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23.09.2020 – Napoli – Corte di Appello

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Napoli – II sezione civile, in persona dei Magistrati:
dott. Giovanni de Crecchio Presidente
dott. Sergio Gallo Consigliere
dott.ssa Maria Teresa Onorato Consigliere rel.
ha pronunciato mediante lettura del dispositivo ai sensi dell’art. 437 c.p.c. alla pubblica udienza del 23
settembre 2020 la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 5521/2019 R.G. e vertente
TRA
(…), rappresentata e difesa, giusta procura alle liti telematica apposta in calce al ricorso in
appello, dall’Avvocato (…) presso il cui studio in Salerno alla Via (…), elettivamente domicilia
APPELLANTE
CONTRO
(…), rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dall’Avvocato (…) ed elettivamente
domiciliata presso lo studio del primo in Avellino alla via (…)
APPELLATA
OGGETTO: appello avverso sentenza del Tribunale di Avellino n. 1977/2019 pubblicata resa in data 29
ottobre 2019 in tema di risoluzione del contratto di locazione ad uso abitativo alla
scadenza contrattuale.
CONCLUSIONI: come da verbale di udienza di discussione.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

  1. Con ricorso in appello notificato a mezzo pec il 13 gennaio 2020 (…) ha impugnato la sentenza n.
    1977/2019 con cui il Tribunale di Avellino, in data 29 ottobre 2019, accogliendo la domanda contro di lei proposta da (…), ha dichiarato risolto alla data del 13 maggio 2018 il contratto di locazione inter partes condannandola al rilascio entro novanta giorni dalla comunicazione della decisione, respingendone le domande e condannandola alle spese del giudizio.
    1.1. All’esito dell’articolazione dei motivi di appello di seguito esaminati la (…) ha così concluso: “in via preliminare, dichiarare l’improcedibilità della domanda attorea per nullità/invalidità dell’espletato
    procedimento di mediazione obbligatoria ex D.Lgs. 28/2010; nel merito, accertare e dichiarare che il
    contratto di locazione inter partes non ha scadenza al 01.01.2017, bensì al 01.01.2020, per effetto della rinnovazione quadriennale medio tempore già intervenuta, e conseguentemente rigettare l’avversa intimazione di sfratto. In via riconvenzionale, preso atto dell’omesso riscontro della intimata in primo grado all’invito formulatogli con la memoria integrativa del 26.02.2018, di indicare quali opere, tra quelle eseguite dalla conduttrice intimata di sfratto, intendesse ritenere corrispondendo l’indennità ex art. 1593 c.c. e ritenuta la inefficacia ed inopponibilità alla odierna appellante di ogni eccezione e/o contestazione sollevata dalla parte intimante in relazione al contratto di cui è causa per i fatti antecedenti al suo subentro nel contratto di locazione, accertare e dichiarare il diritto di credito della odierna appellante in proprio e/o anche quale erede del defunto coniuge (…) ovvero quale successore di questi nel contratto di locazione, per i titoli e le causali indicati ed illustrati, e cioè: diritto a riceversi il pagamento dalle indennità previste dagli artt. 1592 e/o 1593
    c.c. per i miglioramenti e le addizioni apportate all’immobile di cui è causa; in alternativa e/o in subordine e/o in aggiunta alla superiore previsione ed in relazione a quelle opere che non si ritenessero costituire migliorie o addizioni, o per quella parte di migliorie per cui non risulti sussistere il consenso del locatore, od altresì per quella parte di addizioni che il locatore non intendesse ritenere, e salvo gravame, accertare e dichiarare il diritto della sig.ra (…) al rimborso delle spese sostenute (anche a termini dell’art. 1577 c.c.) per il caso in cui la fattispecie venga inquadrata come esecuzione di opere di manutenzione straordinaria spettanti alla cui esecuzione è obbligato il locatore (ex art. 1576 comma 1 c.c.); in ulteriore subordine ovvero in relazione solo a quella parte di opere non rientranti nelle innanzi dette fattispecie, sempre salvo gravame, accertare e
    dichiarare il diritto della conduttrice sfrattata al rimborso, o ad una indennità, per aver eseguito opere che il locatore era tenuto ad eseguire per garantire che il bene fosse idoneo ab origine all’uso pattuito (ex art.1575 c.c.). In ulteriore subordine e/o in alternativa e/o in aggiunta alle superiori ipotesi, vale a dire con riferimento a quelle opere non ritenute rimborsabili/indennizzabile secondo le superiori previsioni, e sempre salvo gravame, accertare e dichiarare il diritto della sig.ra (…) a riceversi il rimborso, in conformità dei principi della gestione di affari altrui; ovvero, in estremo subordine, a titolo di ingiustificato arricchimento. Nella non creduta ipotesi di accoglimento di alcuna delle avverse domande di condanna, disporre la compensazione tra quanto dovuto alla parte attrice, anche per i deterioramenti che si sono verificati senza colpa grave del conduttore, ed il valore dei miglioramenti (ex art. 1592 c.c. II comma), ed il diritto di credito accertato in capo alla sig.ra (…) in ragione delle superiori domande, salva la quantificazione da operarsi in separato giudizio,
    successivo alla riconsegna del bene, ovvero, provvedendo ai sensi dell’art. 1243 c.c. secondo comma,
    dichiarando la compensazione per la parte del debito che riconosce esistente, sospendendo la condanna per il credito liquido fino all’accertamento del credito opposto in compensazione”, il tutto con favore delle spese.
