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28.09.2017 – Roma – Moriconi

In NOME del POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE di ROMA SEZIONE Sez.XIII°
N. RG.76037-12
REPUBBLICA ITALIANA
Il Giudice dott. cons. Massimo Moriconi
nella causa tra
I.D. (avv.ti XXXX)
attrice

E
spa CASA di CURA A. – XXX (avv. XXX)
convenuta
E
AB(avv. ti XXX)
convenuto
E
spa A. Assicurazioni, spa U. Assicurazioni e spa G.I. in persona dei rispettivi legali
rappresentanti pro tempore (avv. XXX)
terze chiamate da spa CASA di CURA A.
E
spa Spa M.Assicurazioni in persona del legale rappresentante pro tempore
terza chiamata da spa CASA di CURA A.
contumace
E
spa Assicurazione M. in persona del legale rappresentante pro tempore (avv. XXX)
terza chiamata da AB
ha emesso e pubblicato, ai sensi dell’art. 281 sexies cpc, alla pubblica udienza del
28.9.2017 dando lettura del dispositivo e della presente motivazione, facente parte
integrale del verbale di udienza, la seguente

S E N T E N Z A
letti gli atti e le istanze delle parti,
osserva:
La motivazione che segue è stata redatta ai sensi dell’art.16-bis, comma 9-octies
(aggiunto dall’art. 19, comma 1, lett. a, n. 2-ter, D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito,
con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132) decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179,
convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 secondo cui gli atti
di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalita’ telematiche sono redatti
in maniera sintetica.
Poiché già la novella di cui alla l.. 18 giugno 2009, n. 69 era intervenuta sugli artt.132 cpc
e 118 att.cpc , prevedendo che la sentenza va motivata con una concisa e succinta
esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, occorre attribuire al nuovo
intervento un qualche significato sostanziale, che tale non sarebbe se si ritenesse che
l’innovazione ultima sia puramente ripetitiva – mero sinonimo- del concetto già
precedentemente espresso.
La necessità di smaltimento dei ruoli esorbitanti e le prescrizioni di legge e
regolamentari (cfr. Strasburgo 2) circa la necessità di contenere la durata della cause,
impongono pertanto applicazione di uno stile motivazionale sintetico che è stile più
stringente di previgente alla disposizione dell’art. 19, comma 1, lett. a, n. 2-ter,
d.l.83/2015.
*
-1- I fatti posti a base della domanda dell’attrice – La proposta del Giudice ex art.185
bis e la mediazione demandata ex art. 5 co.II° decr.lgsl.28/2010
La domanda dell’ attrice risulta fondata nei termini di seguito indicati.
I.D. esponeva di essersi sottoposta il 23.1.2007 a intervento chirurgico di addominoplastica mirante alla correzione di una dermatocalasi presso la casa di cura S. della spa
CASA di CURA A., eseguita in modalità libero professionale dal prof. AB, con esborsi di
€.6.800,00 al medico ed €.2.200,00 alla Casa di Cura A.
Lamentava l’attrice un netto peggioramento estetico della zona addominale all’esito
dell’intervento, in particolare per una vistosa cicatrice le cui estremità risultano mal
accordate con la cute circostante e per la perdita pressoché completa della fovea
ombelicale, con grave ricaduta psicologica ed esistenziale
Chiedeva pertanto il risarcimento dei danni sia non patrimoniali, nonché patrimoniali
(spese per l’intervento)
Si costituivano i convenuti spa CASA DI CURA A. ed il prof. AB contestando le domande
dell’attrice.
Ciascuno dei convenuti, provvedeva, previa richiesta al Giudice, a chiamare in causa la
propria assicurazione, come in epigrafe indicato.
In particolare la A.Assicurazioni spa si costituiva quale delegataria in forza di
convenzione A.I.O.P. in virtù della quale la garanzia assicurativa a favore della spa
CASA di CURA A. era così ripartita: spa A.Assicurazioni 40%, spa U. 40%, spa G.I. 10%,
Spa M.Assicurazioni10%
Le compagnie di assicurazione si difendevano, con eccezioni relative alla copertura
assicurativa, e contestando sia il merito
Il Giudice con ordinanza del 24.3.2016 così provvedeva:
Si ritiene che in relazione a quanto emerso allo stato degli atti le parti ben
potrebbero pervenire ad un accordo conciliativo:
in relazione alla specifica appagante allegazione di inadempimento
dell’attrice, le risultanze della consulenza tecnica, ben motivata, non sono
scalfite dalle osservazioni del CTP M.V. che introduce, inammissibilmente -sia
perché non è titolato a farlo non essendo avvocato e sia perché sarebbe
tardivo- , una deduzione mai esposta negli atti a ciò deputati, comparsa di
costituzione e 183 I° del prof. D.V. mentre le argomentazioni del CTP P.A.
integrano alcuni passaggi sbrigativi della CTU. Il Giudice, peritus peritorum,
prende in considerazione in questa sede una IP del 6% ed un monte spese
globale – da affrontare in futuro e in parte, non essendo la prestazione del
prof.D.V. inutiliter data tout court, da restituire- globale di €.6.000; si
applicano le tabelle per micropermanenti aumentate di un terzo in via di
personalizzazione; si devaluta e si applica rivalutazione ed interessi; si
considera una responsabilità propria della spa CASA di CURA A €.3.000 e di
€.15.000 a carico del prof.D.V.; con intervento in garanzia delle assicurazioni,
pro quota AIOP per la spa A.Assicurazioni, con eventuale carico del 10%, per la
contumace, su quelle costituite; e per l’intero, quota prof.D.V., per
l’Assicurazione M.; esclusa rivalsa
Infatti, considerati i gravosi ruoli dei giudici ed i tempi computati in anni per le
decisioni delle cause, una tale soluzione, che va assunta in un ottica non di
preconcetto antagonismo giudiziario, ma di reciproca rispettosa
considerazione e valutazione dei reali interessi di ciascuna delle parti, non
potrebbe che essere vantaggiosa per tutte.
