REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI TREVISO
Sezione Terza Civile
in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Sonia Andreatta, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta a ruolo al n. 4881/2015 R.G. promossa P.XXXXXX D.XXX rappresentato e difeso dall’ avv. A.XXXXX F.XXXXX, attore –
contro
CONDOMINIO P.XXXXXXX , in persona dell’ amministratore pro tempore, rappresentato e difeso
dall’ avv. D.XXX C.XXXXX, – convenuto –
OGGETTO: Condominio – impugnazione di delibere assembleari Conclusioni per l’ attore: ” in via pregiudiziale di Rito: -previa revoca dell’ ordinanza 10.05.2017 del precedente G.I. di fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, rimettersi la causa in istruttoria, stante le riconosciute (nell’ ordinanza 9.1.2018) “ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva” con questo giudizio e la conseguente necessità di riunione a questa causa delle cause n. 4062/2016 R.G., 6042/2016 R.G. e 2761/2017 R.G.. In via preliminare di merito: – sospendersi ex art. 1137 c.c. gli effetti e l’efficacia delle delibere dell’assemblea del Condominio convenuto, adottate con le delibere assembleari di approvazione dei conti consuntivi e dei rendiconti di gestione ordinaria degli anni 2010/2011, 2011/2012, 2012/2013 e 2013/2014, perché illegittime ed affette da nullità assoluta; – rigettarsi tutte le istanze e domande preliminari del convenuto. ‘
Nel merito: -accertare e dichiarare la illegittimità e/o nullità assoluta e , in subordine, l’ annullabilità, in tutto o in parte, delle delibere delle assemblee dei condomini del Condominio P.XXXXXXX del 12 dicembre 2011, 18 gennaio 2013, 4 febbraio 2014 ed 8 aprile 2015, 8.XXXXX 2016 e 13 maggio 2016, di approvazione dei conti economici consuntivi e i rendiconti della gestione ordinaria degli anni suindicati dal 2010 al 2014, nonché di tutte le delibere assembleari di approvazione di altri conti consuntivi o preventivi presupposti, connessi, conseguenti e successivi alle suindicate delibere nulle, qualora accertate affette dal medesimo vizio di illegittimità e di nullità assoluta delle suindicate delibere; – condannare il Condominio P.XXXXXXX, ai sensi dell’ art. 8 co. 4 bis della L. 9.8.2013 n. 98, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio, non avendo partecipato, senza giustificato motivo, al procedimento obbligatorio di mediazione nr. 401/2015, instaurato dall’ attore in data 31.8.2015; -respingersi tutte le domande, anche riconvenzionali, del convenuto perché infondate. In ogni ipotesi: condannarsi il convenuto alla rifusione all’attore delle spese e competenze del giudizio. In via Istruttoria: disporsi C.T.U. contabile al fine di accertare l’ammontare, la correttezza e la congruità degli addebiti a carico dell’attore delle singole voci di spesa contestate nei conti economici e nei rendiconti di gestione, rispetto ai millesimi condominiali di sua spettanza, relativi agli anni 2010/2011, 2011/2012, 2012/2013, 2013/2014 e 2014/2015, approvati con le delibere assembleari condominiali impugnate sia in questo giudizio che nei giudizi R.G. A tal fine ordinarsi all’Amministratore Condominiale di esibire in giudizio tutta la documentazione giustificativa delle spese indicate nei conti economici consuntivi posti a fondamento degli addebiti indicati nei rendiconti di gestione. Ammettersi la prova per testi sui capitoli dedotti dall’ attore nelle memorie ex art. 183 co. VI n. 2 e 3 c.p.c., non ammessi con l’ordinanza 10.10.2016. Rigettarsi le istanze istruttorie del convenuto”. Conclusioni per il convenuto: “Voglia l’Ill. mo Tribunale adito, previa ogni più utile declaratoria del caso e di legge, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, anche in via Istruttoria ed incidentale, In via preliminare: -accertare e dichiarare, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 163 e 164 cod. proc. civ., la nullità dell’ atto di citazione, nella parte in cui l’ Attore ha impugnato “tutte le altre delibere assembleari con le quali vennero approvati eventuali altri conti consultivi e preventivi o altri atti presupposti o conseguenti alle suindicate delibere impugnate ” E, per l’effetto, dichiararsi l’inammissibilità dell’ atto medesimo, per le ragioni illustrate nella parte narrativa della comparsa di costituzione e risposta di data 16.10.2015 e degli scritti difensivi tutti del Condominio agli atti; Nel merito e in via riconvenzionale: -respingere ogni domanda svolta dall’ attore perché infondata, in fatto ed in diritto, per le ragioni illustrate nella parte narrativa degli scritti difensivi del Condominio agli atti; -accertare e dichiarare l’ inadempimento dell’ Attore all’ obbligo del pagamento delle spese e degli oneri condominiali inferenti gli anni di gestione dal 2010/2011 al 2014/2015 per i motivi tutti di cui agli scritti difensivi del Condominio agli