  2. Si è costituita (…) per resistere al gravame e chiederne il rigetto.
  3. Accordata la sospensione cautelativa dell’esecutività della sentenza, all’esito dell’udienza di discussione, la causa è stata decisa come da dispositivo allegato a verbale.
  4. Per la migliore comprensione dei fatti di causa va ricordato come con atto notificato il 17 marzo 2017 (…) ha intimato a (…) lo sfratto per finita locazione dell’immobile in Solofra alla via Balsami n. 1, diffidandola a rilasciare immediatamente il suddetto immobile libero e vuoto da persone e cose, contestualmente disponendo la citazione in giudizio per la convalida dello sfratto e condanna al rilascio dell’immobile previa declaratoria di risoluzione del rapporto di locazione.
    A sostegno della proposta intimazione, la (…) ha dedotto che, con contratto del 1° gennaio 1985, registrato in pari data, il de cuius (…) ha concesso in locazione, al de cuius (…), l’immobile in oggetto ad uso abitativo; di essere subentrata al di lei padre (…), a seguito del suo decesso, nella proprietà del bene e nel contratto di locazione, in virtù di atto di donazione per notar (…) da Giulianova del 15 luglio 2005; che essendo venuto a mancare anche il conduttore (…), è subentrata nella titolarità del contratto di locazione la di lui moglie: (…) la quale ha, tra l’altro, provveduto al regolare e tempestivo pagamento dei canoni mensili per la durata del contratto; che il contratto di locazione è scaduto in data 1° gennaio 2017; che non essendo interessata a rinnovare il rapporto contrattuale ha inviato atto di disdetta del contratto di locazione ricevuto in data 25 marzo 2016 ed anticipato con raccomandata a.r. del 25 febbraio 2016, ricevuta il 29 febbraio 2016; che nonostante successivi ulteriori solleciti (…) non ha ancora provveduto a lasciare l’immobile libero da cose e
    persone.
    4.1. Con ordinanza del 3 maggio 2017, il Tribunale di Avellino ha respinto l’istanza di rilascio e, ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. n. 28/2010, ha assegnato alle parti termine di giorni quindici dalla comunicazione per la presentazione della domanda di mediazione, al contempo disponendo il mutamento del rito ed assegnando i termini per integrare le rispettive difese.
    4.2. Nelle more, parte intimante ha introdotto il procedimento di mediazione esitato negativamente rispetto al quale, nella memoria integrativa, la (…) ha eccepito l’omesso avveramento della condizione di procedibilità della intimazione di sfratto giudiziale per omessa partecipazione della parte intimante personalmente o a mezzo di rappresentante munito di idonea procura.
  5. Con sentenza resa in data 29 ottobre 2019, il Tribunale di Avellino ha dichiarato risolto il contratto di
    locazione a far data dal 13 maggio 2018; ha intimato il rilascio dell’immobile de quo entro 90 giorni dalla comunicazione della sentenza; ha respinto ogni altra domanda ed ha condannato (…) al pagamento delle spese di lite.
