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    Un “sistema giustizia” scelto da noi: è possibile e funziona

    Ivan Giordano – giurista d’impresa con laurea presso l’Università Bocconi in Economia e Legislazione per l’impresa; consigliere direttivo dell’Osservatorio sull’uso dei sistemi ADR; Presidente e Responsabile scientifico di ICAF; project leader del tavolo tecnico istituito presso UNI – Ente nazionale di normazione tecnica per la definizione della PdR sul procedimento di mediazione civile e commerciale.

    La giustizia civile è al collasso. Può apparire un’affermazione inflazionata ma basta imbattersi in un contenzioso civile per confrontarsi con la realtà giudiziaria nel nostro paese, che spesso “restituisce” il senso di giustizia attesa neppure a coloro che dovessero vedersi vittoriosi al termine di un annoso processo. I tempi, i costi, l’allontanamento della verità giudiziale dal reale stato dei fatti, il disallineamento fra soddisfazione del bisogno e concreti effetti di una sentenza. Si tratta di distanze incolmabili che spesso vengono pagate anche in termini di qualità del rapporto professionale fra assistito e proprio avvocato, con difficoltà per quest’ultimo di vedere adeguatamente onorato sotto il profilo professionale ed economico il lavoro profuso, fra i fruitori del servizio e il lavoro svolto dai magistrati, nobile, intenso e di grande abnegazione, senza tali aspetti siano percepiti da cittadini ed imprese.

    Questo è lo standard di qualità della giustizia civile se analizzato sotto il profilo della più comune percezione degli operatori del diritto a tutti i livelli (magistrati, avvocati, giuristi d’impresa, consulenti tecnici, etc.) e dei fruitori del “sistema giustizia”, fra cui le imprese nazionali e d’oltre confine che devono valutare secondo un generale principio di convenienza economica comparata quale sia il costo di dover gestire una controversia nelle aule giudiziarie italiane o di un altro paese nel quale valutare di destinare i propri investimenti e le proprie attività imprenditoriali.

    Intorno alle scelte degli imprenditori si muove l’economia di un paese: consumatori e imprese del network e dell’indotto, bacino d’utenza locale ed internazionale, consulenti dei più svariati settori (fiscale, legale, tecnici, etc.) e non ultima la mole di servizi che gli imprenditori valutano sotto il profilo del costo e della qualità offerti dall’apparato pubblico o dal sistema privato di un territorio, fra cui i servizi di gestione delle controversie sia in contesti stragiudiziali sia in contesti giudiziari. A questo complesso scenario di affianca il contesto fiscale e la relativa pianificabilità nel medio/lungo periodo, il rapporto con l’amministrazione finanziaria, l’onere della prova e i sistemi di gestione delle controversie fiscali.

    Essere liberi di scegliere rappresenta, per un popolo che trova nella libertà uno dei valori determinanti della propria esistenza, un valore aggiunto di assoluta rilevanza.

    È giusto chiedersi, valutato lo scenario giudiziale che il nostro Paese offre oggi a cittadini ed imprese per gestire una controversia civile, se esistono alternative a tale scenario, quantomeno laddove dovessimo trovarlo inadeguato alle nostre aspettative. La risposta è affermativa, e trova conforto negli strumenti stragiudiziali di gestione delle controversie. È un tema molto argomentato negli ultimi anni, sia sotto il profilo delle divergenze di tipo professionale ed ordinistico che ha visto radicarsi più o meno motivate resistenze di parte dell’avvocatura rispetto agli strumenti ADR (Alternative Dispute Resolution), sia sotto il profilo dell’efficacia e dell’efficienza di uno strumento ADR rispetto ad un altro.

