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24.01.2019 – Verona – Vaccari

Tribunale di Verona
Sezione III Civile
Il Tribunale, in persona del Giudice Unico Massimo Vaccari
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al N. 9964/2016 R.G. promossa da:
BERGAMELLI STEFANO (C.F. BRGSFN69A17A794Y) rappresentato e difeso
dall’avv. l’Avv. Riccardo Cammarata del foro di Milano con indirizzo di p,e.c
riportato nella comparsa di costituzione depositata in data 26 gennaio 2017
ATTORE
contro
BANCO BPM S.P.A., (c.f. e p.iva 09722490969), quale successore di
POPOLARE SOCIETÀ COOPERATIVA (GIÀ CREDITO BERGAMASCO S.P.A.
C.F. 03700430238) rappresentata e difesa dall’avv. SALETTI ACHILLE e , del
foro di Verona con indirizzo di p.e.c. riportato in comparsa di costituzione e
risposta;
CONVENUTA
CONCLUSIONI
PARTE ATTRICE
Come da verbale di udienza dell’11 ottobre 2018
PARTE CONVENUTA
Come da verbale di udienza dell’11 ottobre 2018
RAGIONI DELLA DECISIONE
Enrico Bergamelli ha convenuto in giudizio davanti a questo Tribunale il Banco
Popolare Società Cooperativa per sentir accogliere le conclusioni di merito di cui in
epigrafe in relazione ad una serie di contratti finanziari, meglio individuati in atto di
citazione, che aveva concluso il 21.12.2011 con il Credito Bergamasco S.p.a. al quale
era poi succeduto il succitato istituto di credito.
A sostegno della domanda di nullità dei contratti quadro di negoziazione, e dei
collegati contratti di consulenza per la prestazione dei servizi di investimento che
aveva concluso, l’attore ha dedotto che essi erano stati sottoscritti esclusivamente da
lui e non anche dall’istituto di credito.
L’attore ha anche assunto che il credito Bergamasco, nell’ambito di tali rapporti,
aveva violato gli obblighi informativi imposti dall’art. 21 TUF e dagli artt. 39, 40, 41, 42
e 43 Regolamento Consob 16190/2007 e, comunque, più in generale, le regole di
buona fede e correttezza poiché:

  • non aveva acquisito, al momento della stipulazione degli accordi quadro,
    attraverso l’apposito questionario MIFID, le informazioni su di lui, necessarie per
    valutare l’adeguatezza/appropriatezza delle operazioni d’investimento che sarebbero
    state effettuate sulla base di quei contratti;
  • solo in data 25 giugno 2012 aveva fatto sottoscrivere ad esso attore un
    questionario MIFID, contenente però informazioni non veritiere o generiche;
  • le singole operazioni finanziarie che l’intermediario aveva effettuato di sua
    iniziativa in virtù degli accordi quadro del 21 dicembre 2011 erano state inadeguate
    sotto plurimi profili e, segnatamente, con riguardo al limite dimensionale e al dovere
    di diversificazione degli investimenti, poichè essi si erano concentrate su un’unica
    tipologia di strumento finanziario (opzioni sull’indice MIB) e perché buona parte dei
    titoli utilizzati a supporto dell’attività in derivati, nel periodo compreso tra il 2011 ed il
    2013, era stata rappresentata da prodotti riferibili al Banco Popolare, e precisamente
    da obbligazioni “Zero-Coupon” emesse dal Banco Popolare e aventi scadenza 2017.
    L’attore infine ha lamentato di non essere informato dall’intermediario dei costi e
    degli oneri connessi alla prestazione dei servizi, in contrasto con il disposto dell’art.
    32 del Regolamento.
    Banco BPM S.p.a. si è costituito in giudizio e ha resistito alle domande avversarie
    assumendone l’infondatezza con diffuse e puntuali deduzioni soprattutto in punto di
    fatto.
    Ciò detto con riguardo agli assunti delle parti è necessario innanzitutto chiarire
    quali siano i rapporti intercorsi tra le parti, trattandosi di profilo tra loro controverso.
    L’attore ha infatti dedotto di aver stipulato il 21.12.2011 con il Credito Bergamasco i
    seguenti rapporti:
    A) due contratti per servizi di negoziazione, esecuzione, ricezione, trasmissione
    ordini e collocamento identificati ai n. 6000162992 e 6000162993 (doc. 2 e 3);
    B) due contratti per servizi di consulenza abbinati ai servizi di cui sopra con n.