    5.1. Per quel che rileva il primo giudice ha preliminarmente rigettato l’eccezione di improcedibilità per non essere stata validamente esperita la procedura di mediazione obbligatoria prevista dall’art. 5 del D.Lgs. n.28/2010, ritenendo che la ratio legis sia favorire una partecipazione sostanziale ed effettiva delle parti affinché le stesse concretamente e validamente possano porre fine ad un giudizio che è in procinto di essere iniziato. Recepito il monito a che la comparizione delle parti dinanzi al mediatore vada favorita “perché solo nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore (il legislatore) conta che si possa trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti” e richiamato l’art. 8 per il quale al primo incontro debbano essere presenti sia le parti che i rispettivi Avvocati, il primo giudice ha ritenuto che “in mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale, deve ritenersi che si tratti di attività delegabile ad altri” in ragione del fatto che “laddove per la rilevanza della partecipazione, o della mancata partecipazione, ad alcuni momenti processuali, o per l’attribuzione di un particolare valore alle dichiarazioni rese dalla parte, la legge non ha ritenuto che la parte potesse farsi sostituire, attribuendo un disvalore, o un
    preciso significato alla sua mancata comparizione di persona, lo ha previsto espressamente” (riguardo alla possibilità di delegare il difensore, purché con delega ad hoc non validamente surrogata dalla generica procura alle liti, occorrendo che la partecipazione sia sostanziale, concreta, effettiva, volta alla reale composizione degli interessi divergenti e che non diventi un atto dilatorio pre-processuale).
    Nel caso di specie il Tribunale ha giudicato la procura notarile per notar (…) del 30 agosto 2005 conferita da (…) al fratello ampiamente satisfattiva della ratio legislativa, accordando al delegato tutte le facoltà di gestione, inclusa la vendita e la locazione.
    5.2. Nel merito, considerata l’abrogazione degli articoli 12 e seguenti e 79 della legge 392/78 disposta dall’articolo 14 della legge n. 431/98, efficace nei rapporti di locazione rinnovati successivamente all’entrata in vigore di tale ultimo testo normativo, richiamato l’articolo 2 comma 6 della citata legge per il quale “i contratti di locazione stipulati prima della data di entrata in vigore della presente legge che si rinnovino tacitamente sono disciplinati dal comma uno del presente articolo”, ha rinvenuto una traccia del pregresso rapporto. Alla luce della documentazione prodotta dalla parte resistente ha fatto risalire il contratto a data anteriore del 13 maggio 1966, volendo considerare la nascita di (…) in data 18 luglio 1966, con la conseguenza che la scadenza è stata fissata al 13 maggio 2018, in assenza di prove concrete atte a confermare una data diversa della stipulazione. Per l’effetto, la disdetta intimata per il 1° gennaio 2017 è stata giudicata valida per la scadenza immediatamente successiva, non risultando alcuna volontà successiva contraria dell’intimante. Riconosciuta, dunque, la finita locazione a far data dal 13 maggio 2018,
    ha stabilito il termine per il rilascio.
    5.3. Infine, ha respinto la domanda riconvenzionale, ricordando come ai sensi dell’art. 1592 c.c. il conduttore non abbia diritto all’indennità per i miglioramenti apportati alla cosa locata, salvo che non vi sia stato il consenso del locatore – anche riguardo all’entità economica degli interventi e alla convenienza delle opere a farsi – consenso che non può essere implicito, né può desumersi da atti di tolleranza, occorrendo una chiara ed inequivoca manifestazione di volontà volta ad approvare le eseguite innovazioni, non essendo sufficiente neppure la mera consapevolezza (o la mancata opposizione) del locatore riguardo alle stesse. In mancanza di prova dell’acquisizione del consenso, condivisa la valutazione di inammissibilità delle prove articolate dalla resistente in quanto generiche sul punto decisivo dell’acquisizione di questo, ha respinto ogni richiesta della (…), inclusa quella per responsabilità.