In particolare si formula la proposta in calce sviluppata, che è parte integrante
di questa ordinanza.
Le parti potranno valutarne il contenuto ed anche alla luce delle considerazioni
di cui alla nota 1) ragionare sulla opportunità e convenienza di farla propria,
ovvero di svilupparla autonomamente.
Sotto tale ultimo profilo, vale a dire la possibilità che le parti, assistite dai
rispettivi difensori, possano trarre utilità dall’ausilio, nella ricerca di un
accordo, ed anche alla luce della proposta del giudice, di un mediatore
professionale di un organismo che dia garanzie di professionalità e di serietà, è
possibile prevedere, anche all’interno dello stesso provvedimento che contiene
la proposta del giudice, un successivo percorso di mediazione demandata dal
magistrato (alla quale non osta, come da risalente consolidata e nota
giurisprudenza di questo Giudice una precedente mediazione obbligatoria non
riuscita, attesa la radicale diversità di presupposti e contesto fra questa e
quella).
Alle parti si assegna termine fino alla data del 31.5.2016 per il raggiungimento
di un accordo amichevole sulla base di tale proposta.
Dalla eventuale infruttuosa scadenza del suddetto termine, decorrerà quello
dilatorio ulteriore di gg.15 per depositare presso un organismo di mediazione,
a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la
domanda di cui al secondo comma dell’art.5 del decr.lgs.4.3.2010 n.28; con il
vantaggio di poter pervenire rapidamente ad una conclusione, per tutte le
parti vantaggiosa, anche da punto di vista economico e fiscale (cfr. art.17 e 20
del decr.lgs.4.3.2010 n.28), della controversia in atto.
Le compagnie di assicurazioni dimostrano frequentemente remore a
partecipare al procedimento di mediazione.
Le ragioni sono le più varie, dalla generica sfiducia nell’istituto “mediazione” al
presunto usbergo dell’ “aver già dato” e/o dell’assenza di fondamento delle
altrui pretese, alla ritenuta necessità di un’istruttoria che solo il giudice può
disporre ed effettuare..
Nessuna di tali giustificazioni (che quanto alla prima ed alla seconda sono di
sicuro del tutto infondate ed errate), potrebbe essere esposta in questo caso.
In questo caso infatti non si tratta di mediazione obbligatoria bensì di
mediazione demandata.
E per di più GUIDATA dal giudice il quale:
a. individua con cura il momento della causa più idoneo per inviare le parti in
mediazione, in questo caso dopo l’espletamento della consulenza tecnica di
ufficio e la convocazione a chiarimenti del C.T.U.
b. espone sintetiche indicazioni motivazionali nel merito
c. disegna un preciso perimetro all’interno del quale le parti, gli avvocati ed il
mediatore possono condurre più utilmente la discussione e raggiungere con
più facilità un accordo
d. aggiunge un ulteriore grado di specificità con l’indicazione di una somma di
massima
e. invita il mediatore a formulare, se del caso, una specifica proposta che tenga
conto di quanto precede
Si sottolinea ulteriormente che la proposta del giudice è permeata in questa
fas e da un contenuto di equità.
Va infine avvertito che ai sensi e per l’effetto del secondo comma dell’art.5
decr.lgsl.28/’10 come modificato dal D.L.69/’13 è richiesta l’effettiva
partecipazione al procedimento di mediazione demandata, laddove per
effettiva si richiede che le parti non si fermino alla sessione informativa e che
oltre agli avvocati difensori siano presenti le parti personalmente; e che la
mancata partecipazione (ovvero l’irrituale partecipazione) senza giustificato
motivo al procedimento di mediazione demandata dal giudice oltre a poter
attingere, secondo una sempre più diffusa interpretazione giurisprudenziale,
alla stessa procedibilità della domanda, è in ogni caso comportamento
valutabile nel merito della causa.
Infine e se del caso, in conformità a quanto previsto dal Regolamento
dell’Organismo, il mediatore potrà, tenuto anche conto di quanto osservato in
nota 1, formulare una proposta ai sensi dell’art.11 decr.lgsl.28/10,
opportunamente tenendo conto di ogni circostanza del caso.
Viene infine fissata un’udienza alla quale in caso di accordo le parti potranno
anche non comparire; viceversa, in caso di mancato accordo, potranno,
volendo, in quella sede fissare a verbale quali siano state le loro posizioni al
riguardo, anche al fine di consentire l’eventuale valutazione giudiziale della
condotta processuale delle parti ai sensi degli artt.91 e 96 III° cpc.
P.Q.M.