    Infatti se da un lato disponiamo di varie forme di strumenti finalizzati alla conciliazione (dalla negoziazione assistita alla mediazione applicata al diritto del lavoro, alla materia del consumo, al diritto di famiglia, in ambito fiscale oltre che la sempre più praticata mediazione civile applicabile a tutte le aree del diritto civile disponibile) che si concretizzano nell’espressione della volontà conciliativa delle parti, dall’altro disponiamo dell’istituto dell’arbitrato che rappresenta la vera alternativa alla giustizia ordinaria, in quanto strumento decisorio che si concretizza con l’emanazione di un lodo avente (a determinate condizioni) valore di sentenza e comunque ad essa alternativo.

    La strada per gestire una controversia civile transita per natura attraverso una negoziazione, più o meno “assistita”, con la quale gli avvocati che assistono le parti, se da esse incaricati, valutano eventuali soluzioni conciliative senza tuttavia poter “scoprire le carte” e potendo utilizzare, nei casi più esposti, comunicazioni “riservate e personali” non riproducibili in giudizio, con le quali tuttavia i relativi contenuti vengono comunque trasmessi all’altra parte.

    Gli strumenti di cui dispone l’avvocato “negoziatore” hanno quindi dei limiti, limiti che riguardano i benefici fiscali (che sono riservati solo alla mediazione civile) e i crediti d’imposta (quelli che il governo ha previsto per la negoziazione sono sensibilmente inferiori a quelli previsti per la mediazione civile), che riguardano la riservatezza, la libertà di partecipare alla negoziazione con o senza l’assistenza legale e che riguardano il titolo esecutivo dell’accordo, ottenibile in negoziazione solo se presenti gli avvocati di tutte le parti. La negoziazione assistita ha anche il limite di una forte “proceduralizzazione” di cui deve per lo più onerarsi, con i rischi che possono derivarne, l’avvocato della parte che la attiva.

    Diversa è la mediazione civile, strumento ADR fortemente voluto dal legislatore comunitario, in cui il mediatore garantisce la riservatezza nel suo ruolo di terzo imparziale che non assumerà funzione alcuna nell’eventuale procedimento giudiziale o arbitrale che dovesse instaurarsi in caso di esito negativo del tentativo di conciliazione, che beneficia oltre che di crediti d’imposta (che, stando agli obblighi di comunicazione in capo agli Organismi di Mediazione sotto il monitoraggio del Ministero della Giustizia, sembrerebbero ormai in attivo!) anche di benefici fiscali immediatamente fruibili su una base imponibile fino ad €.50.000,00 ormai riconosciuti dalle Agenzie delle Entrate rispetto ai quali anche il notariato ha assunto un ruolo di orientamento determinante (spesso i notai sono sostituti d’importa per atti stipulati in esito ad accordi raggiunti a seguito di un procedimento di mediazione), il verbale di accordo è titolo esecutivo, salvo omologa, anche se una o più parti non fossero assistite da un avvocato nel corso della procedura, consente lo stralcio di debiti e di crediti dalle contabilità delle aziende (grazie al ruolo di garante assunto dal mediatore) e infine, le fasi procedurali, sono amministrate e gestite da un Organismo di Mediazione e non ne sono onerate le parti o loro assistenti. Ultime in ordine di esposizione e non di importanza, sono la possibilità avviare il procedimento di mediazione anche in caso di “contumacia” della parte chiamata, di formulare proposte conciliative, di richiedere la formulazione di proposte conciliative al mediatore e di svolgere in mediazione CTU riutilizzabili in giudizio (il tutto, si ribadisce, anche in caso di contumacia della controparte) nell’ambito di uno strumento, la mediazione civile appunto, che può lasciare nell’eventuale successivo giudizio pesanti effetti in capo alla parte che dovesse assumere un comportamento stragiudiziale non coerente con la ratio dello strumento stesso.

    A seguito di una fallita negoziazione, quindi, c’è sempre il maggior valore aggiunto che può offrire alle parti una mediazione finalizzata ad individuare soluzioni conciliative e amministrata ai sensi del D. Lgs 28/2010 e s.m.i.

    L’eventualità tuttavia che anche in seguito ad un procedimento di mediazione le parti possano non aver raggiunto un accordo nonostante abbiano valutato soluzioni conciliative, rappresenta, come ovvio, uno dei possibili esiti del procedimento.