    5.4. Le spese sono state disciplinate applicando il principio della soccombenza.
  6. Con il primo motivo di appello (…) ha ribadito la nullità ovvero l’invalidità del procedimento di mediazione obbligatorio ai sensi del D.Lgs. n. 28/2010 e la conseguente improcedibilità
    dell’avversa domanda, contestando la soluzione accolta dal Tribunale di ritenere osservato l’incombente. Nel censurare la sentenza nella parte in cui ha ritenuto avversata la condizione di
    procedibilità della domanda ritenendo correttamente esperito il tentativo di mediazione obbligatoria sul presupposto della validità, ai fini del procedimento di mediazione, della procura
    generale per notar (…) rilasciata da (…) al germano (…) nel lontano 2005, ha osservato come essa abbia non solo preceduto di molti anni l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 28/2010 ma sia
    risalente a ben dodici anni prima l’introduzione della lite, cosicché il delegato di alcuna delega ha dimostrato di disporre per rappresentare la sorella dinanzi all’organismo di conciliazione e, per conseguenza, per conciliare la già insorta lite giudiziaria sottoscrivendo verbali a tal fine ovvero, all’opposto, per rigettare ipotesi conciliative. All’uopo ha richiamato la recente posizione della Corte regolatrice espressa nella sentenza n. 8473/2019.
    6.1. Il motivo è fondato.
    Parte intimante – (…) – non è mai comparsa personalmente nel procedimento di mediazione, né ella è stata sostituita validamente da soggetto munito di procura speciale. Con riferimento al primo aspetto, giova ricordare, come si rileva dai verbali di incontro, che al primo convegno del 14 giugno 2017 è comparso, per parte intimante, il solo Avvocato (…), privo di procura speciale, nel mentre la parte intimata è stata presente personalmente, assistita dal suo legale che, nell’interesse della sua assistita, preso atto della mancata comparizione della parte istante e dell’assenza di suo procuratore diverso da quello costituito in giudizio, ha eccepito l’improcedibilità del procedimento, riservandosi di rinunciare all’eccezione solo in caso di raggiungimento di un accordo.
    Al secondo incontro del 30 giugno 2017, per parte intimante è comparso (…), fratello dell’intimante,
    esibendo la procura per notar (…) del 30 agosto 2005 rep. 18174/3055 conferitagli dalla sorella affinché “in suo nome, vece, conto ed interesse compia tutti gli atti di amministrazione in merito ai seguenti immobili di sua proprietà siti in Comune di Solofra (Av) località Balsami e precisamente: … il costituito procuratore viene qui autorizzato a: rappresentare la comparente stessa relativamente a detti immobili avanti a qualunque Autorità amministrativa e/o Enti Pubblici; procedere alla vendita e/o permuta degli immobili sopra descritti; stipulare contratti di locazione stabilendo naturale l’importo dei canoni ed in particolare tenere rapporti con l’attuale locatario ivi compreso il potere di incassare i canoni locatizi rilasciandone quietanza; nominare avvocati e/o tecnici; effettuare dichiarazioni fiscali di qualsiasi tipo per svolgere ogni eventuale pratica fiscale; ritirare lettere (anche raccomandate o assicurate) firmando la ricevuta; fare quant’altro riterrà opportuno o necessario nell’interesse della componente e per l’esatto espletamento dell’incarico ricevuto in
    modo che non possa mai essere eccepita carenza di potere”.
    Nell’occasione (…), comparsa personalmente assistita dal suo legale, testualmente ha rilevato: “L’Avvocato (…) comparso nell’interesse della signora (…) presente personalmente da atto di aver rappresentato alla controparte la volontà di ricercare una soluzione bonaria rispetto e diritti di credito per migliorie addizioni vantate da (…) sull’immobile oggetto di lite”, avanzando proposte in tal senso.
    In altre parole, e con riguardo al secondo profilo, ella ha immediatamente eccepito l’inidoneità della procura speciale per notar (…) del 3 agosto 2005 rep. 18174/3055, rilasciato da (…) al fratello (…) in quanto “procura generale e quindi non valida ai fini del procedimento di mediazione”, con richiami alla precedente verbalizzazione. Effettivamente la Corte ritiene che il procedimento di mediazione obbligatoria ex D.Lgs. n.28/2010 abbia natura personalissima, con la conseguenza che esso esige la presenza personale della parte, ovvero la presenza di un rappresentante munito di procura speciale. All’uopo, le parti possono conferire procura speciale ad altri soggetti per farsi rappresentare nel procedimento di mediazione, a condizione che sia espressamente conferito loro il potere di parteciparvi.