 INVITA le parti (compresa la spa M. Assicurazioni, contumace alla quale
sarà notificata dall’attrice la convocazione con espresso invito a presentarsi) a
raggiungere un accordo conciliativo/transattivo sulla base della proposta che
il Giudice redige in calce; concedendo termine fino alla data del 31.5.2016;
 DISPONE che le parti, in caso di mancato raggiungimento dell’accordo,
procedano alla mediazione della controversia;
 INVITA i difensori delle parti ad informare i loro assistiti della presente
ordinanza nei termini di cui all’art.4, co.3° decr.lgsl.28/2010, e specificamente
della necessità di partecipare effettivamente e di persona, assistiti dai
rispettivi avvocati, al procedimento di mediazione;
 INFORMA le parti che l’esperimento del procedimento di mediazione è
condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’art.5, co.2° e che ai
sensi dell’art.8 dec.lgs.28/10 la mancata partecipazione senza giustificato
motivo al procedimento di mediazione comporta le conseguenze previste dalla
norma stessa; nonché dall’art.96 co. III° cpc;
 FISSA termine dilatorio fino al quindicesimo giorno dalla scadenza del
primo termine indicato supra per depositare presso un organismo di
mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi
proceda, la domanda di cui al secondo comma dell’art.5 del dec.lgs.28/10;
 RINVIA all’udienza del 13.2.2017 h.9,45 per quanto di ragione.-
PROPOSTA FORMULATA DAL GIUDICE AI SENSI DELL’ART.185 BIS CPC
Il Giudice,
letti gli atti del procedimento,
ritenutolo opportuno,
P R O P O N E
il pagamento a favore di I.D. ed a carico del prof. AB (e per esso della spa
Assicuratrice M.) della complessiva somma di €.15.000,00 e della spa CASA di
CURA A. (e per essa delle assicurazioni AIOP per le rispettive quote) della
complessiva somma di €.3.000,00; oltre ad €.8.000,00 più accessori per
compensi di avvocato (dell’attrice) oltre IVA CAP e spese generali e di (prima)
mediazione, nonché della consulenza tecnica di ufficio, nelle stesse
proporzioni.-
La spa Assicurazione M. non partecipava al procedimento di mediazione assumendo
che la polizza è inoperativa sia per la violazione del combinato disposto di cui agli
artt.1892 cc e 17 del contratto, sia alla luce del fatto che tra il prof. AB e la Casa di Cura
intercorreva un rapporto di lavoro come provato dall’art. prodotto sub 3, con la
conseguente inoperatività della polizza ex art. 16 del contratto (così a verbale di
udienza del 13.2.2017)
La proposta del Giudice veniva invece accettata dalle restanti parti, e nel corso del
procedimento di mediazione al quale partecipavano oltre l’attrice, il prof. AB, la spa
A.S.S.A. e la spa A. Assicurazioni n.q. l’attrice riceveva la somma di €.6.169,92.
Va pertanto dichiarata cessata la materia del contendere relativamente alle domande
dell’attrice nei confronti di spa CASA di CURA A. e indirettamente contro
spaA.Assicurazioni n.q (e le altre compagnie associate in coassicurazione mediante
convenzione A.I.O.P., convenute)
Ferma restando la domanda di manleva della spa CASA di CURA A. nei confronti del
prof.AB ed indirettamente della sua assicurazione.
La causa deve essere pertanto decisa quanto ai rapporti I.D. – AB e AB- spa
Assicurazione M. nonché spa CASA di CURA A. – AB e AB- spa Assicurazione M.
-2- L’inadempimento del chirurgo plastico
Trattandosi di inadempimento di una obbligazione contrattuale ed essendo pacifica
l’esistenza del rapporto e l’esecuzione della prestazione, incombeva al medico
chirurgo dimostrare di avere adempiuto esattamente.
Con tale premessa l’accoglimento delle domande di I.D. deriva dalle seguenti
concorrenti circostanze e conclusioni:
 le risultanze appaganti e convincenti della consulenza dei due medici (medico
legale e specialista chirurgo plastico) nominati dal Giudice. In particolare è stato
condivisibilmente accertato, esaminando la posizione della cicatrice che l’incisione
chirurgica è stata eccessivamente alta e quanto al neo-ombelico l’inappropriatezza
dell’incisione e dell’ancoraggio ai piani profondi. Tale è il macroscopico
peggioramento dell’aspetto dell’area interessata dagli interventi che il consulente
del prof. AB, con evidente autogoll, si è interrogato se un così pessimo risultato
non sia derivato da ulteriori interventi eseguiti medio tempore da I.D., evenienza,
come già rilevato dal Giudice nella riportata ordinanza, che oltre che del tutto
apodittica, non è stata eccepita neppure da chi (la difesa del AB) che unicamente
aveva titolo per farlo (sic)
 il risultato “normale” che in questo caso era esigibile e possibile conseguire non è
stato attinto per imperizia del medico (nei dettagli pag.10 della C.T.U.);
affermabile con certezza (senza ricorrere al criterio residuale del più probabile che
non) non essendo state mosse specifiche censure al contenuto, in parte qua, della
relazione medica d’ufficio;
 la mancata partecipazione alla mediazione demandata dal Giudice
dell’Assicurazione M, che ha svolto una difesa improntata anche alla
contestazione del merito della controversia, (arg. ex art. 116 cpc in relazione
all’art.8 decr. lgsl.28/2010) 1

1
La mancata partecipazione al procedimento di mediazione (obbligatoria o demandata), senza che ricorra
una valida giustificazione costituisce condotta grave perché idonea a determinare la introduzione o
l’incrostazione di una procedura giudiziale (evitabile) in un contesto giudiziario, quello italiano, saturo nei
numeri e smisuratamente dilatato nella durata dei giudizi.
Quanto alla possibilità di valorizzare, nel processo, come argomento di prova a sfavore di una parte
determinate condotte della stessa (nella specie la mancata comparizione in mediazione, senza giustificato
motivo, della parte convocata) si confrontano nella giurisprudenza due diverse opinioni.
Secondo una prima tesi la decisione del giudice non può essere fondata esclusivamente sull’art. 116 c.p.c.,
cioè su circostanze alle quali la legge non assegna il valore di piena prova, potendo tali circostanze valere
in funzione integrativa e rafforzativa di altre acquisizioni probatorie.

Secondo altra opinione non vi è alcun divieto nella legge affinché il giudice possa fondare solo su tali
circostanze la sua decisione, valendo come unico limite quello di una coerenza e logica motivazionale in
relazione al caso concreto.