    6000162992 e 6000162993 (doc. 4 e 5);
    C) due contratti per deposito titoli individuati con i n. 92816333 e 92816334 (doc. 6
    e 7);
    D) un contratto per l’apertura del conto corrente di corrispondenza n. 9055 (doc. 8);
    E) due contratti per depositi speciali vincolati individuati con i n. 92816333/900 e
    92816334/900 (doc. 9 e 10);
    F) due atti integrativi per l’operatività in strumenti finanziari derivati ammessi alle
    negoziazioni in un mercato regolamentato
    A ben vedere però i contratti di cui ai precedenti punti da A a C costituiscono due
    serie di contratti tra loro collegati (contratto per ricezione e trasmissione ordini,
    contratto per servizi di consulenza e contratti per deposito titoli). Infatti, come ha
    precisato e comprovato la convenuta, i documenti 2, 4 6 di parte attrice sono parti di
    un unico contratto, prodotto sub 6 dall’istituto di credito, e i documenti 3, 5 e 7 del
    Bergamelli sono parte di un altro contratto, prodotto sub 7 dalla convenuta.
    Si noti ancora che i due distinti contratti di vincolo, ciascuno dei quali relativi ad
    uno dei due dossier, furono conclusi per assicurare al Bergamelli l’operatività in
    derivati che intendeva realizzare, come da lui dichiarato nella lettera prodotta sub 11
    dalla convenuta.
    L’attore ha anche menzionato, nella parte espositiva, dei rapporti contrattuali
    risalenti al mese di aprile 2012 (contratto per il servizio di negoziazione, esecuzione,
    ricezione, trasmissione ordini e collocamento identificato con n. 6000169296;
    contratto per servizio di consulenza abbinato al servizio di cui sopra; contratto per
    l’apertura di un conto corrente di corrispondenza individuato con n. 55240; contratto
    per l’apertura di un conto di deposito titoli indentificato con n. 92822647), sebbene
    non abbia avanzato domande di sorta con riguardo ad essi, ma abbia lamentato, in
    maniera invero alquanto inverosimile, di non aver mai compreso la necessità di essi.
    Orbene, la convenuta ha spiegato e documentato (cfr. pagg. 13 e 14 della
    comparsa di costituzione e risposta) come essa dovesse ricollegarsi alla fideiussione
    rilasciata dal Bergamelli in favore di sua madre senza che l’attore contestasse tali
    deduzioni.
    Ciò chiarito, in punto di fatto, le domande attoree sono tutte infondate e vanno
    pertanto rigettate.
    Per quanto attiene alla doglianza relativa alla nullità dei contratti quadro essa va
    decisamente disattesa, poiché, a prescindere dalle pur condivisibili repliche in punto
    di fatto della convenuta, non tiene conto del recentissimo insegnamento della
    Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza 16/01/2018 n° 898) secondo
    il quale “Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di
    investimento, disposto dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, è rispettato ove sia
    redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è
    sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione
    anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di
    comportamenti concludenti dallo stesso tenuti”.
    Quanto poi alla consegna dei documenti l’attore non ne ha lamentato l’omissione e
    in ogni caso essa non costituisce requisito di validità del contratto, come si evince
    dallo stesso art. 23 t.u.f , che ricollega la conseguenza della invalidità al solo difetto
    del testo scritto e non anche a quello della consegna di esso.
    Non pare a chi scrive che la pronuncia delle Sezioni Unite abbia inteso porsi in
    contrasto con tale chiaro disposto normativo specie se si considera che la sua
    articolata motivazione è incentrata sulla valorizzazione della funzione informativa che
    assolve il requisito formale e rispetto alla quale la consegna all’investitore del
    documento da lui sottoscritto nulla aggiunge, dal momento che si colloca
    necessariamente in un momento successivo alla conclusione dell’accordo e può
    tutt’al più essere fonte di responsabilità per l’intermediario.
    La conclusione in ordine alla piena validità dei contratti quadro per cui è causa
    consente di disattendere anche buona parte degli ulteriori assunti di parte attrice, a
    cominciare da quello in ordine al tipo di valutazione che competeva alla convenuta
    sulle operazioni dell’attore.