    Il rappresentato, quindi – trattandosi di rappresentanza avente natura negoziale e non processuale – deve conferire adeguata procura ad negotia che autorizzi il rappresentante ad agire in nome e per conto, con chiara specificazione dei poteri e dei limiti e solo la procura notarile speciale, redatta per il singolo affare, è idonea a fornire le indispensabili garanzie sulla sua utilizzabilità nei riguardi di terzi.
    La mediazione, infatti, non può considerarsi ritualmente esperita neppure con la semplice partecipazione del legale, ancorché munito di procura speciale per la partecipazione alla mediazione, dal momento che nella detta procedura, la funzione del legale, come definita in via interpretativa dall’art. 5, co. 1-bis e co. 2, D.Lgs. n. 28/2010, è di mera assistenza alla parte comparsa e non (per la formulazione normativa utilizzata e per il migliore e più efficace funzionamento dell’istituto), di rappresentanza della parte assente.
    A conferma si richiama il regolamento dell’organismo stesso di mediazione che – art. 3 – prescrive
    espressamente: “La domanda deve essere sottoscritta personalmente e contenere le seguenti informazioni:
    … b) nome del rappresentante nella procedura con indicazione dei poteri di rappresentanza per transigere la controversia”, laddove l’art. 8 prevede che: “Le parti partecipano all’incontro preferibilmente di persona o comunque mediante un proprio rappresentante munito dei necessari poteri, con la presenza di legali e tecnici di fiducia”.
    Ebbene, nel caso di specie, né il procuratore ad litem della intimante, né il di lei germano, sono risultati forniti di procure ad hoc ai fini del procedimento di mediazione, non potendo considerarsi tali né la procura ad litem conferita all’Avvocato (…), né la procura generale conferita da (…) al fratello (peraltro nel lontano 2005), in quanto priva di qualsivoglia specifica indicazione ai fini della partecipazione al procedimento di mediazione ed ai fini della trattazione e gestione della controversia oggetto di essa.
    Con riguardo alla seconda, invero, l’atto per notar (…) non contiene alcun riferimento al procedimento di mediazione relativo al procedimento di sfratto per finita locazione iscritto presso il Tribunale di Avellino al n.r.g. 2060/2017. Essa, piuttosto, ha conferito al delegato il potere di rappresentare la proprietaria dei beni, odierna locatrice, dinanzi alle Autorità amministrative e agli Enti pubblici, ma giammai dinanzi all’Autorità giudiziaria o ad organismi di mediazione. Inoltre, pur contenendo l’autorizzazione del procuratore a procedere alla vendita e/o permuta degli immobili sopra descritti; a stipulare contratti di locazione stabilendone la scadenza naturale, l’importo dei canoni e a mantenere i rapporti con il conduttore, incluso il potere di incassare i canoni locatizi rilasciandone quietanza; nominare avvocati e/ o tecnici; effettuare dichiarazioni fiscali e a svolgere ogni inerente pratica; ritirare lettere (anche raccomandate o assicurate) firmando la ricevuta; fare quant’altro “opportuno o necessario” “per l’esatto espletamento dell’incarico ricevuto in modo che non possa mai essere eccepita carenza di potere”, la procura non conferisce il potere
    di interloquire nel procedimento di mediazione e di gestire la lite giudiziaria disponendo dei diritti della parte intimante, lite che, al tempo, neppure era esistente.
    In definitiva, la Corte è persuasa che nessuna delle procure (quella alle liti al difensore e quella generale al fratello) possa considerarsi idonea e valida ai fini della rappresentanza della parte intimante stessa nel procedimento di mediazione, in quanto entrambe prive di qualsivoglia riferimento esplicito allo stesso e dei poteri conferiti ai fini della trattazione del procedimento, anche considerando quanto viene richiesto dal regolamento dell’organismo stesso che, in ogni caso prescrive, l’indicazione del nome del rappresentante nella procedura con esplicitazione dei poteri di rappresentanza per transigere la controversia, e, comunque, la partecipazione della parte, se non di persona, mediante un proprio rappresentante munito dei necessari poteri, con la presenza di legali e tecnici di fiducia.
    Nessuna di tali formalità è stata ottemperate dall’intimante di talché non può ritenersi ritualmente,
    validamente e legittimamente esperito il procedimento di mediazione obbligatorio, con conseguente omesso avveramento della condizione di procedibilità della domanda giudiziale, che pertanto va dichiarata – contrariamente da quanto ritenuto dal Tribunale – improcedibile.
