino in data 9.5.2018;
F. CONDANNA R.XXX T.XXX ai sensi dell’ art. 96, comma 3, c.p.c. al pagamento in favore dell’
intimante della somma di 500, 00;
G. CONDANNA ai sensi dell’ art. 8, comma 4-bis del D. Lgs. 28/2010 R.XX T.XX al versamento
all’ entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato
dovuto per il giudizio;
H. MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Avellino all’ udienza del giorno 22 gennaio 2019. Il Giudice dott. Marcello Polimeno

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