atti e , per l’ effetto, in via principale: -condannare l’ Architetto P.XXXXXX D.XXX alle corresponsione in favore del condominio “P.XXXXXXX” dell’ importo complessivo di euro 30.258, 47 (trentamiladuecentocinquantotto/47) già detratto l’importo di euro 1.166, 00 (millecentosessantasei/00) versato a titolo di acconto dall’ Attore – o quella diversa misura, maggiore o minore, che risulterà di giustizia – , importo da maggiorarsi della rivalutazione monetaria e degli interessi sulle somme via via rivalutate dal dovuto al saldo effettivo; in via subordinata: – o di quella diversa misura, maggiore o minore, che risulterà di giustizia – , al netto dell’ importo contestato dall’ Attore di euro 17.556, 25 (di cui euro 6.915, 27 prescritto per le ragioni esposte negli scritti difensivi del Condominio in atti ) , e così per complessivi euro 19.617, 49 (diciannovemilaseicentodiciassette/49 ) , importo da maggiorarsi della rivalutazione monetaria e degli interessi sulle somme via via rivalutate dal dovuto al saldo effettivo; -condannare in ogni caso l’ Attore, ut sopra identificato, accertata e dichiarata la sussistenza dei presupposti applicativi di cui all’ art. 2041 del Codice Civile, al pagamento di quanto dovuto, a titolo di indennizzo per l’ indebito arricchimento ai danni del Condominio convenuto, quantificato nella complessiva somma di euro 6.593, 80 (seimilacinquecentonovantatre/80 ) , o di quella diversa misura, anche maggiore, che risulterà in corso di causa, importo da maggiorarsi di rivalutazione monetaria ed interessi sulle somme via via rivalutate dal dovuto al saldo effettivo. In ogni ipotesi: con vittoria di spese e competenze professionali del giudizio. In via Istruttoria: ove ritenuto necessario ai fini del giudizio, si reitera la richiesta di ammissione delle istanze istruttorie formulate nelle memorie ex art. 183, comma VI n. 2) e n. 3 ) c.p.c. depositate, rispettivamente, in data 07 gennaio 2016 e 27 gennaio 2016, opponendosi all’ ammissione delle istanze istruttorie ex adverso formulate per i motivi di cui alla ridetta memoria ex art. 183, comma VI, n. 3 ) e al verbale d’ udienza del 15 marzo 2016 in atti”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione datato 19/05/2015 P.XXXXXX D.XXX, quale proprietario di un appartamento e di un garage facenti parte del Condominio P.XXXXXXX sito in O (TV) Via XXXXX n. 10 e 13, ha adito l’intestato Tribunale lamentando la nullità e/o annullabilità della delibera assembleare dell’ 8/04/2015, della precedente delibera del 4/02/2014 nonché di tutte le altre delibere assembleari con le quali sono stati approvati eventuali altri conti consuntivi e preventivi o altri atti presupposti o conseguenti alle predette delibere impugnate.
A sostegno della proposta impugnazione l’attore ha affermato che la somma complessiva di euro 36.738, 54 risultante dal rendiconto della gestione ordinaria per gli anni 2013/2014, approvato con deliberazione assunta in data 8/04/2015, sarebbe stata erroneamente determinata poiché il Condominio: – gli avrebbe illegittimamente addebitato l’importo di euro 12.282, 68 ” a titolo di non meglio precisate spese legali”, in mancanza di un valido titolo esecutivo che ne legittimasse la pretesa e senza aver previamente costituito un apposito fondo per il recupero coattivo delle somme eventualmente dovute dall’ attore; – gli avrebbe illegittimamente addebitato in via esclusiva il costo, pari ad euro 6.593, 80, dei lavori per la sostituzione della colonna di scarico individuale dovendosi, invece, considerare della voce quale spesa condominiale ovvero, in ogni caso, assentito tali interventi senza il consenso dell’ attore medesimo. Costituitosi ritualmente il contraddittorio, il Condominio P.XXXXXXX ha eccepito: 1 ) la nullità dell’ atto introduttivo ex artt. 163 e 164 c.p.c. per non avere l’ attore esplicitato le ragioni – di fatto e di diritto – per le quali anche le delibere risalenti negli anni sarebbero state affette da vizi di legittimità tali da giustificarne l’impugnazione; 2) l’infondatezza della censura di illegittimità dell’ addebito a carico dell’ attore dell’ importo di euro 12.282, 68 a titolo di spese legali per essere dette somme giustificate da validi titoli provvisoriamente esecutivi; 3 ) l’ infondatezza delle doglianze sull’addebito nei confronti dell’ attore della somma relativa al rifacimento della colonna di scarico sul presupposto che qualora della colonna avesse natura di bene condominiale, si sarebbe potuto discutere al più di annullabilità della delibera per erronea ripartizione delle relative spese, mentre nell’ ipotesi in cui la colonna de qua dovesse ritenersi bene esclusivo, la delibera condominiale non potrebbe considerarsi nulla per avere l’attore, con il proprio comportamento, assentito e autorizzato i lavori effettuati, fermo in ogni caso il suo indebito arricchimento.