    Lo scenario che si prospetta alle parti tuttavia non è solo quello del contenzioso in sede giudiziale.

    Ecco che emergono nuove opportunità, meritevoli di approfondimento.Ancora una volta il ruolo del mediatore civile risulta determinante. Prima che si stili un verbale negativo per mancato raggiungimento dell’accordo, il mediatore deve avere ben chiaro lo scenario che si prospetta per le parti e per il loro conflitto.

    Il mediatore, oltre alla conoscenza della procedura, della materia nella quale assiste le parti nell’individuazione di soluzioni conciliative (nonostante molti esperti di sistemi ADR la pensino, anche fondatamente, in modo diverso, la norma prevedere che il mediatore debba essere esperto della materia per la quale si rende disponibile ad amministrare il procedimento), nelle tecniche di comunicazione e negoziazione oltre che nella stesura di verbali che potrebbero avere effetti equiparati ad una sentenza passata in giudicato, deve essere un esperto di procedura civile e di procedure arbitrali. Deve conoscere lo scenario nel quali le parti a seguito di una fallita mediazione potrebbero trovarsi a gestire il conflitto che le lega. Non è richiesto che questa competenza sia in capo a tutti i mediatori civili, ma è importante che ogni Organismo di Mediazione disponga di mediatori esperti in “Med-Arb”. Cosa può fare per le parti l’Organismo di Mediazione quando le stesse, con il mediatore nominato, non hanno raggiunto un accordo? Quale diverso valore aggiunto possono trarre le parti dall’esperienza di un procedimento di mediazione fallito? In questa sede non si analizzeranno le molteplicità di “valori aggiunti” che la parte che si è dimostrata “diligente” nel corso del procedimento di mediazione può fare propri nell’eventuale successivo giudizio (CTU svolta sulla base di un quesito analizzato ed argomentato con il mediatore, effetti dell’eventuale proposta del mediatore formulata ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs 28/2010 e s.m.i., diversi effetti delle eventuali proposte formulate nel corso del procedimento su iniziativa della parte e riscontrabili nei verbali dei vari incontri, gli effetti dell’eventuale mancata adesione al procedimento di una o più parti), ma il ruolo straordinario che può assumere il mediatore quale ultima espressione della funzione da questi assunta, ovvero l’accompagnare le parti che non hanno raggiunto una conciliazione nel merito della loro controversia verso un diverso accordo: il compromesso arbitrale.

    Molti potrebbero chiedersi cos’abbia di tanto innovativo un compromesso arbitrale. E la domanda è quanto più legittima se non si pensa che tale compromesso non arriva (come difficilmente potrebbe arrivare) da una negoziazione gestita dagli avvocati che assistono le parti (sempre che tutte le parti siano assistite da un avvocato, peraltro!) ma ancora una volta tramite l’abile lavoro del mediatore, che le accompagnerà, come detto, verso una valutazione autonoma e riservata dell’opportunità di scegliere in assoluta libertà di rinunciare alla “giustizia ordinaria” e devolvere la gestione della propria controversia ad una procedura arbitrale. Ecco che i luoghi comuni potrebbero ancora una volta mortificare un’opportunità.

    Se per arbitrato si intende una iter fortemente proceduralizzato, con costi significativi, con potenziali problemi nell’esecutività del lodo, con perplessità sul ruolo terzo ed imparziale dell’arbitro (circostanza che quantomeno in giudizio è garantita dal ruolo del giudice), è evidente che l’ipotesi “Med-Arb” sarebbe destinata a rimanere tale o comunque arginata ai soli casi di scuola.

    Si tratta di qualcosa di radicalmente differente, che trova origine in una cultura aziendalistica basata sulla convenienza economica comparata delle scelte delle parti, quando nella comparazione trovano spazio variabili come il desiderio di giustizia, la giusta espressione dei ruoli delle parti e dei professionisti che prestano la loro opera nell’interesse della corretta conduzione della procedura arbitrale (avvocati, tecnici, arbitri, etc.), nel valore attribuito al tempo, nella proporzione fra costi e valore della controversia, nella collocazione della fase “gestione delle controversie” fra le leve che influiscono sull’efficienza e l’economicità di un’impresa oltre che sulla qualità della vita e la capacità di reddito di ogni cittadino.