È espressione della prima teoria l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui “la norma
dettata dall’art. 116 comma 2 c.p.c., nell’abilitare il giudice a desumere argomenti di prova dalle risposte
date dalle parti nell’interrogatorio non formale, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni da
esso ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo, non istituisce un nesso di
conseguenzialità necessaria tra eventuali omissioni e soccombenza della parte ritenuta negligente, ma si
limita a stabilire che dal comportamento della parte il giudice possa trarre ‘argomenti di prova’, e non
basare in via esclusiva la decisione, che va comunque adottata e motivata tenendo conto di tutte le altre
risultanze” (fra le tante Cassazione civile, sez. trib., 17/01/2002, n. 443).
La norma in questione merita senz’altro una maggiore utilizzazione anche se a differenza di altri casi in cui da una determinata circostanza è consentito ritenere provato tout court il fatto a carico della parte che tale circostanza subisce, in questo caso la legge prevede che il giudice possa utilizzarla per trarre dalle circostanze valorizzate “argomenti di prova”.
La norma dell’art.116 c.p.c. viene richiamata dal legislatore della mediazione (art.8 decr. lgs. cit.)
nell’ambito della ricerca ed elaborazione di una serie di incentivi e deterrenti volti a indurre le parti, con la
previsione di vantaggi per chi partecipa alla mediazione e di svantaggi per chi al contrario la rifugge, a
comparire in sede di mediazione al fine di pervenire a un accordo amichevole che prevenga o ponga fine
alle liti
Ciò sul presupposto che le statistiche ufficiali dimostrano incoraggianti percentuali di successo in presenza della comparizione della parte convocata
Ne consegue che, tali essendo le finalità del richiamo dell’art.116 c.p.c nel decr. lgsl. 28/10, equivarrebbe
a tradire l’intento del legislatore, svalutare la portata di tale norma considerandola una mera e quasi
irrilevante appendice nel corredo dei mezzi probatori istituiti dall’ ordinamento giuridico.
Va considerato che nell’attuale situazione, affetta da una endemica ed apparentemente insuperabile crisi
nei tempi di risposta alla domanda di giustizia, causata dalla imponente mole di cause iscritte nei tribunali
e delle corti; e viste le sempre più gravi conseguenze sociali, economiche e di immagine anche
internazionale, derivanti dal ritardo nella definizione dei processi, sia necessario rivalutare, senza
forzature ma con fermezza, ciò che è previsto da una norma (l’art.116 cpc) tuttora vigente ma un pò
desueta.
È necessario tuttavia fissare delle regole precise al riguardo.
Deve essere ben chiaro in primo luogo che giammai la mancata comparizione in sede di mediazione potrà costituire argomento per corroborare o indebolire una tesi giuridica, che dovrà sempre essere risolta esclusivamente in punto di diritto.
A favore o contro la parte non comparsa in mediazione.
Ed infatti lo strumento offerto dall’art. 116 c.p.c. attiene ai mezzi che il giudice valuta, nell’ambito delle
prove libere (vale a dire dove si esplica il principio del libero convincimento del giudice precluso in
presenza di prova legale ) ai fini dell’accertamento del fatto.
L’argomento di prova appartiene all’ampio armamentario degli strumenti utilizzati dal giudice in un
ambito in cui non opera la prova diretta, vale a dire quella dove si ha a disposizione un fatto dal quale si
può fondare direttamente il convincimento.
Nel processo di inferenza dal fatto al convincimento l’argomento di prova ha la stessa potenzialità
probatoria indiretta degli indizi.
E come le presunzioni semplici ha come stella polare il criterio della prudenza (art. 2729 c.c.) che deve
illuminarne l’utilizzo da parte del giudice.
Ciò detto si ritiene di poter affermare che la mancata comparizione della parte regolarmente convocata,
come nel caso in esame, davanti al mediatore costituisce di regola elemento integrativo e non decisivo a
favore della parte chiamante, per l’accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non
comparsa.
Con ciò non si intende svalorizzare quella giurisprudenza della Suprema Corte che ha ritenuto che l’effetto previsto dall’art. 116 c.p.c. può – secondo le circostanze – anche costituire unica e sufficiente fonte di prova (Cassazione civile, sez. III, 16/07/2002, n. 10268, che così si esprime: Quanto a questa ultima norma –art. 116 c.p.c. n.d.r.- in particolare, essa attribuisce certo al giudice il potere di trarre argomento di prova dal comportamento processuale delle parti.
-3- I danni
Al fine di quantificare il danno, all’esito delle risultanze della consulenza di ufficio, il
Giudice, peritus peritorum, ritiene sussistente un danno permanente nella misura del
6% (superiore di due punti a quanto indicato nella relazione peritale d’ufficio,
dovendosi tenere conto della giovane età dell’attrice, 25 anni all’epoca del fatto,
23.1.2007, e delle afflittive conseguenze psicologiche derivanti a carico della stessa dal
visibile peggioramento estetico di una parte del corpo femminile che è usualmente
esposta e ben visibile allorché il corpo è scoperto, ad esempio ma non solo, nel
periodo estivo, ovvero nei rapporti intimi e personali).
La liquidazione del danno va effettuata applicando le tabelle ministeriali elaborate per
le micropermanenti
Ed invero la legge prevede che per i danni da collocare entro il tetto del 9% la
liquidazione va effettuata non in base alle tabelle dei tribunali ma alle calmierate e non
modulabili dal giudice (se non in maniera fissa e contenuta, aumento max 1/3)
micropermanenti, di cui ai decreti ministeriali emanati ai sensi delle disposizioni in
tema di RCA (cfr. art.3 comma terzo d.l.13.09.2012 n° 158 convertito dalla L.