Il Condominio ha, altresì, svolto domanda riconvenzionale per ottenere la condanna dell’ attore al pagamento delle spese condominiali di sua competenza relative agli anni dal 2010/2011 al 2014/2015. Con ordinanza del 9/11/2015 è stata dichiarata la parziale inefficacia della delibera assunta l’8/04/2015 “limitatamente all’importo di euro 6.593, 80 relativa all’ intervento sulla colonna di scarico”. Depositate le memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c., la causa è stata istruita mediante produzioni documentali e tramite l’assunzione, sui capitoli di prova ammessi, della testimonianza di T. XXXXX R.XXX per il Condominio e di V. XXXXXXX M.XXXX per l’attore. Successivamente la causa è stata assegnata a questo giudice il quale l’ha trattenuta in decisione sulle conclusioni sopra riportate, previa concessione dei termini di cui all’ art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
sulla nullità dell’atto di citazione Sentenza n. 1214/2020 pubbl. il 08/09/2020 RG n. 4881/2015 Parte convenuta ha eccepito la nullità dell’ atto introduttivo per violazione dell’ art. 163 c.p.c. non essendo state indicate le ragioni di fatto e di diritto poste dall’ attore a fondamento della sua domanda con riferimento alla parte finale delle conclusioni di merito ove il medesimo ha chiesto che siano dichiarate nulle e/o annullabili “tutte le altre delibere assembleari con le quali vennero approvati eventuali conti consuntivi o preventivi o altri atti presupposti o conseguenti alle suindicate delibere impugnate”. La censura non è fondata. Per costante giurisprudenza di legittimità la portata della domanda giudiziale va desunta dall’ esame complessivo del contenuto dell’atto introduttivo del giudizio, non limitato alla parte di esso destinato a contenere le conclusioni, ma esteso anche alla parte espositiva (Cass. 29/01/2015 n. 1681; Cass. 16/09/2004 n. 18653; Cass.19/03/2001 n. 3911). Va, altresì, rilevato che una delibera assembleare dichiarata nulla in sede giudiziale non può non avere ripercussioni sulle delibere presupposte o conseguenti quando tra le due delibere vi sia un collegamento tale per cui le stesse risultino essere interdipendenti ovvero l’una il presupposto logico o giuridico dell’altra. In tale ipotesi ricorre la figura della “invalidità derivata”, di elaborazione (giurisprudenziale, che si presenta, appunto, allorquando un atto o un provvedimento in in co precedenza ritenuto invalido costituisce il presupposto unico ed imprescindibile dei successivi atti consequenziali adottati. Di conseguenza, il venir meno del precedente atto travolge automaticamente, nel senso che non servirebbe neanche una ulteriore “o specifica impugnativa, tali atti successivi strettamente e specificamente collegati al provvedimento presupposto (Tribunale Roma 23/01/2019).
Nel caso specifico la domanda svolta dall’ attore va quindi interpretata nel senso che, o qualora venisse dichiarata la nullità delle due delibere condominiali espressamente impugnate, relativamente alla parte in cui è stata approvata la voce del rendiconto gestione ordinaria con addebito a suo carico di somme non dovute, sarebbero inficiate w da tale vizio anche le delibere precedenti e/o successive che siano consequenziali o ne co Q rappresentino l’antecedente logico o giuridico. CD E Ne consegue che alcuna lesione del diritto di difesa del convenuto può essere Z ragionevolmente ipotizzata, come del resto, si può evincere dalle compiute difese di merito da esso formulate. or Q Sull’ addebito delle spese di lite CO Q Sentenza n. 1214/2020 pubbl. il 08/09/2020 RG n. 4881/2015 Con riguardo all’ esercizio 2012/2013, l’attore contesta l’imputazione nei suoi confronti della somma di euro 12.282, 68 pari al valore della spesa sostenuta dal Condominio per far valere le proprie ragioni di credito per gli oneri condominiali rimasti impagati. Poiché tale importo è stato poi riportato, quale saldo precedente, nei successivi rendiconti, l’attore ha sostenuto la nullità della delibera adottata in data 08/04/2015 relativamente all’ approvazione del “rendiconto 2013/2014, piano di riparto compreso ” E del “preventivo per l’esercizio 2014/2015, piano rateale compreso “nonché della precedente delibera del 4/02/2014 che ha approvato il conto consuntivo della gestione 2012/2013 (doc. n. 1, 10, Il e 13 fascicolo attore). Secondo la prospettazione dell’attore, l’addebito del predetto importo sarebbe avvenuto in difetto di un valido titolo esecutivo e senza la preventiva costituzione di un fondo ad hoc per il recupero forzoso delle somme. Va, innanzitutto, osservato che nelle more del presente giudizio è intervenuta la sentenza n. 1528 emessa in data 06/07/2016 con la quale la Corte d’ Appello di Venezia ha dichiarato estinto il credito portato dal decreto ingiuntivo n. 3168/2010 e compensato tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio (doc. n. 48 fascicolo attore). È pacifico, non essendoci contestazione sul punto, che nel frattempo la suddetta sentenza è divenuta definitiva. Poiché trattasi delle spese di lite relative alle cause instaurate tra il Condominio P. XXXXXXX e l’attore e di cui quest’ ultimo ha lamentato l’illegittima attribuzione a suo carico, va rilevata la sopravvenuta carenza di interesse del medesimo ad ottenere la dichiarazione di nullità o l’annullabilità delle delibere impugnate relativamente a tale presunto erroneo addebito.
L’ interesse ad agire deve, infatti, sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione, ma anche al momento della decisione poiché in relazione a quest’ ultimo – e alla domanda originariamente formulata – , che l’ interesse deve essere valutato (Cass. 11/09/2018 n. 22098; Cass. 13/02/2015 n. 2934; Cass. 25/09/2013 n. 21951). Il difetto di interesse ad agire è rilevabile anche d’ ufficio in ogni stato e grado del giudizio (Cass. 12/11/2010 n. 22999; Cass. 18/02/2020 n. 3991). Nel caso in esame tale interesse, esistente al momento in cui l’attore ha promosso il presente procedimento, è tuttavia venuto meno a seguito della pronuncia della Corte di Appello di Venezia.
Sussiste, infatti, sopravvenuto difetto di interesse se nel corso del giudizio – così come è accaduto nel caso de quo – si verifica un mutamento della situazione di diritto o di fatto tale da escludere che l’accoglimento della domanda possa comportare un risultato utile alla parte. In comparsa conclusionale anche il Condominio ha dichiarato che, in virtù della sentenza d’ appello, “oggi non potrà più essere (così come non viene più) richiesta all’ attore la rifusione degli importi in questione. “. Ne consegue che la sentenza de qua rende superflua ogni ulteriore decisione di questo giudice, salvo in ordine all’ accertamento della soccombenza virtuale ai fini della statuizione sulle spese del presente giudizio. A tal scopo vengono, quindi, esaminate le censure di cui sopra.