    Sul punto giova rammentare che la valutazione che l’intermediario, sulla base delle
    informazioni fornite dai clienti, deve compiere nell’interesse degli stessi, al momento
    dell’offerta dei singoli servizi, è diversa a seconda che egli fornisca “servizi di
    consulenza in materia di investimenti e di gestione di portafogli” o “servizi diversi da
    quelli di consulenza in materia di investimenti e di gestione di portafogli”.
    Infatti con riguardo ai primi, l’intermediario è tenuto a compiere una valutazione di
    “adeguatezza” della specifica operazione consigliata o realizzata, sulla base di tutti i
    parametri indicati alle lett- da a) a c) del primo comma dell’art. 40 del Regolamento
    n.16190/2007, ovvero la sua corrispondenza agli obiettivi di investimento del cliente e
    la sua sostenibilità finanziaria nonché la sua conformità al grado di
    esperienza/conoscenza dei rischi inerenti all’operazione del cliente stesso.
    Con riguardo agli altri servizi per cui non è prestata consulenza, l’Intermediario è
    chiamato solo a svolgere la valutazione di “appropriatezza”, prevista dagli art. 41 e 42
    del Regolamento n. 16190/2007, consistente nel verificare – sulla base delle
    informazioni fornite dallo stesso cliente – che questi “abbia il livello di esperienza e
    conoscenza necessario per comprendere i rischi che lo strumento o il servizio di
    investimento offerto o richiesto comporta”.
    Nel caso di specie i contratti di negoziazione titoli stipulati in data 21 dicembre
    2011 escludevano espressamente – p er i clienti accreditati con Banca Aletti, come
    l’attore – qualsiasi attività di consulenza “in relazione a operazioni aventi ad oggetto
    strumenti finanziari derivati ammessi alla quotazione in un mercato regolamentato”
    (cfr. p. 37 dei docc. 6 e 7 di parte convenuta) e, di conseguenza, prevedevano che,
    per le predette operazioni la Banca, avrebbe effettuato non già la valutazione di
    adeguatezza ma quella di appropriatezza giacchè avrebbe verificato, sulla base delle
    informazioni fornite dal cliente, che lo stesso avesse il livello di esperienza e
    conoscenza necessari per comprendere i rischi che lo strumento finanziario prescelto
    avrebbe comportato (v. docc. 6 e 7, p. 14).
    Orbene, la convenuta ha dimostrato che il Credito Bergamasco aveva effettuato
    tale tipo di verifica, acquisendo le informazioni a ciò necessarie dall’attore anche
    tramite una sua adeguata profilatura, in almeno due occasioni.
    Sul punto può senz’altro convenirsi con la difesa attorea che la convenuta non ha
    dimostrato di aver consegnato al Bergamelli un questionario di profilatura al
    momento della stipulazione dell’accordo quadro, non potendosi ritenere sufficiente
    a tal fine la dichiarazione resa in tale senso dall’attore nel corpo del contratto, in
    difetto della prova di quale fosse stato il documento in questione.
    Va peraltro evidenziato che nel primo estratto conto titoli successivo alla
    stipulazione dei contratti del 21 dicembre 2011, ossia quello al 31 dicembre 2011 (si
    tratta del doc. 8 di parte convenuta), erano state riportate alcune annotazioni che
    dimostrano che l’intermediario aveva proceduto a valutare le caratteristiche di
    investitore del Bergamelli.
    Infatti, il suo obiettivo investimento, era stata indicato nella crescita nel mediolungo, con variabilità nel breve-medio; mentre gli era stato attribuito un livello di
    esperienza approfondito, un orizzonte temporale medio lungo e la conoscenza
    anche di prodotti // Derivati quotati (ad esempio covered warrant, opzioni, future).
    Risulta anche comprovato che un questionario Mifid venne compilato e
    sottoscritto dall’attore al momento di instaurare un rapporto di investimento con
    Banca Aletti (cfr. doc. 4 di parte convenuta) ed esso era sicuramente utilizzabile dal
    Credito Bergamasco ai fini di cui agli artt. 39, c. 5, e 40 del Regolamento MIFID,
    alla luce delle linee guida CONSOB circa gli obblighi di valutazione di adeguatezza
    e appropriatezza, richiamate dalla difesa della convenuta in comparsa
    conclusionale. Ancora, non va trascurato che Banca Aletti ha operato anche in
    relazione ai rapporti per cui è causa, quale delegato del Credito Bergamasco in virtù
    di due distinte lettere di accreditamento del 3 gennaio 2012 (cfr. docc. 12-13 della
    convenuta) cosicchè fu il soggetto che in concreto dovette tener conto di quella
    informativa proveniente da lei stessa.