189/2012)
L’attrice ha pertanto diritto al ristoro dei danni, anche morali, per il che si effettua una
liquidazione con un aumento del danno base (di cui all’ultimo decreto ministeriale con
il quale sono stati adeguati gli importi relativi al risarcimento del danno biologico di
lieve entità per lesioni fino a 9 punti di invalidità, c.d. lesioni micropermanenti)
considerate tutte le circostanze del caso, nella misura massima di legge (1/3); per
l’importo di €.9.941,00 non significa solo che il comportamento processuale della parte può orientare la valutazione del risultato di altri procedimenti probatori, ma anche che esso può da solo somministrare la prova dei fatti, Cass. 6 luglio 1998 n. 6568; 1 aprile 1995 n. 3822; 5 gennaio 1995 n. 193; 14 settembre 1993 n. 9514; 13 luglio 1991 n. 7800; 25 giugno 1985 n. 3800).
Ritiene infatti il giudice che secondo le circostanze del caso concreto gli argomenti di prova che possono
essere desunti dalla mancata comparizione della parte chiamata in mediazione ed a carico della stessa
nella causa alla quale la mediazione, obbligatoria o demandata, pertiene, possano costituire integrazione
di prove già acquisite, ovvero anche unica e sufficiente fonte di prova.
Alla luce di quanto precede, si ritiene che la radicale evidente assenza di un giustificato motivo alla
mancata partecipazione dell’Assicurazione alla mediazione demandata dal giudice, in forza del combinato
disposto degli artt. 8 co.IV° bis del decr. lgsl. 28/2010 e art. 116 c.p.c., concorra a ritenere raggiunta la
piena prova dell’inadempimento dell’assicurato che ha posto in essere una prestazione errata e dannosa
Considerata devalutazione, rivalutazione ed interessi (secondo i noti principi enunciati
dalla S.C. del 17.2.1995 n.1712 ) la somma risultante ammonta ad €.11.600,00
Spetta inoltre all’attrice il ristoro per il danno consistente per le spese inutilmente
erogate al medico che ammontano €.6.800,00 (somma che, incrementata mediante
rivalutazione ed interessi, ammonta ad €.7.940,00 )
Il prof. AB va quindi condannato al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di €.
19.540,00
Da tale somma va decurtata la somma di €.6.169,92 già percepita da I.D. in virtù
dell’accordo conciliativo attrice – spa CASA di CURA A. – spa A.Assicurazioni n.q. e
coassicuratrici
Sicché l’importo dovuto ammonta ad €.13.370,00
Attesa la domanda di regresso legittimamente esercitata dalla Casa di Cura contro il
medico, va dichiarato il diritto della spa CASA di CURA A. al rimborso della somma di
€.6.169,92, somma pagata a titolo del ristoro dei danni, dalla spa CASA DI CURA A.
all’attrice in esecuzione della proposta del Giudice.
Nei rapporti interni casa di cura-medico, non vi è dubbio infatti che sia il medico a
dovere subire il carico integrale della condanna: invero non è stata neppure
adombrata da alcuno un qualsivoglia profilo di colpa, sia di natura commissiva che
omissiva, a carico della struttura.
-4- La posizione dell’assicurazione del prof. AB, spa Assicurazione M.
L’Assicurazione M. ha mosso una serie di eccezioni infondate, per lo più di stile e
dilatorie, eccependo in particolare che

  1. fra la Casa di Cura A. ed il prof. AB intercorresse un rapporto di lavoro
    dipendente, con competenza del giudice del lavoro, e che comunque

2
implicante una condanna che, salva la vicenda conciliativa, sarebbe stata solidale della Casa di Cura e
del medico per i danni subiti dalla paziente, come da granitica e condivisa giurisprudenza della S.C.
3
quanto a spa Casa di Cura A. ammontano ad €.2.200,00, ma sono assorbite dall’avvenuta conciliazione

  1. il rapporto fosse di natura non libero professionale, ma quanto meno
    coordinato e continuativo (con competenza del giudice del lavoro),
  2. la domanda di manleva della casa di cura sarebbe inammissibile perché la
    struttura risponde per fatto proprio ed in via solidale con il medico,
  3. la polizza assicurativa apprestata dall’Assicurazione M. è a secondo rischio (art.
    16 contratto n.7770296647 che qualora l’attività del medico sia svolta
    all’interno di una struttura sanitaria tenuta egualmente in responsabilità la
    relativa garanzia si intende operante in secondo rischio oltre il massimale
    assicurato dall’Ente ovvero in mancanza di copertura assicurativa dell’Ente)
  4. il prof. AB dovrebbe beneficiare della polizza convenzione A.I.O.P. stipulata
    dalla spa CASA DI CURA A., sicché anche sotto questo punto di vista la garanzia
    dell’Assicurazione M. opererebbe in secondo rischio,
  5. sarebbe stato violato dal prof. AB il disposto degli artt.1892 e art. 17 condizioni
    generali di contratto in quanto il medico, avendo operato in data 23.1.2007
    I.D., avrebbe dovuto avere “sentore, alla data della stipula del contratto
    (23.1.2007) del verificarsi di un problema a lui imputabile” (testuale) benché a
    tale data non vi fosse stata alcuna diffida o messa in mora;
  6. ai sensi dell’art.18 lett.A delle condizioni generali del contratto non sono in
    garanzia i danni derivanti da chirurgia estetica non determinati da errore
    tecnico di intervento,
  7. ai sensi dell’art.18 lett.B delle condizioni generali del contratto la polizza non è
    operativa in mancanza di idoneo consenso informato
    Come detto, le eccezioni sollevate dalla compagnia assicuratrice non hanno
    fondamento.