Con riguardo all’ asserito illegittimo addebito nei confronti dell’ attore delle spese di lite, va richiamato il principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di ripartizione delle spese legali, nel caso di controversia tra il Condominio e il condomino, non va applicata , nemmeno in via analogica, la disposizione dell’ art. 1132 c.c. che disciplina la diversa ipotesi in cui il condomino abbia ritualmente dissentito dalla deliberazione di promuovere una lite o di resistere ad una domanda rispetto ad un terzo estraneo, e neppure l’ art. 1001 c.c., richiamato dall’ art. 1139 c.c. (Cass. 18/06/2014 n. 13885). In relazione alle liti tra il Condominio e i singoli condomini, la Suprema Corte ha, altresì, chiarito che “l’ unità condominiale viene a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite, per dare vita a due gruppi di partecipanti al Condominio in contrasto tra loro, con la conseguenza che il giudice, nel dirimere la controversia provvede anche definitivamente sulle spese del giudizio, determinando, secondo i principi di diritto processuale, quale delle due parti in contrasto debba sopportare, nulla significando che nel giudizio il gruppo dei condomini, costituenti la maggioranza, sia stato rappresentato dall’ amministratore”. Il principio della soccombenza processuale costituisce, pertanto, il criterio di ripartizione delle spese tra le parti dovendosi ritenere ” …. affetta da nullità la deliberazione dell’assemblea condominiale che incida sui diritti individuali di un condomino, come quella che ponga a suo totale carico le spese del legale del condominio per una procedura iniziata contro di lui, in mancanza di una sentenza che ne sancisca la soccombenza. ” (Cass. 16/10/2008 n. 24696).
L’ addebito delle spese legali presuppone, dunque, un accertamento giudiziale, ma non richiede la definitiva esecutività della pronuncia, come sostenuto, invece, da parte attrice. In proposito, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha statuito che è “legittima la deliberazione dell’assemblea condominiale che ponga a totale carico del condomino le spese processuali liquidate dal giudice nei confronti dello stesso condomino moroso con un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.” (Cass. 26/04/1994 n. 3946). Tale principio è stato ribadito anche più recentemente dalla giurisprudenza di legittimità la quale ha ritenuto pienamente legittima “la delibera condominiale che, in via ricognitiva, addebiti al singolo condomino le spese legali liquidate a suo carico ed a favore del condominio in un provvedimento giurisdizionale – nella specie un decreto ingiuntivo- provvisoriamente esecutivo” (Cass. 18/01/2016 n. 751).
Ciò in quanto la liquidazione è giudiziale, irrilevante essendo il fatto che sia contenuta in un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, piuttosto che in una sentenza di primo grado, esecutiva ex lege, ma ancora suscettibile di appello, ovvero in una sentenza d’ appello, parimenti esecutiva ex lege, ma ancora ricorribile. Tanto precisato, nel nostro caso, all’ atto dell’ adozione della delibera del 04/02/2014, i titoli giudiziali erano i seguenti: -il decreto ingiuntivo n. 3168/2010 emesso dall’ intestato Tribunale in data 25/11/2010, munito della formula esecutiva in data 18/07/2011, con il quale l’ attore è stato condannato al pagamento delle spese e competenze della procedura monitoria per euro 1.022, 23 oltre accessori di legge (doc. n. 17 fascicolo convenuto); -la sentenza di primo grado n. 334/2013, provvisoriamente esecutiva, emessa il 30/10/2012 dal Tribunale di Treviso, all’ esito della causa di opposizione al predetto decreto ingiuntivo, con la quale l’ attore è stato condannato alla rifusione in favore del Condominio delle spese legali sia del giudizio di opposizione, per euro 5.919, 13 oltre accessori, che del procedimento monitorio per euro 1.022, 23 oltre accessori (doc. n. 18 fascicolo convenuto); -l’ ordinanza del 22/03/2013 con la quale il Tribunale di Treviso ha assegnato al Condominio (doc. n.19 e 20 fascicolo attore) le somme oggetto di pignoramento presso terzi, condannando l’ attore al pagamento delle spese della procedura esecutiva per euro 576, 00 a titolo di compenso, per euro 203, 45 per spese non imponibili, oltre alle successive occorrende (registrazione, copie autentiche ….).
