Una mediazione ambientale è possibile?
Autore: Ivan Giordano
Le controversie legate all’ambiente coinvolgono complesse responsabilità di natura penale, civile ed amministrativa. Come può la mediazione civile rappresentare un’opportunità in questo contesto?
Il procedimento di mediazione è previsto che venga applicato per la risoluzione di controversie che rientrino nella sfera dei “diritti civili disponibili”.
Secondo norma l’accesso al procedimento non trova limiti “soggettivi” (alla mediazione, infatti, può ricorrere “chiunque”) e quindi anche comuni, enti locali, aziende speciali e pubbliche amministrazioni in genere, queste ultime fortemente incentivate dalla Circolare 09-2012 della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ferme restando le responsabilità amministrative e gli effetti penali, nell’ambito delle controversie ambientali la sfera dei “diritti civili disponibili” è ampiamente interessata da una serie di variabili:
- quantificazione / liquidazione del danno materiale
- quantificazione / liquidazione delle “perdite provvisorie” per mancato temporaneo utilizzo del bene ambientale
- quantificazione / liquidazione del danno non patrimoniale
- individuazione delle modalità di ripristino
Si rileva come il ricorso alla mediazione civile possa essere anche “sollecitato” dal giudice al fine addivenire ad una conciliazione con l’ausilio del mediatore su tutti i precedenti punti, nell’ambito di un accordo inappellabile avente valore di titolo esecutivo che individui modalità operative, tempi ed eventuali penali.
Come osserva l’Avv. Veronica Dini, che ringrazio per il contributo messo a disposizione della presente uscita, l’esperienza della mediazione in controversie ambientali da parte di altri Paesi Europei rappresenta un’opportunità anche sotto il profilo economico e politico per amministrazioni ed enti locali, che possono risolvere in tempi rapidi e nel rispetto delle sempre più limitate “autonomie finanziarie” controversie altrimenti annose e spesso inutilmente dispendiose di risorse pubbliche, tema che rileva anche ai fini delle possibili responsabilità per danno erariale in capo ai dirigenti pubblici.
Vi invito quindi a leggere il focus dell’Avv. Veronica Dini che sta implementando con ICAF un progetto per la diffusione dello strumento della mediazione civile nelle controversie ambientali, coinvolgendo privati cittadini, imprese, associazioni e enti locali.
Ivan Giordano – Giurista d’impresa, direttore di ICAF ed esperto conoscitore della mediazione civile e degli strumenti ADR, giornalista e autore di importanti libri su mediazione civile, condominio e immobili.
La mediazione nei conflitti ambientali
Autore: Veronica Dini
La mediazione civile è ormai un’esperienza piuttosto consolidata nel nostro ordinamento, di cui si conoscono le potenzialità e a cui anche i soggetti più conflittuali cominciano ad avvicinarsi con meno diffidenza.
L’obiettivo del presente contributo è quello di verificare se vi sono margini per l’applicazione di tale istituto anche in materia ambientale, dove la delicatezza e la rilevanza degli interessi in gioco spesso non sono compatibili con la lunghezza dei procedimenti giudiziari e con i relativi costi.
I casi cui facciamo riferimento sono quelli in cui ci si trovi in presenza di una controversia di natura civile (o commerciale) in cui si dibatta di danni cagionati all’ambiente e/o alla proprietà privata, che siano di entità lieve e soprattutto reversibili: si pensi alle liti tra vicini, a fenomeni di contaminazione locale – di suoli o acque, a problemi nella raccolta differenziata, a episodi di sversamento illegale di rifiuti, all’emissione di rumori o fumi, ma anche alla costruzione di manufatti che non rispettano le distanze minime di legge.
Può verificarsi, ad esempio, che all’esito di un procedimento penale avente a oggetto un’ipotesi di abbandono incontrollato di rifiuti non pericolosi, il Giudice emetta una sentenza di condanna generica, rinviando tuttavia a un’eventuale causa civile la liquidazione del danno effettivamente subito dalla parte civile.