    In particolare
  • nessuna delle parti che aveva titolo a farlo (attore e convenuti) ha messo in dubbio il
    rapporto di natura libero professionale fra il prof. AB e la clinica S . gestita dalla Casa
    di Cura A. (l’illazione dell’Assicurazione M., ispirata da un ritaglio di giornale (che
    notoriamente, nel’ambito di cui trattasi, ha mere finalità pubblicitarie, senza alcuna
    possibilità di valere al di là di un amena ed estemporanea lettura) vale per quello che
    chiunque può intendere, cioé zero; in realtà l’eccezione è platealmente priva di
    fondamento ed è stata sollevata strumentalmente dall’Assicurazione M. per
    sterilizzare la prevista inapplicabilità della copertura assicurativa A.I.O.P. che all’art. 2
    non comprende nella garanzia, come espressamente ricorda la stessa spa
    Assicurazione M. (pag.16 comparsa di costituzione), i rapporti libero professionali con
    la struttura;
  • la natura della obbligazione fra paziente e casa di cura- medico è stata costruita dalla
    giurisprudenza, in funzione rafforzativa della posizione del danneggiato, quale
    obbligazione soggettivamente complessa con prestazione indivisibile ad attuazione
    congiunta, il che significa soltanto, a differenza da quanto sembra opinare
    l’Assicurazione M., che nei rapporti fra il paziente e i convenuti (struttura e medico)
    sussiste responsabilità solidale di questi ultimi, fermo restando che i rapporti interni
    (regresso) fra struttura e medico sono regolati secondo le specifiche e concrete
    responsabilità e colpe; che nel caso di specie consentono di introdurre a pieno titolo
    l’azione di rivalsa dell’CASA di CURA A., posto che nessuna condotta colposa è stata
    neppure allegata (ed all’evidenza non sussiste) quanto alla Casa di Cura, con la
    conseguenza che la spa CASA di CURA A. ha l’incontestabile diritto di rivalsa per il
    100% nei confronti del medico; con quanto ne consegue a carico dell’Assicurazione M.,
    -la quale, di conseguenza (così va interpretato l’ambiguo testo dell’art.16 n.2 delle
    condizioni generali del contratto) deve garantire NON a secondo rischio l’attività per la
    quale il prof. AB ha stipulato un’onerosa (circa €.6.000,00 l’anno) polizza assicurativa
    per la sua attività di chirurgo plastico (mentre la garanzia A.I.O.P. alla quale fa
    riferimento l’Assicurazione M. opera per le attività di impresa, nelle sue varie
    componenti e contenuti, per le quali dovesse essere chiamata a rispondere la struttura
    sanitaria)
    -non meno infondata è l’eccezione fondata sull’art. 1892 cc e sull’art.17 delle
    condizioni di contratto.
    L’assicurazione, consapevole che con il parametro dell’art. 1892 cc la garanzia sarebbe
    per lo più operante, ha cercato di restringere, surrettiziamente, il campo di operatività
    della stessa, inventando una curiosa clausola
    L’art.17 del contratto prevede infatti quanto segue:
    … per i fatti e/o i comportamenti anteriori alla stipula della polizza,
    l’assicurazione viene contratta limitatamente ed esclusivamente per le responsabilità in
    relazione alle quali l’assicurato non abbia ricevuto alla data di stipula, richiesta
    risarcitoria alcuna e se l’assicurato non abbia avuto percezione, notizia o conoscenza
    dell’esistenza dei presupposti di detta responsabilità.
    L’omessa percezione, notizia o conoscenza, per colpa, dell’ assicurato del fatto o del
    comportamento anteriore alla stipula della polizza esclude, al pari, l’operatività della
    copertura assicurativa. In tal senso ai fini di quanto previsto dall’art. 1892 cc,
    l’assicurato dichiara di non aver ricevuto alcuna richiesta di risarcimento in ordine a
    comportamenti colposi posti in essere prima della stipulazione del contratto e di non
    essere a conoscenza di alcun elemento che possa far supporre il sorgere e di un obbligo
    di risarcimento di danno a lui imputabile per fatto già verificatosi al momento della
    stipulazione del contratto e conferma di essere cosciente che l’inesattezza della
    dichiarazione ora resa comporta la decadenza dei diritti
    La clausola è in parte irrilevante ed in parte conclamatamente inefficace
    Irrilevante laddove è ripetitiva dell’art. 1892 cc.
    Infatti l’assicurato non aveva ricevuto alcuna denuncia di danni alla data della stipula
    del contratto di assicurazione (fatto pacifico).
    Per contro gli ulteriori parametri della clausola sono del tutto inapplicabili perché
    palesemente inconsistenti prima ancora che nulli.
    Una fondamentale regola di civiltà giuridica, che vale sia nell’ordinamento penale che
    in quello civile, impone la specificità e verificabilità empirica della condotta prescritta
    (e dedotta nel contratto) dalla cui violazione possano derivare conseguenze
    peggiorative per il soggetto il contraente (in questo caso l’assicurato)
    La formulazione della clausola è impresentabile e davvero indifendibile.
    Come si può pensare, in base ad un normale bagaglio di cognizioni giuridiche
    (moderne), che si possa validamente prevedere che il contraente sia sanzionato (con
    l’inefficacia della garanzia) se solo poteva supporre (testuale)….per non aver supposto
    (sic) e che il contratto non spieghi efficacia laddove il contraente abbia avuto
    percezione (testuale)..
    I processi alle intenzioni, ai modi di essere, agli stati di autore, et similia appartengono
    per fortuna al bagaglio sanzionatorio di trascorse epoche buie delle quali non si
    avverte alcuna nostalgia, in nessun ambito dell’ordinamento.
    Le clausole dell’art. 17 cc sono prive di valore perché non empiricamente verificabili,
    neppure attraverso processi indiziari. Nessun processo indiziario infatti potrà mai
    arrivare, sensatamente, a capo di nulla, se l’obiettivo da verificare empiricamente è la
    sussistenza di una possibile supposizione o addirittura la colpa per non aver supposto
    Tutto è infatti è supponibile.