A. stregua dei principi sopra riportati le delibere in contestazione non dovevano porre a carico del condomino P. XXXXXX D.XXX le spese legali sostenute dal Condominio per l’attività svolta dal proprio difensore e risultanti dalle fatture da quest’ ultimo emesse (doc. n. 21, 22 e 23 fascicolo convenuto), bensì le spese di lite così come riconosciute e liquidate dal giudice nei suddetti provvedimenti. Tenuto conto, in tema di ripartizione delle spese condominiali, della distinzione tra delibere assembleari nulle e delibere annullabili operata dalla giurisprudenza di legittimità (A partire dalla sentenza della Cass. Sez. Unite 07/03/2005 n. 4806 ) , le delibere contestate non possono ritenersi affette da nullità, ma sono annullabili non avendo derogato ai criteri legali o convenzionali di riparto delle spese condominiali; la delibera del 4/02/2014 e quella successiva dell’ 8/04/2015 hanno, infatti, attribuito al condomino P.XXXXXX D.XXX, in virtù della sua soccombenza processuale, la somma di euro 12.282, 68 e ciò sull’ erroneo presupposto che si dovessero imputare le spese legali corrisposte dal Condominio al proprio difensore anziché quelle liquidate giudizialmente e portate dai titoli sopra indicati. Sotto il profilo dell’annullabilità, la censura mossa dall’ attore risultava quindi fondata. Quanto all’ ulteriore doglianza sollevata dal condomino relativamente all’ asserita necessità di istituire un fondo ad hoc, essa non è fondata, tenuto conto dei seguenti rilievi: – nell’atto di citazione ( A pag. 4) si è sostenuto che “le suddette spese legali non potevano essere addebitate all’ arch. D.XXX quali spese condominiali, in quanto il suddetto condominio avrebbe dovuto costituire un apposito fondo, eventualmente agendo poi con l’ azione di rivalsa per il loro rimborso nei confronti dell’ arch. D.XXX allorché liquidate dal giudice con titolo esecutivo …”; – dal tenore letterale delle espressioni utilizzate, è evidente che l’ attore ha inteso riferirsi alla costituzione di un fondo per il recupero delle spese legali a lui richieste e non alla costituzione di un fondo per far fronte ai costi per l’ esecuzione di opere straordinarie, come affermato dallo stesso nei successivi scritti difensivi; – tale censura è, comunque, priva di pregio in quanto l’ art. 1135 c.c. , come novellato, prevede l’ obbligatorietà di costituire un fondo cassa speciale solo allorché debbano essere eseguite opere di manutenzione straordinaria e/o innovazioni; non è quindi espressamente prevista la possibilità di costituire un fondo cassa per sopperire ai problemi di liquidità determinati dal mancato pagamento delle quote da parte dei condomini morosi; -anche se si dovesse applicare l’ art. 1135 c.c. nella sua precedente formulazione, il risultato comunque non cambia poiché, prima della riforma, l’ istituzione di un fondo speciale per far fronte alle spese necessarie all’ esecuzione di opere di straordinaria manutenzione era solo eventuale rientrando nel potere discrezionale dell’ assemblea condominiale; – in ogni caso, l’ accertamento della necessità o meno della preventiva costituzione di un fondo per l’ esecuzione di lavori straordinari è del tutto irrilevante ai fini del decidere posto che oggetto della presente controversia è l’ accertamento della legittimità o meno dell’ addebito a carico dell’ attore delle spese legali e dei costi per il rifacimento della colonna di scarico. sulla ripartizione delle spese relative al rifacimento della colonna di scarico.
L’attore ha, altresì, contestato la validità della delibera assembleare dell’ 8/04/2015, con la quale è stato approvato il conto economico consuntivo per l’ esercizio 2013/2014 (doc. n. 2, 10 e 14 fascicolo attore ) , nella parte in cui è stato imputato esclusivamente ed erroneamente a suo carico il costo dei lavori, pari ad euro 6.593, 80, per la sostituzione della colonna di scarico dovendosi considerare della voce quale spesa condominiale in quanto la proprietà dei tubi di scarico dei singoli condomini si estende fino al punto del loro raccordo con l’ innesto nella colonna verticale all’ altezza di ciascun piano, sulla quale deve intervenire il condominio trattandosi di bene condominiale, mentre qualora fosse di esclusiva proprietà del singolo condomino, il Condominio non avrebbe potuto eseguire i lavori senza il consenso dell’ arch. D.XXX. La censua non merita accoglimento. A tal proposito, in merito al criterio distintivo tra la parte di proprietà esclusiva e quella di proprietà condominiale, la Suprema Corte (Cass. 26/10/2018 n. 27248 ) , partendo dal tenore del testo normativo di cui all’ art. 1117 n. 3 c.c., ha espresso i seguenti due diversi orientamenti: 1 ) “la presunzione di comunione delle parti comuni, elencate dal n. 3 dell’ art. 1117 c.c., fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini, non sempre implica che, nell’ambito della porzione di fabbricato esclusiva del singolo condomino, non ricada alcuna parte comune in quanto il criterio distintivo tra parti comuni e parti esclusive del condominio è dato solo dalla loro destinazione, così che il condotto di acque è di proprietà esclusiva, indipendentemente dalla sua ubicazione, per la parte in cui direttamente afferisce al servizio del singolo e comune in tutta la restante porzione, in cui ad esso si innestano uno o più altri canali a servizio di altri condomini”; 2) “la presunzione di condominio dell’ impianto idrico di un immobile in condominio non può estendersi a quella parte dell’ impianto stesso ricompresa nell’ ambito dell’ appartamento dei singoli condomini, cioè nella sfera di esclusiva proprietà di questi, e di conseguenza nemmeno alle diramazioni che innestandosi nel tratto di proprietà esclusiva, anche se questo sia allacciato a quello comune, servono ad addurre acqua negli appartamenti degli altri condomini”. Nella fattispecie, dalla deposizione testimoniale resa da T.XXXXX R.XXX, tecnico dell’ impresa M. C.XXXXXXXXX Snc che ha eseguito gli interventi sulle tubazioni di scarico, risulta che trattasi di un bene in uso esclusivo all’ unità immobiliare del condomino P.XXXXXX D.XXX e ciò sia in base al criterio dell’ ubicazione delle tubazioni sia in base a quello della loro destinazione. All’ udienza del 7/02/2017 il predetto teste ha, infatti, dichiarato che ” …. la colonna di scarico consisteva in due tubi di Ferro un[o] per le acque bianche e uno per le acque nere con origine dall’ appartamento dell’arch. D.XXX e proseguenti fino alle vasche di raccoglimento interrate; i due tubi non costituiscono il montante verticale condominiale. le due colonne di scarico era[no] ad uso esclusivo dell’appartamento del Sig. D.XXX. Il primo intervento che abbiamo fatto [è] stato quello di disintasamento delle tubazioni interne all’ arch. D.XXX.; …da quel giorno abbiamo consigliato sia all’ arch. D.XXX che all’ amm condominiale che le Colonne di scarico, preciso le linee verticali, come ho detto prima in uso esclusivo all’ arch. D.XXX, andavano sostituite anche perché la cosa peggiorava di giorno in giorno”. In ogni caso, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa attorea, dalla suddetta testimonianza emerge, altresì, che il condomino P.XXXXXX D.XXX ha autorizzato l’impresa M. C.XXXXXXXXX ad effettuare presso il proprio appartamento i lavori di riparazione alle tubazioni di scarico; il teste T.XXXXX R.XXX ha, infatti, precisato ” …. abbiamo consigliato sia all’ arch. D.XXX sia all’ amm condominiale che le Colonne di scarico andavano sostituite. Per eseguire gli interventi nell’ appartamento dell’arch. D.XXX è stato dato il premesso dall’ arch. D.XXX stesso che ci ha anche accompagnati”.