    In ogni caso poi non va sottaciuto che il Bergamelli, come da lui stesso
    ammesso, il 25 giugno 2012 compilò e consegnò al Credito Bergamasco un
    questionario Mifid (evidentemente si trattava dell’aggiornamento del precedente)
    che risulta di contenuto identico al predetto.
    L’attore lo ha contestato sostenendo che era generico senza però tener conto
    che esso corrispondeva a quello precedente e che conteneva diverse informazioni
    idonee a dar conto del suo livello di esperienza e conoscenza di strumenti finanziari
    anche rischiosi.
    Al contempo il Bergamelli ha assunto che “le dichiarazioni in esso
    contenute…sono il risultato di una mera compilazione effettuata dalla stessa banca,
    ossia dal funzionario preposto che, di fatto, ha concluso i contratti” senza però
    disconoscerne formalmente il contenuto e senza avanzare richieste istruttorie a
    sostegno del proprio assunto.
    Si noti che i documenti sopra citati sono tra loro coerenti nel descrivere il
    Bergamelli come un investitore esperto, che conosceva strumenti finanziari
    complessi e rischiosi ed era incline ad investire in essi avendo un orizzonte
    temporale di medio-lungo periodo.
    Il complesso di queste caratteristiche, contrariamente a quanto sostenuto dalla
    difesa attorea, trova poi puntuale riscontro in una serie di dati oggettivi,
    opportunamente richiamati dalla convenuta e risalenti al periodo in cui furono
    stipulati i contratti per cui è causa, quali:
  • la circostanza, evincibile dalle contabili che la convenuta ha prodotto sub
    48, che l’attore aveva già operato in strumenti di quel tipo nell’anno 2010;
  • il preciso riferimento, contenuto nella relazione dei ct di parte attrice
    prodotta in atti dallo stesso attore (doc. 30), ad un “atto integrativo per l’operatività
    in strumenti finanziari derivati ammessi alle negoziazioni in un mercato
    regolamentato con capitale di riferimento di 2.250.000 euro e un numero massimo
    di operazioni in opzioni pari a 15.000”, sottoscritto dall’attore nell’ambito di una serie
    di rapporti da lui conclusi con Banca Aletti il 27 maggio 2013;
  • la circostanza che l’attore era socio o amministratore di numerosissime
    società, come dedotto dalla convenuta senza contestazione specifica dell’attore
    (cfr. la c.d. “scheda persona” prodotta sub 3 dalla convenuta).
    A contraddire tali concordi risultanze non possono valere né il titolo di studio del
    Bergamelli né l’ambito della sua attività imprenditoriale, pur richiamati dalla sua
    difesa, giacchè la conoscenza di strumenti finanziari complessi e rischiosi deriva
    soprattutto dalla esperienza operativa che nel caso di specie risulta conclamata.
    Alla luce di tale considerazione merita anche piena condivisione l’osservazione
    della convenuta secondo cui un soggetto classificato quale “cliente al dettaglio”,
    come lo è stato il Bergamelli, perché non possedeva i requisiti soggettivi per essere
    classificato come “cliente professionale privato” – ben può aver maturato quella
    specifica esperienza.
    Anche l’operatività conseguente alla conclusione dei contratti per cui è causa
    risulta pienamente coerente al quadro delle risultanze sopra esposte.
    Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dall’attore, l’istituto di credito non ha
    proceduto di sua iniziativa alle operazioni di investimento censurate ma in
    esecuzione di specifiche disposizioni impartitegli dal soggetto, tale Luigi Schettino,
    al quale l’attore aveva conferito procura ad operare sui due dossier a lui intestati.
    Il testo della procura era inequivoco nell’attribuire al delegato ampia operatività
    sui conti depositi poiché prevedeva, come evidenziato dalla convenuta tra l’altro la
    possibilità di: “impartire ordini di compravendita o sottoscrizione di strumenti
    finanziari (ivi compresi contratti su “derivati” ed altre operazioni finanziarie), senza
    eccezione alcuna, ove possibile anche soltanto verbalmente o telefonicamente”.
