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    Quando la mediazione può dirsi di qualità?

    Federica Fullin – presidente del Centro Studi ADR, ente di ricerca che sta collaborando al tavolo UNI per la stesura della Prassi di Riferimento sul procedimento di mediazione civile e commerciale; co-progettista dal 2012 dei percorsi formativi abilitanti e continui dei mediatori civili e commerciali e Responsabile del sistema di gestione qualità (SGQ) per conto di ICAF.

    La soddisfazione dell’utente finale e il difficile equilibrio nell’individuazione dei criteri per una mediazione di qualità: Il ruolo strategico della prassi di riferimento presso UNI.

    Quando la mediazione può dirsi di qualità?

    Cosa determina il successo della mediazione?

    Certamente per il legislatore, per il Ministero della Giustizia e per l’elemento premiale previsto dalla norma in capo alle mediazioni che si concludono con successo, l’accordo rappresenta un elemento fondamentale nella determinazione dei criteri di valutazione di una “mediazione che funziona”.
    L’accordo, tuttavia, può essere frutto di un lavoro di esplorazione e ricerca delle risorse che consentono di ottenere un’ampia soddisfazione dei bisogni e delle aspettative delle parti, oppure più semplicemente è frutto del timore di affrontare un giudizio con le tutte le dinamiche deflattive stanti alla base di un mancato accordo.

    Ecco che esistono accordi di qualità e accordi di minor qualità. Il tutto, certamente, a beneficio della finalità deflattiva dello strumento.

    Ma la percentuale di accordi da cosa dipende? Dalle materie oggetto di controversia, dal livello di conflittualità delle parti e dei relativi avvocati, dalla preparazione di questi ultimi sul ruolo dell’avvocato in mediazione, dall’attività posta in atto dalla segreteria per favorire la partecipazione delle parti e da quanto la segreteria abbia collaborato attivamente con il mediatore in un’attività co-segretariale sempre più opportuna ed efficacie, alla formazione specifica del mediatore, alla presenza o meno di un collegio mediatori, alla loro eterogeneità in termini di competenze, alla loro personalità e affinità, all’aver coordinato e gestito con consapevolezza una consulenza tecnica, all’aver utilizzato tutti gli strumenti che la norma mette a disposizione dell’organismo di mediazione e del mediatore e in ultimo, ma non in ordine di importanza, alla formazione, alla visione e al pragmatismo del responsabile dell’organismo che, è indubbio, unitamente all’organo manageriale dello stesso introduce le policy a cui i mediatori debbono attenersi.

    Lo scenario è complesso!

    In un contesto così articolato una prassi di riferimento come quella istituita presso UNI – Ente nazionale di normazione tecnica – rappresenta l’unica via d’uscita, il manuale d’uso al quale tutti i protagonisti del procedimento di mediazione possono attingere per far funzionare il procedimento di mediazione nell’interesse delle parti e per evitare, come troppo spesso avviene, che nel corso del procedimento di mediazione la controversia non sia sul tema per il quale le parte si trovano innanzi al mediatore ma il modo in cui il mediatore amministra la procedura.

    La PdR istituita presso UNI, quindi, è una straordinaria opportunità per il più efficacie e completo degli strumenti ADR: la mediazione civile.

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