In questo caso, potrebbe essere utile lo svolgimento di un procedimento di mediazione – anche su sollecitazione del Giudice – in cui negoziare (esclusivamente) le modalità del ripristino dello stato dei luoghi, compromessi dalle condotte delittuose, il risarcimento delle cd. perdite provvisorie (ad es. connesse alla mancata fruizione del bene ambientale protratta sino alla loro reintegrazione) e il danno non patrimoniale (ad es., il danno all’immagine subito da un’associazione di protezione ambientale o da un Ente). Quanto al ripristino, spesso incentrato sulla rimozione dei materiali illecitamente abbandonati), si osserva che la mediazione potrebbe consentire di individuare le modalità di intervento concretamente più adeguate al caso di specie e di limitare eventuali successivi contenziosi incentrati sull’efficacia delle stesse. L’accordo potrebbe, dunque, avere a oggetto il progetto esecutivo che il responsabilità della contaminazione sarà chiamato a eseguire, oltre che l’eventuale pagamento di una somma di denaro in caso di inosservanza degli obblighi assunti.
Ebbene, sotto questo profilo, l’esperienza di altri Paesi Europei dimostra che, a fronte della compromissione di una matrice ambientale, può risultare vantaggiosa l’attivazione di un procedimento di mediazione, in cui negoziare le modalità di ripristino dello stato dei luoghi, il danno patrimoniale – incluso quello connesso alle c.d. perdite provvisorie, oltre che il danno non patrimoniale (ad es. il danno all’immagine), anche qualora sia subito dagli Enti Locali. D’altra parte, lo strumento della mediazione potrebbe rivelarsi utile anche dal punto di vista del soggetto cui sia imputabile la contaminazione, il quale potrebbe avere interesse a definire la vicenda in tempi rapidi, con oneri inferiori e, soprattutto, con una minore esposizione mediatica.
In questo senso, dunque, accedere alla mediazione in materia ambientale consente di:
- risolvere il problema di natura ambientale attraverso soluzioni creative e concrete, difficilmente ottenibili – soprattutto in tempi rapidi – nelle sedi giudiziarie,
- ottenere soluzioni più aderenti alle peculiarità della lite, non imposte da un terzo ma individuate dalle parti
- soddisfare i reali interessi e bisogni sottesi alla lite,
- raggiungere l’obiettivo primario, indicato dalla normativa in materia di danno ambientale : il ripristino dello stato dei luoghi,
- intervenire in modo tempestivo e talvolta preventivo,
- raggiungere tali obiettivi con costi inferiori (e con specifiche agevolazioni fiscali) e maggiore riservatezza,
- evitare il rischio, per gli operatori economici e gli Enti Locali, di interruzione o sospensione dei lavori, nel caso di realizzazione di opere edili e/o infrastrutturali,
- migliorare l’immagine di tutti i soggetti coinvolti e creare consenso.
Le osservazioni che precedono sono, del resto, confermate anche dalla lettura della relazione illustrativa al D.lgs. 28/2010 e, in particolare, della parte relativa all’art. 5: vi è, infatti, una forte assonanza tra le controversie in materia ambientale e quelle assoggettate alla disciplina della mediazione, che il legislatore definisce, tra l’altro:
- cause in cui il rapporto tra le parti è destinato a prolungarsi nel tempo, anche oltre la definizione della singola controversia;
- controversie in materia di risarcimento del danno che traggono origine da rapporti particolarmente conflittuali.
Naturalmente, vertendosi in materia di danno ambientale, la presenza di esperti del settore è pressoché imprescindibile: essi, peraltro, possono essere coinvolti sia attraverso la nomina di un mediatore ausiliare, che con la designazione di un tecnico iscritto nell’albo dei consulenti presso il Tribunale competente per territorio. Ciò, senza alterare o stravolgere la natura dell’istituto.
Una nuova sfida e una nuova opportunità, si profila dunque all’orizzonte nella storia della mediazione civile.
Veronica Dini – Avvocato, esperto conoscitore dei reati ambientali.