    E’ evidente poi che, una volta ritenuta fondata la valutazione di appropriatezza
    degli investimenti per cui è causa effettuata dall’intermediario, questo non era
    tenuto ad illustrare le loro caratteristiche, come invece sostenuto dalla difesa
    attorea.
    Con riguardo poi alla doglianza attorea relativa all’acquisto di obbligazioni “Zero
    Coupon” emesse dal Banco Popolare essa non tiene conto del fatto che quei titoli
    dovevano costituire una garanzia dai rischi nelle operazioni di investimento in
    derivati cosicchè la scelta di essi, anche se proposta dall’istituto di credito, doveva
    essere stata senz’altro condivisa dall’attore perché era funzionale all’operatività
    nelle altre più rischiose forme di investimento secondi.
    Sempre a quel fine il Bergamelli aveva espressamente autorizzato la Banca a
    spostare i titoli da un deposito all’altro, a seconda delle esigenze di copertura che si
    sarebbero manifestate di volta in volta (vedasi lettera del 5 gennaio 2012 prodotta
    sub 11).
    Deve anche evidenziarsi che in ogni caso erano titoli a basso ris chio e
    comunque assai meno rischiosi di quelli al quale l’attore era maggiormente
    interessato e che per di più, secondo quanto dichiarato dallo stesso attore, gli
    procurarono consistenti guadagni ed in particolare euro 155.192,00 i titoli detenuti
    sul conto n. 2822647 ed euro 1.999.497,00 i titoli detenuti sul conto n. 2822647.
    Infine anche l’assunto attoreo relativo alla mancata informativa circa costi e
    commissioni applicati alle operazioni effettuate è smentito dalle previsioni presenti
    nei contratti di apertura dei rapporti (si vedano i docc. 6-7, pp. 2, 14, 15 e 41) e nelle
    loro successive integrazioni (cfr. docc. 25-44, p. 2), poiché da tali documenti
    emerge che tutti i costi e le commissioni applicate sono sempre stati
    espressamente pattuiti tra le parti, essendo sati colà indicati.
    Venendo alla regolamentazione delle spese di lite esse vanno poste a carico
    dell’attore in applicazione del principio della soccombenza. Alla liquidazione delle
    somme spettanti a titolo di compenso si procede come in dispositivo sulla base del
    d.m. 55/2014.
    In particolare il compenso per le fasi di studio ed introduttiva può essere
    determinato assumendo a riferimento i corrispondenti valori medi di liquidazione
    previsti dal succitato regolamento mentre quello per le fasi istruttoria e decisionale
    va quantificato in una somma pari ai corrispondenti valori medi di liquidazione,
    ridotti del 50 %, alla luce della considerazione che la prima è consistita nel solo
    deposito delle memorie ex art. 183, VI comma, c.p.c.. e nella partecipazione a due
    udienze mentre nella fase decisionale le parti, in difetto di risultanze istruttorie,
    hanno ripreso le medesime argomentazioni che avevano già svolto in precedenza.
    Sull’importo riconosciuto a titolo di compenso alla convenuta spetta anche il
    rimborso delle spese generali nella misura massima consentita del 15 % della
    somma sopra indicata.
    La convenuta va condannata al pagamento della sanzione di cui all’art. 8,
    comma 4 bis, d. lgs. 28/2010 poichè non ha partecipato al procedimento di
    mediazione senza giustificato motivo. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto nel
    presente giudizio dal suo difensore, dal verbale di mediazione dimesso dall’attore
    risulta che essa aveva ricevuto l’avviso di convocazione davanti al mediatore con
    congruo anticipo rispetto alla data del primo incontro, originariamente fissata (28
    giugno), e che in ogni caso tale incontro era stato differito al 19 luglio 2016, per
    consentire alla convenuta di parteciparvi, ottenendone però un riscontro negativo.

Il Giudice unico del Tribunale di Verona, definitivamente pronunciando ogni
diversa ragione ed eccezione disattesa e respinta, rigetta le domande dell’attore e
per l’effetto lo condanna a rifondere alla convenuta le spese del presente giudizio
che liquida nella somma di euro 25.639,50, oltre rimborso spese generali nella
misura del 15 % del compenso, Iva, se dovuta, e Cpa.
Condanna la convenuta al pagamento all’entrata del bilancio dello Stato della
somma di euro 1.686,00.
Verona 24/01/2019
il Giudice
Dott. Massimo Vaccari

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