    La mancata presenza personale della parte o di un suo procuratore speciale (a conoscenza dei fatti) agli incontri fissati per la negoziazione assistita, costituisce violazione degli artt. 2-3 D.L. 132/2014 e violazione del principio di effettività.
    Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, le disposizioni relative al primo incontro di mediazione (la cui ratio e disciplina è pacificamente richiamata ed applicata anche per la negoziazione assistita), sono da interpretarsi nel senso che “l’ordine del giudice è da ritenersi osservato soltanto in caso di presenza della parte (o di un suo delegato), accompagnata dal difensore e non anche in caso di comparsa del solo difensore, anche quale “delegato della parte” dal momento che “l’attività che porta all’accordo conciliativo ha natura personalissima e non è delegabile” (Tribunale Vasto 09.03.2015; Tribunale Firenze, ordinanza 19.3.2014; Tribunale Milano, ordinanza 07.05.2015; Tribunale Firenze sentenza n. 3497/2015; Tribunale
    Firenze sentenza n. 3902/2016; Tribunale Roma, sentenza n. 8554/2016).
    Quanto al riferimento alla procura sostanziale, la ratio è da rinvenirsi nel fatto che l’attività di mediazione è finalizzata a verificare se sia possibile instaurare tra le parti – innanzi al mediatore – un dialogo tale da consentire in quella sede la risoluzione alternativa della controversia. Ebbene tale condizione non può ritenersi soddisfatta dal conferimento della procura processuale conferita al difensore e da questi autenticata (neppure se ivi vi sia il riferimento dell’informazione alla parte dello svolgimento del procedimento di mediazione), posto che la procura processuale conferisce al difensore il potere di rappresentanza in giudizio della parte ma non gli conferisce la facoltà di sostituirsi ad esso in una attività esterna al processo – quale è appunto il procedimento di mediazione.
    Meno che mai può soddisfare tale condizione una procura a gestire le vicende dell’immobile riguardo al quale è sorta controversia di alcuni anni antecedenti l’insorgenza della lite.
    La superiore decisione è coerente con la recente sentenza della Suprema Corte del 27 marzo 2019, n. 8473, richiamata a ragione dalla difesa appellante, che si è espressa nel senso per cui nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore, con la precisazione che nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella
    persona dello stesso difensore che l assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale.
    Gli argomenti contrari, addotti dall’allora parte ricorrente ed odierna appellata, leggendo le motivazioni della richiamata sentenza, sono tutti superati.
    Così dicasi della lettura degli artt. 5 e 8 del D.Lgs. n. 28 del 2010, e successive modifiche, in combinato disposto degli artt. 185 e 83 c.p.c. che ha fatto a taluno ritenere recessivo l’argomento letterale rispetto a quello eziologico, vieppiù in ragione del fatto che il già evocato all’art. 8 del D.Lgs. n. 28 del 2010 non recherebbe affatto la previsione di un obbligo di partecipazione personale delle parti al procedimento di mediazione, prevedendo solo che la parte debba essere idoneamente informata sulla possibilità di ricorrere alla procedura di mediazione e sulle agevolazioni fiscali che ne derivano, e che possa consapevolmente scegliere di delegare tale adempimento al proprio legale. Altrettanto dell’ulteriore obiezione, talora spesa, per cui volendo ritenere effettivamente imposta la presenza personale di entrambe le parti, il convenuto sarebbe arbitro di decidere se e quando consentire il perfezionamento della condizione di procedibilità, potendo lo stesso farsi rappresentare dal proprio difensore anziché presentarsi personalmente.
    Il tutto – per di più – senza valutare che, se la sanzione prevista per il comportamento più grave della
    mancata partecipazione senza giustificato motivo è – ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. n. 28/2010 – la condanna al pagamento del contributo unificato e la possibilità per il decidente di trarre argomenti di prova dal suddetto comportamento, non potrebbe essere sanzionata con la più grave pena dell’improcedibilità la condotta più lieve della mancata comparizione personale, come effettivamente evidenziato anche dalla difesa della (…).