La circostanza che l’attore abbia consentito i lavori in questione e che l’esecuzione degli stessi sia avvenuta sotto il suo controllo è stata confermata anche dalla teste del 08/09/2020 V.XXXXXXX M.XXXX, moglie dell’ attore, laddove ha dichiarato che “…mio marito andava e veniva che si interessava”. Quanto all’ ulteriore motivo di nullità della delibera impugnata per avere la ditta incaricata dal Condominio danneggiato l’appartamento dell’attore, va rilevata la tardività (su cui si preciserà meglio infra) di tale doglianza essendo stata sollevata solo in sede di prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., circostanza che, peraltro, è rimasta priva di qualsiasi riscontro probatorio. Sugli ulteriori motivi di invalidità delle delibere del 04/02/2014 e del 08/04/2015 nonché sulla invalidità delle delibere del 13/12/2011 e del 18/01/2013 Con la seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. (da pag. 4 a pag. 13) l’attore ha lamentato, per la prima volta, erronee ripartizioni in concreto degli oneri condominiali in difformità ai criteri di cui all’ art. 1123 c.c. e ai valori indicati nelle tabelle millesimali. L’ attore ha, infatti, sostenuto che gli importi indicati nei rendiconti gestione dal 2010/2011 al 2013/2014 non sarebbero coperti da un valido titolo esecutivo, come se per addebitare i costi di gestione sia necessario – di volta in volta – una pronuncia di condanna giudiziale, e sarebbero, altresì, errati poiché riporterebbero a suo carico valori maggiori rispetto a quelli in concreto dovuti in base al valore di cui alle tabelle -Q a millesimali. s Tale ampliamento del thema decidendum deve, tuttavia, ritenersi inammissibile. Il processo civile è disciplinato, per esigenze di certezza e ragionevole durata, da LLJ scansioni temporali, il cui mancato rispetto comporta la sanzione della decadenza dal compimento di determinate attività (Corte Costituzionale ordinanza 29/04/2010 n. 163). Il vigente modello processuale configura un processo che si articola in fasi successive e non ammette deroghe (salvo il caso eccezionale previsto dall’ art. 153 c.p.c.; Cass. Sez. Unite 23/06/2010 n. 15169). Z Di conseguenza, il mancato rispetto dei termini fissati dal giudice determina la decadenza, rilevabile d’ ufficio, delle facoltà “assertorie “ed istruttorie delle parti. o La giurisprudenza di merito ha osservato che, in base al disposto dell’ art. 183, comma 6, c.p.c., le attività assertive della parte devono trovare la loro sede naturale e E Il I fisiologica nella prima memoria e , quanto, alla seconda memoria sono giustificate solo o se consistono in una replica alle deduzioni della controparte, restando altrimenti il suddetto atto difensivo riservato alla richiesta di prova (Tribunale Milano ordinanza Corte Appello Milano sentenza 13/01/2013; Tribunale Reggio Emilia sentenza 14/06/2012 n. 1134). Nel nostro caso, come ha correttamente evidenziato la difesa del Condominio, la seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. è stata indebitamente utilizzata dall’ attore non essendosi limitato a replicare alle deduzioni del convenuto, ma ha introdotto circostanze nuove sino ad allora mai allegate per cui devono ritenersi tardive e, quindi, inammissibili. Ad abundantiam, va osservato che le suddette circostanze costituiscono, comunque, nuovi motivi di doglianza poiché non si tratta di un mero ampliamento dei fatti costitutivi della domanda dedotti con l’atto di citazione, bensì dell’allegazione di nuovi vizi sotto il profilo della causa petendi, vizi rispetto ai quali si sarebbe verificata in ogni caso la decadenza, rilevabile d’ ufficio dal giudice (Cass. 26/02/2016 n. 3806), anche se l’attore li avesse contestati con la Prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. Il condomino ha, infatti, eccepito l’erroneità della disposta ripartizione degli oneri condominiali a lui addebitati a titolo di “spese di proprietà”, “spese amministrative”, “spese di esercizio Scala A ” E spese per la “Banca”. Sul punto, va richiamato il pacifico insegnamento della Suprema Corte secondo cui O. sono “annullabili e, come tali suscettibili di essere impugnate nel termine di decadenza ” o di trenta giorni di cui all’ art. 1137 c.c., le delibere con cui l’assemblea ………… determina in concreto la ripartizione delle spese in difformità dei criteri di cui all’ art. 1123 c.c.” (ex multis, Cass. 16/04/2019 n. 10586; Cass. 10/03/2010 n. 6714; Cass. Sez. Unite 07/03/2005 n. 4806).