    Anche che vi siano alieni sulla terra…
    La condotta del prof. AB, esaminata ex post, è risultata erronea e meritevole di
    valutazione e giudizio come tale.
    Vi è, piuttosto, da rilevare che ove l’assicurazione assicuri eventi NON FUTURI, ma
    passati, è inevitabile che si possano verificare una moltitudine di situazioni in cui quella
    clausola (che condiziona all’assenza del semplice sospetto e della mera percezione dei
    presupposti che possano fondare una richiesta di danni, l’efficacia della garanzia), si
    appalesa per quello che è, una finta garanzia, uno strumento efficacissimo ed
    implacabile per mettere fuori gioco praticamente ogni garanzia per fatti precedenti alla
    stipula
    La clausola è nulla perché confligge (sfavorevolmente per l’assicurato) in parte qua e
    per una declinazione non consentita della colpa (anche lieve), in relazione alla norma
    imperativa di cui all’art.1932 cc.
    Ai sensi del cpv dell’art.1932 cc le suddette clausole nulle sono sostituite di diritto dalla
    corretta ed esaustiva previsione di cui all’art. 1892 cc 4
    –infine, senza pregio sono le ulteriori eccezioni, ravvisandosi errore tecnico
    nell’operato del medico, fatto posto a base del riconoscimento della responsabilità e
    della condanna; e sussistendo sintetico ma sufficiente consenso informato,
    deducendosi dall’articolato rapporto instaurato fra la paziente ed il medico la prova
    certa dell’avvenuta somministrazione a I.D. di tutte le informazioni utili e necessarie

4
giurisprudenza costante di questo Giudice, ex multis sentenza RG 17051/12 del 23.2.2017 (tanto è vero che non è stata richiesta alcuna condanna risarcitoria del medico sotto
tale punto di vista)
Dalla somma di €.13.370,00 (al cui pagamento va condannato il prof. AB) va sottratto
l’importo di €. 6.800,00 ( gli onorari del medico non sono in garanzia) ed il 10% di
franchigia.
Residua la somma di €.5.910,00 a carico dell’Assicurazione.
La quale dovrà altresì provvedere alla manleva del medico in ordine al pagamento a
favore di spa Casa di Cura A. di €.5.552,00 , minor somma, per via della franchigia,
rispetto a quella al cui pagamento va condannato AB a favore della spa Casa di Cura A.
Le spese (che vengono regolate secondo le previsioni – orientative per il giudice che
tiene conto di ogni utile circostanza per adeguare nel modo migliore la liquidazione al
caso concreto- della l.24.3.2012 n.27 e del D.M. Ministero Giustizia 10.3.2014 n.55)
seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo
Inoltre la spa Assicurazione M. va condannata a tenere esente il prof. AB dagli esborsi
e dalle spese come in dispositivo specificato.
-3- La mancata partecipazione dell’Assicurazione alla mediazione demandata
disposta dal Giudice.
La condanna per responsabilità aggravata.
L’art. 96 dispone che:
I° se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o
colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al
risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza.
II° Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un
provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziaria, o iscritta ipoteca giudiziale,
oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata
condanna al risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente, che ha agito
senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma
precedente.
E per quel che qui interessa:
III° In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice,
anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore
della controparte, di una somma equitativamente determinata
La norma del terzo comma introdotta dalla l.18.6.2009 n.69 ed entrata in vigore dal
4.7.2009 ha cambiato completamente il quadro previgente con alcune importanti
novità:
 in primo luogo non è più necessario allegare e dimostrare l’esistenza di un
danno che abbia tutti i connotati giuridici per essere ammesso a risarcimento essendo
semplicemente previsto che il giudice condanna la parte soccombente al pagamento di
un somma di denaro ;
 non si tratta di un risarcimento ma di un indennizzo (se si pensa alla parte a
cui favore viene concesso) e di una punizione (per aver appesantito inutilmente il corso
della Giustizia, se si ha riguardo allo Stato), di cui viene gravata la parte che ha agito
con imprudenza, colpa o dolo;
 l’ammontare della somma è lasciata alla discrezionalità del giudice che ha
come unico parametro di legge l’equità per il che non si potrà che avere riguardo, da
parte del giudice, a tutte le circostanze del caso per determinare in modo adeguato la
somma attribuita alla parte vittoriosa;
 a differenza delle ipotesi classiche (primo e secondo comma) il giudice
provvede ad applicare quella che si presenta né più né meno che come una sanzione
d’ufficio a carico della parte soccombente e non (necessariamente) su richiesta di
parte;
 infine, la possibilità di attivazione della norma non è necessariamente
correlata alla sussistenza delle fattispecie del primo e secondo comma.
Come rivela in modo inequivoco la locuzione in ogni caso la condanna di cui al terzo
comma può essere emessa sia nelle situazioni di cui ai primi due commi dell’art. 96 e
sia in ogni altro caso. E quindi in tutti i casi in cui tale condanna, anche al di fuori dei
primi due commi, appaia ragionevole.
Benché non sia richiesto espressamente dalla norma, si ritiene dalla giurisprudenza
necessario anche il requisito della gravità della colpa.
Nel caso di specie è indubbia la sussistenza della gravità della colpa (se non del dolo,
inteso come volontaria e consapevole volontà di disattendere l’ordine del Giudice)
della spa Assicurazioni M. che non ha aderito alla convocazione in mediazione
La giurisprudenza richiede la sussistenza del dolo o della colpa grave poiché non è
ragionevole che possa essere sanzionata la semplice soccombenza, che è un fatto
fisiologico alla contesa giudiziale, ed è necessario che esista qualcosa di più rispetto ad
essa, esattamente come nel caso di specie.