    La Suprema Corte, consapevole della necessità di chiarire le questioni controverse in tema di mediazione obbligatoria quale condizione di procedibilità per una vasta serie di controversie (segnatamente quelle indicate dall’art. 5, comma 1 bis, introdotto dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 84, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, dopo che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 272 del 2012, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 1 del medesimo articolo) in ragione del fatto che gli artt. 5 e 8 dello stesso prescrivono
    che la parte che propone la mediazione sia tenuta a comparire personalmente davanti al mediatore, affinché il tentativo si possa ritenere compiuto, a pena di improcedibilità dell’azione proposta, ha dettato il decalogo da osservare nell’esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria per poter essere sostituiti. Una volta ammesso che la parte possa farsi sostituire, riconosciuta cioè la possibilità che l’atto sia delegabile ad altri, si è occupata di individuare i modi e le forme di tale sostituzione e se sia delegabile chiunque, incluso il proprio difensore ma a quali condizioni.
    Nel fare ciò è partita dal considerare come il legislatore, con il decreto legislativo in commento, abbia cercato di stimolare “la creazione di una cultura di risoluzione alternativa delle controversie, con finalità deflattiva”, cui è funzionale proprio la sanzione dell’improcedibilità.
    La Corte ha evinto dalla lettura delle disposizioni normative l’adozione di un “procedimento deformalizzato che si svolge davanti al mediatore, in cui la miglior garanzia di riuscita è costituita innanzitutto dalla stessa professionalizzazione delle figura del mediatore, e dall’offerta alle parti di un momento di incontro, perché possano liberamente discutere prima che le rispettive posizioni risultino irrigidite dalle posizioni processuali assunte e dalle linee difensive adottate, nonché da agevolazioni fiscali”. Non ha lesinato di considerare, dunque, che “Il successo dell’attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale
    controversia, consenta loro di evitare l’acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali”.
    Dalla novella del 2013 che ha introdotto la presenza necessaria dell’Avvocato e l’affiancamento al legale esperto in tecniche processuali che “rappresenta” la parte nel processo, altro esperto in tecniche negoziali che “assiste” la parte nella procedura di mediazione, si è tratta dimostrazione della progressiva emersione di una “figura professionale nuova, con un ruolo in parte diverso e alla quale si richiede l’acquisizione di ulteriori competenze di tipo relazionale e umano, inclusa la capacità di comprendere gli interessi delle parti al di là delle pretese giuridiche avanzate”.
    Questa esigenza di “dialogo informale e diretto tra parti e mediatore” nella ricerca di una “composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa” per entrambi i contendenti, in logica deflattiva e acceleratoria di “un buon numero di controversie” la cui tempistica è notoriamente superiore ai tempi della mediazione, ha, secondo i supremi giudici, trovato emersione nell’art.8 del D.Lgs. in commento che, nel disciplinare il procedimento, prevede espressamente che al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro Avvocati, a dimostrazione che la parte non può evitare di presentarsi davanti al mediatore inviando il proprio difensore.
    Nondimeno, la comparizione personale è compatibile con la delega, non sussistendo, come già osservato dal Tribunale impugnato, previsioni espresse in senso contrario e non rivestendo l’attività natura di atto strettamente personale, laddove, quando per la rilevanza della partecipazione ad alcuni momenti processuali o per l’attribuzione di un particolare valore alle dichiarazioni rese, la legge non ha ritenuto possibile la sostituzione, lo ha affermato espressamente (così l’art. 231 c.p.c. a proposito della risposta all’interrogatorio formale e l’art. 232 che fa discendere dalla mancata presentazione della parte a rendere interrogatorio conseguenze specifiche).
    La Cassazione si è quindi persuasa che la parte che intende iniziare l’azione (ma lo stesso dicasi
    dell’avversaria) che – per scelta o per impossibilità – non possa partecipare personalmente ad un incontro di mediazione, possa farsi sostituire da una persona a sua scelta, incluso il proprio difensore.
    Sennonché è parso imprescindibile il fatto che per poter validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte debba conferire simile potere mediante una procura che abbia quale specifico oggetto la partecipazione alla mediazione e che conferisca il
    potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto.
    Nulla di simile può dirsi attuato tramite una procura di molti anni antecedente l’insorgenza della lite e priva di alcun riferimento al procedimento di mediazione che, al tempo del rilascio, neppure era previsto dalla legge.