Nella vicenda de qua l’ assemblea condominiale non ha modificato i criteri di ripartizione delle spese stabiliti dalla legge o in via convenzionale da tutti i condomini ZZi (doc. n. 36 e 37 fascicolo convenuto) essendosi limitata, nell’ approvare i “rendiconti di gestione”, ad effettuare , secondo la prospettazione dell’ attore, una erronea ripartizione z degli oneri condominiali a suo danno per cui, applicando il principio sopra riportato, non può affermarsi che tali delibere siano affette da un vizio di nullità, rilevabile anche o d’ ufficio dal giudice. Ne consegue che l’attore, quanto agli ulteriori asseriti vizi relativi alla delibera E Il I assunta in data 8/04/2015, avrebbe dovuto tempestivamente denunciarli con l’atto di citazione, mentre in relazione alle delibere del 13/12/2011, del 18/01/2013 e del 4/02/2014 sarebbe incorso nella decadenza prevista dal citato art. 1137 c.c., come è stato ritualmente eccepito dal Condominio P.XXXXXXX nella terza memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c.. sulla domanda riconvenzionale In comparsa di costituzione e risposta il Condominio P.XXXXXXX ha affermato che l’ attore risulta moroso, a titolo di spese condominiali, per la somma di euro 39.465, 54 per quanto riguarda l’ appartamento definito come “unità 12 ” E per la somma di euro 4.758, 67 per il garage definito come “unità 1”. Tali importi risultano dai rendiconti della gestione ordinaria per gli anni 2010/2011, 2011/2012, 2012/2013 e 2013/2014 nonché dal preventivo dell’esercizio 2014/2015 approvati dall’ assemblea condominiale rispettivamente con le delibere assunte in data 13/12/2011, 18/01/2013, 04/02/2014 e 08/04/2015 (doc. dal n. 2 al n. 15 fascicolo convenuto). In via riconvenzionale il Condominio ha chiesto, quindi, il pagamento della complessiva somma di euro 43.058, 21, al netto del bonifico effettuato dall’ arch. D.XXX dell’importo di euro 1.166, 00 (doc. n. 16 fascicolo convenuto). Sono necessarie, innanzitutto, due precisazioni. Contrariamente a quanto affermato dall’ attore in atto di citazione, il Condominio nei O. rendiconti di gestione ha tenuto conto degli importi percepiti all’ esito della procedura a esecutiva presso terzi promossa nei confronti del condomino D.XXX P.XXXXXX. Dall’ esame del rendiconto dell’ esercizio 2012/2013 (doc. n. 6 fascicolo convenuto)”emerge chiaramente come il Condominio abbia detratto dall’ importo dovuto dall’ attore a titolo di spese di gestione e oneri condominiali per l’ anno 2012/2013, ossia euro L. 16.889, 06 ascritto alla voce “Totale spese”, quanto dal medesimo percepito in seguito alla procedura esecutiva (doc. n. 20 fascicolo convenuto ) , ossia l’ importo di euro 16.887, 89 (indicato nell’ ordinanza di assegnazione del 22/03/2013 ) , ascritto alla voce “Versamenti”. Parimenti, il Condominio non ha addebitato in via esclusiva all’ attore gli importi di euro 3.683, 31, quali spese per CTU e CTP della causa pendente avanti la Corte o d’ Appello di Venezia, e di euro 5.000, 00, indicati tra le spese legali nel conto o economico consuntivo gestione 2013/2014 e nel conto economico preventivo gestione E Il I 2014/2015: tali somme sono state, infatti, ripartite pro quota tra tutti gli altri condomini, o ad esclusione dell’attore. Questo è il significato dell’abbreviazione “escl.”ivi utilizzata (doc. n. 9 e 10 fascicolo convenuto).