La sussistenza di tali elementi soggettivi può essere riscontrata ricavandola da
qualsiasi indicatore sintomatico.
Nel caso in esame, in presenza di chiare circostanze che imponevano a tutta evidenza
di dismettere una posizione processuale di ostinata pregiudiziale e pervicace
resistenza, la condotta dell’Assicurazione M. che ha scelto deliberatamente quanto
ingiustificatamente di non aderire alla mediazione demandata dal Giudice, integra
certamente colpa grave se non dolo.
Che il mancato rispetto dell’ordine impartito dal Giudice ai sensi dell’art. 5 co.II° della
legge integri colpa grave (se non dolo) è indiscutibile, ampiamente motivato e
confermato dalla giurisprudenza, che si richiama, anche ai sensi dell’art.118 att. cpc ,
alle note cinque e sei 5
L’ammontare della somma deve essere rapportato :
a. allo stato soggettivo del responsabile. In questo caso, a fronte del chiaro
contenuto nell’ordinanza del 24.3.2016 vi è stata una volontaria scelta di
renitenza da parte dell’Assicurazione M. che, unica fra le altre parti in causa,
disponibili al dialogo, disattendendo il motivato e ragionevole invito del Giudice
di cercare di trovare un conveniente accordo, ha preferito portare la causa alle
estreme conseguenze, aggravando inutilmente il carico della Giustizia,
piuttosto che ragionare e discutere responsabilmente in sede conciliativa ;

5
b. alla qualifica ed alle caratteristiche del responsabile, persona fisica o giuridica
che sia, ed alla sua maggiore o minore capacità anche in termini organizzativi,
di preparazione professionale, culturale, tecnica, di assumere condotte
consapevoli (si tratta di un parametro che riguarda la scusabilità, ove esistente,
in misura maggiore o minore, della condotta censurata). In questo caso la
condotta dell’Assicurazione M., soggetto strutturato, consapevole e dotato di
elevata organizzazione, è grave e non è scusabile
c. alla forza ed al potere economico del responsabile, che secondo le circostanze
può abusare con la sua condotta del giudizio e del modo di gestirlo:
l’Assicurazione ha scelto di non rispettare l’ordine del Giudice confidando, sia
pure erroneamente, nella pochezza della sanzione economica prevista
espressamente dall’art.8 del decr.. lgs.28/2010) e quindi
d. alla necessità che in relazione alle caratteristiche del soggetto responsabile,
costituisca un efficace deterrente ed una sanzione significativa ed avvertibile
Per la concreta determinazione della somma si ritiene di adottare, quale valido
obiettivo ed equo parametro di riferimento, una somma di ammontare pari al
coacervo di quelle per le quali vi è condanna a carico della spa Assicurazione M.: ed
invero le conseguenze delle ingiustificata renitenza e l’applicabilità dell’art. 96 cpc
sono da tempo ubiqualmente note, pubblicate su ogni sorta di rivista cartacea ed on
line, e conseguentemente non sussiste neppure la ipotetica giustificabilità per una
supposta non conoscenza della conseguenza della condotta di cui trattasi, vale a dire
della scelta di latitanza dalla mediazione 6


“La controparte” di cui parla la norma (art. 96 co.III° cpc) va individuata, senza dubbio,
nel prof. AB, soggetto avverso il quale la spa Assicurazione M. ha scatenato tutte le sue
infondate contestazioni.
La sentenza è per legge esecutiva.-
P.Q.M.
definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione
respinta, così provvede:

  1. DICHIARA cessata la materia del contendere fra l’attrice e spa CASA di CURA A. e
    fra spa CASA di CURA A. e le assicurazioni spa A. Assicurazioni n.q., spa U.
    Assicurazioni, spa G.Italia e spa Spa M. Assicurazioni
  2. CONDANNA il prof. AB al risarcimento dei danni, che liquida in favore di I.D. nella
    somma di €. 13.370,00 oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo;
  3. CONDANNA il prof. AB al pagamento, in favore della spa CASA di CURA A. della
    somma di €.6.169,92
  4. DICHIARA la nullità della clausola art. 17 (in parte qua) del contratto di
    assicurazione AB- spa Assicurazione M.;
  5. CONDANNA la spa Assicurazione M. a manlevare il prof. AB per la somma di
    €.11.465,00;

  1. CONDANNA il prof. AB al pagamento delle spese di causa che liquida in favore di
    I.D. per compensi in complessivi €.10.000,00 oltre IVA, CAP e spese generali; oltre
    alle spese della consulenza di ufficio;
  2. CONDANNA il prof. AB al pagamento delle spese di causa che liquida in favore di
    spa CASA di CURA A. per compensi in complessivi €.5.000,00 oltre IVA, CAP e
    spese generali;
  3. CONDANNA la spa Assicurazione M. al pagamento delle spese di causa che liquida
    in favore del prof. AB per compensi in complessivi €.10.000,00 oltre IVA, CAP e
    spese generali;
  4. CONDANNA, inoltre, la spa Assicurazione M. a manlevare il prof. AB da ogni
    esborso di cui ai n.ri 6 e 7 ;
  5. CONDANNA ai sensi dell’art.96 co.III cpc, la spa Assicurazione M. al pagamento
    della somma di €.26.465,00 a favore del prof. AB;
  6. CONDANNA ex art. 8 co.4 bis decr.lgsl 28/10, la la spa Assicurazione M. al
    pagamento in favore dell’Erario di una somma pari al contributo unificato dovuto
    per il giudizio;
  7. SENTENZA esecutiva.-
    Roma lì 28.9.2017 Il Giudice
    dott.cons.Massimo Moriconi

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