Marco Speretta – direttore Generale Gabetti Property Solution spa; consigliere direttivo di Assofranchising; Componente del tavolo UNI per la stesura della PdR sul procedimento di mediazione civile.
La mediazione civile nel contratto di franchising
Il franchising rappresenta una soluzione contrattuale per imprese che intendono espandersi più rapidamente e per altre che intendono beneficiare delle expertise, delle economie di apprendimento e delle competenze già acquisite dalle prime, riducendo i margini di errore e il rischio d’impresa. Franchiseur e franchisee quindi sono i protagonisti di due diverse facce della medesima medaglia. Un obiettivo analogo, ovvero quello di far crescere la propria impresa, ma in due modelli di business differenti per natura, per cultura, per struttura e per operatività. Affiliato e affiliante però, nel contratto di franchising, hanno bisogno l’uno dell’altro e in un sistema contrattuale efficacie questo bisogno non dovrebbe mai venir meno, dovrebbe essere alimentato, stimolato, continuamente mantenuto in prioritaria rilevanza nel rapporto fra le parti che, come noto, sono imprese.
Eppure in qualche momento della vita del contratto di franchising qualcosa potrebbe anche non funzionare generando un corto circuito fra due soggetti che, pur investendo molto ciascuno su se stesso, anche confidato reciprocamente l’uno nell’altro. Come può un annoso contenzioso rappresentare lo strumento capace di risolvere una controversia? Come può una battaglia legale rappresentare la scelta più vantaggiosa dal punto di vista economico, reddituale, patrimoniale e dell’opportunità? La mediazione civile appare davvero uno strumento dotato di tutte le caratteristiche strutturali per consentire a due imprenditori di riattivare il corto circuito creatosi, risolvere le criticità emerse e liberare rapidamente tempo, denaro ed energie da dedicare ciascuno al proprio business, nell’interesse proprio e inevitabilmente dell’altro.
L’importanza della prassi di riferimento UNI
La mediazione civile si colloca perfettamente, prevedendo un sostanziale sistema di “delega” della gestione della controversia ad un professionista qualificato, terzo e disinteressato sia dalle dinamiche del conflitto che dal rapporto personale o professionale con le parti, con l’unico obiettivo di favorire il raggiungimento di un accordo rapido, economicamente sostenibile e conveniente per tutti i soggetti coinvolti.
Le esperienze legate ai vari modi in cui in dieci anni di mediazione civile vengono amministrate le procedure, restituiscono una realtà da un lato complessivamente confortante in quanto la cultura del contenzioso sta lasciando sempre più spazio alla cultura della convenienza nel gestire in modo strategico il conflitto, soprattutto se chi vi è coinvolto è un imprenditore o un investitore, che fondano le proprie determinazioni sulla base di principi di convenienza economica ed opportunità comparati, dall’altro destabilizzante, laddove l’utente del servizio di mediazione civile non dispone di chiare linee guida su come operativamente il procedimento deve o può essere amministrato e gestito dai vari professionisti protagonisti della scena, quali i mediatori, gli avvocati e i consulenti tecnici eventualmente intervenuti.
In questo senso la prassi di riferimento per la quale stiamo fornendo il nostro contributo al tavolo istituto presso l’ente nazionale di normazione tecnica UNI, sta facendo un importante lavoro di “unificazione”, appunto, di processi e procedura operative.