Come già osservato, in forza della pronuncia della Corte di Appello di Venezia, il Condominio non può più esigere dal condomino P.XXXXXX D.XXX la rifusione della somma di euro 12.282, 68 pretesa a titolo di rimborso delle spese legali. Con la comparsa conclusionale il convenuto ha, inoltre, affermato che, in base alla suddetta sentenza, non sono dovuti gli importi di euro 1.342, 97 di cui al conto economico 2011/2012 e di euro 658, 74 relativo alla gestione 2010/2011 e “già coperto dal decreto ingiuntivo n. 3168/2010”. Tenuto conto di tali circostanze e attesa la tardività delle ulteriori contestazioni sollevate dall’ attore in merito all’ asserita erronea ripartizione degli oneri condominiali, P.XXXXXX D.XXX deve essere condannato al pagamento della somma di euro 28.773, 82 maggiorata degli interessi dal dovuto al saldo effettivo. Tale somma si ottiene detraendo dal complessivo importo di euro 43.058, 21 gli importi sopra indicati di euro 12.282, 68, di euro 1.342, 97 e di euro 658, 74. Sul predetto importo non può, invece, essere riconosciuta la rivalutazione monetaria. L’obbligo di versare gli oneri condominiali ha natura di debito di valuta poiché ha ad oggetto, fin dall’ origine, una somma di denaro; come tale, non è quindi soggetto a rivalutazione monetaria, se non nei termini del maggior danno – da allegarsi e provarsi o dal creditore – rispetto a quello soddisfatto dagli interessi legali, ai sensi dell’art. 1224 -Q c.c. (Cass. 12/03/2014 n. 5639). Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che il creditore di una “obbligazione di valuta, il quale intenda ottenere il ristoro del pregiudizio da svalutazione monetaria, ha l’ onere di domandare il risarcimento del “maggior danno” ai sensi L. dell’ art. 1224, 2 comma, c.c. e non può limitarsi a domandare semplicemente la O. condanna del debitore al pagamento del capitale e della rivalutazione non essendo quest’ ultima una conseguenza automatica del ritardato adempimento delle obbligazioni di valuta (Cass. Sez. Unite 23/03/2015 n. 5743; Cass. 02/11/2010 n. 22273). Nella fattispecie, è stata chiesta la condanna dell’attore a pagare l’importo dovuto per le spese condominiali, “importo da maggiorarsi della rivalutazione monetaria e degli o interessi sulle somme via via rivalutate …”. È evidente che tale domanda non è una domanda di riconoscimento del maggior E Il I danno, ai sensi del citato art. 1224, comma 2, c.c., ma proprio una richiesta di o corresponsione del capitale e della rivalutazione monetaria. Non è stata, quindi, domandata una somma di denaro, “oltre agli interessi e al Q maggior danno da svalutazione monetaria”, come si deve fare nei debiti di valuta ex art. 1224 c.c. se si intenda essere risarciti del maggior danno da svalutazione monetaria rispetto a quello già coperto dagli interessi legali, ma il Condominio si è limitato a proporre domanda congiunta di interessi e rivalutazione, come se si trattasse di un credito di valore, senza aver puntualmente allegato di aver subito un maggior danno (Cass. 05/11/2015 n. 22664). Sulle spese Considerato l’esito complessivo del giudizio, le spese di lite vanno poste a carico dell’attore nella misura di due terzi stante la parziale soccombenza virtuale del Condominio P. XXXXXXX. Le spese del giudizio si liquidano come da dispositivo, sulla base del D.M. n. 55/2014 come modificato dal D.M. n. 37/2018, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva prestata. Si applicano i valori medi dello scaglione di riferimento (da euro 26.000, 01 ad euro 52.000, 00) non sussistendo specifici elementi che giustifichino il discostarsi dagli stessi. Da ultimo, si ritiene di dover condannare il Condominio convenuto, ai sensi dell’art. 8, comma 4 bis, D. Lgs. n. 28/2010, per non aver partecipato, senza giustificato motivo, alla procedura di mediazione alla quale era stato ritualmente invitato. La difesa del convenuto ha affermato che la mancata comparizione all’incontro di a mediazione è stata determinata dalla condotta assunta dall’ attore sin dall’ acquisto delle proprie unità immobiliari avendo il medesimo, nel corso degli anni, ripetutamente “omesso il pagamento degli oneri condominiali, costringendo così il Condominio a promuovere diverse azioni giudiziarie per far valere le proprie ragioni di credito. A nulla essendo valsi i tentativi, di volta in volta spiegati da quest’ ultimo, di addivenire a soluzioni bonarie delle vertenze. In considerazione delle contrapposte ed inconciliabili prospettazioni delle parti, il fatto di partecipare alla mediazione non avrebbe, quindi, consentito alle stesse di raggiungere un accordo. Poiché il dissenso alla mediazione deve essere supportato da adeguate ragioni giustificative, che siano non solo pertinenti al merito della controversia, ma anche dotate di plausibilità logica, prima ancora che giuridica, tali non essendo, ad esempio, quelle basate sulla convinzione dell’insuperabilità del contrasto tra le parti, si ritiene nello o specifico che i motivi addotti a sostegno della mancata partecipazione alla mediazione non costituiscano una valida giustificazione.
Sul punto, è stato anche osservato che, di per sé, la “litigiosità” tra le parti non giustifica il rifiuto di partecipare al procedimento di mediazione, “giacché tale procedimento è rivolto proprio ad attenuare la litigiosità, tentando una composizione della lite basata su categorie concettuali del tutto differenti rispetto a quelle invocate in giudizio e che prescindono dalla attribuzione di torti e di ragioni”(Tribunale Verona ordinanza 30/01/2018; Tribunale Termini Imerese 09/05/2012).
P.Q.M.
Il Tribunale Ordinario di Treviso, Sezione Terza Civile, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda, istanza ed eccezione, così provvede:
1) dichiara inammissibile, per sopravvenuto difetto di interesse ad agire in capo all’ attore P.XXXXXX D.XXX, l’ impugnazione delle delibere assembleari assunte in data 04/02/2014 e in data 08/04/2015 relativamente all’ addebito delle spese legali;
2) rigetta le altre domande proposte dall’ attore P.XXXXXX D.XXX;
3 ) accoglie la domanda riconvenzionale e , per l’ effetto, condanna l’ attore P.XXXXXX D.XXX al pagamento in favore del Condominio P della somma complessiva di euro 28.773, 82 a titolo di spese condominiali scadute e non corrisposte, con gli interessi legali dal dovuto al saldo effettivo
4) condanna l’ attore P.XXXXXX D.XXX alla rifusione in favore del Condominio P.XXXXXXX delle spese processuali che si liquidano negli importi, già ridotti, di euro 4.836, 00 a titolo di compenso e di euro 349, 00 per anticipazioni, oltre spese generali al 15%, I.V.A. e C.P.A. come per legge;
5) condanna il Condominio P.XXXXXXX, ex art. 8, comma 4 bis, D. Lgs. n. 28/2010, al versamento all’ entrata del bilancio dello Stato di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio in ragione della ingiustificata mancata partecipazione al procedimento di mediazione.
Treviso, 31 agosto 2020
Il G.O.P. dott.ssa Sonia Andreatta