    Da questo punto di vista il delegato (…), presente al secondo incontro di mediazione, non può affatto ritenersi “un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia”,
    condizione che la Corte di Cassazione, nella decisione in commento, ha ritenuto imprescindibile come mutuato dal progetto della Commissione Alpa sulla riforma delle ADR all’art. 84.
    Invero gli ermellini hanno stigmatizzato il fatto che il potere di sostituire a sé altri nella partecipazione alla mediazione vada conferito con una procura sostanziale e speciale.
    Nell’ammettere che essa ben possa essere conferita al difensore, alcuna previsione di legge escludendolo,
    ha negato nondimeno la sufficienza della comune procura alle liti, ancorché accordata con facoltà di
    compiere ogni più ampio potere processuale (occupandosi anche della possibilità di autenticarne il
    contenuto, escludendo che a ciò sia bastevole il potere dello stesso legale).
    In conclusione, si è licenziato il seguente principio di diritto – nella specie inosservato – per cui “la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell’Avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista”.
    In altre parole, i superiori principi, ai fini di attuale interesse, possono essere così compendiati:
    – nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore;
    – nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l’assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale.
    Ad essi si aggiunge l’ulteriore per cui la condizione di procedibilità può ritenersi realizzata al termine del primo incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre.
    Ebbene, la sentenza impugnata non si è attenuta infatti ai principi di diritto sopra enunciati, ritenendo di poter soprassedere dalla mancata presenza della parte personalmente dinanzi al mediatore in quanto sostituita dal germano delegato del compimento di ogni attività gestoria relativa all’immobile locato.
    Ne consegue che, in riforma della sentenza impugnata, la domanda di (…) va dichiarata improcedibile.
  7. Con ulteriori motivi subordinati per il caso di mancato accoglimento dell’eccezione preliminare di
    improcedibilità, (…) ha impugnato la decisione nella parte in cui ha individuato la data a partire dalla quale il rapporto di locazione avrebbe avuto origine e, dunque, sarebbe venuto a naturale scadenza, insistendo sulnsuo assoggettamento all’art. 58 della legge n. 392/78.
    Ha poi censurato la decisione assunta dal primo giudice riguardo alla sua pretesa creditoria per le opere eseguite sull’immobile locato, dissentendo dalla tesi per cui non sarebbe risultato il consenso del locatore e per cui dubbia ne sarebbe anche la qualificabilità in termini di migliorie e addizioni.
    Ha quindi insistito sulla loro consistenza come opere di straordinaria manutenzione e, per tutte, ha in limine litis chiesto che le sia riconosciuto il diritto al rimborso, anche ai sensi dell’art. 1577 c.c. ovvero a mente dell’art. 1575 c.c., per avere ella atteso ad interventi che diversamente sarebbero spettati al locatore per rendere il bene idoneo all’uso contrattualmente pattuito.
    In via di ulteriore subordine ha chiesto applicarsi i principi della gestione di affari altrui da parte del
    conduttore in buona fede, ritenendo all’uopo utilizzabile il computo metrico allegato alla relazione di
    consulenza tecnica a firma del geom. (…), prodotta in atti, e ammissibile la prova orale articolata, a torto giudicata inammissibile.
    7.1. La disamina dei motivi è assorbita dall’improcedibilità dell’azione principale cui accedono.
    Ne restano travolte anche le questioni dedotte in via di eccezione circa l’improcedibilità della domanda riconvenzionale al tempo azionata dalla (…) sia per non avere ella dato corso al tentativo di mediazione sia per non avere, con la memoria integrativa che l’ha definitivamente
    formalizzata, domandato il differimento dell’udienza di discussione ai sensi dell’art. 418 c.p.c..
  8. In ragione della controvertibilità delle questioni di diritto dedotte su cui la Corte di Cassazione è
    intervenuta solo di recente, sussistono valide ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
    8.1. Non sussistono in ogni caso gli estremi per sanzionare con la lite temeraria le iniziative delle
    parti in grado di appello.
    P.Q.M.
    la Corte di Appello di Napoli – II sezione civile, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto e tra le parti ivi indicate, così provvede:
    – accoglie l’appello proposto da (…) e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale di Avellino n.1977/2019 pubblicata in data 29 ottobre 2019,
    – dichiara improcedibile la domanda avanzata da (…), con assorbimento delle ulteriori richieste;
    – compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
    Così deciso alla pubblica udienza del 23 settembre 2020

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