    Ne deriva che per essere una concreta opportunità, il passaggio “Med-Arb” deve garantire alle parti che scelgono di gestire la loro controversia nell’ambito di una procedura arbitrale, fra gli altri, i seguenti requisiti:

    • tempi certi della procedura arbitrale
    • tempi certi per l’emissione del lodo arbitrale
    • condivisione della crono programmazione della procedura arbitrale
    • modalità condivise di escussione dei testi e di acquisizione delle prove
    • costi complessivi della procedura arbitrale (tra spese legali, arbitrali e amministrative) inferiori al 30% del valore della controversia, per garantire margini di economicità anche in caso di soccombenza
    • possibilità di scelta dell’arbitro o degli arbitri
    • elenco di arbitri con esperienze specifiche per materia
    • elenco di arbitri con competenze professionali di origine eterogenee
    • possibilità di partecipare con o senza assistenza professionale
    • possibilità di valutare la rinuncia o la limitazione degli effetti delle precedenti procedure stragiudiziali (negoziazione assistita o mediazione civile, con particolare riferimento a quest’ultima), fra cui gli effetti previsti dall’art.116 c.p.c. o dal D.Lgs 28/2010 e s.m.i.
    • possibilità di condividere la riutilizzabilità delle CTU svolte in mediazione o di condividerne preventivamente eventuali modifiche od integrazioni da svolgersi durante la procedura arbitrale
    • possibilità di condividere una fase Arb-Med ad arbitrato avviato quale condizione di procedibilità convenzionale che consente di ottenere un eventuale titolo esecutivo e rinunciale all’emissione del lodo (al verificarsi, ad esempio, di determinate condizioni) oltre che di beneficiare dei vantaggi fiscali riservati alla mediazione e non parimenti riservati all’arbitrato
    • scelta di un arbitrato rituale
    • scelta dell’espressione del lodo secondo diritto o secondo equità
    • possibilità di circoscrivere le modalità di acquisizione delle prove documentali o testimoniali

    il tutto nell’ambito di una procedura arbitrale amministrata presso una camera arbitrale che condivida la mission e la vision qui rappresentate, in parte derogabile per garantire l’adattabilità della procedura ai reali interessi delle parti.

    In altri termini, analizzando quanto esposto, le parti nel corso di un procedimento di mediazione fallito nel merito possono trovarsi d’accordo nel determinare le regole del futuro del loro conflitto: ciò rappresenta la massima manifestazione di civiltà e di libertà che le parti possono porre in atto e condividere, capitalizzando quanto di positivo il mediatore può far emergere in una creativa e ampia esplorazione dei loro bisogni, in questo caso di giustizia.

    Le parti divengono “legislatori” della loro procedura arbitrale, aiutate da un mediatore esperto in Med-Arb, potendo generare una procedura arbitrale semplificata, partendo da un regolamento arbitrale “light” adattabile alle esigenze dei soggetti coinvolti nel conflitto.

    Gli organismi di mediazione divengono veri e propri organismi ADR, dove ogni strumento stragiudiziale delle controversie può essere applicato ed esplorato con professionalità e consapevolezza, in un’ottica esclusivamente volta alla convenienza.

    Tutti i professionisti, appartenenti a qualsivoglia albo, associazione od ordine possono trovare uno specifico ruolo capace di lasciare spazio all’espressione della loro professionalità nell’ambito di questa innovativa visione della procedura arbitrale, nel ruolo di assistente di parte, nel ruolo di mediatore esperto in Med-Arb, nel ruolo di consulente tecnico o nel ruolo di arbitro.

    Gli avvocati tornano ad assumere un importante ruolo lontano dai condizionamenti della “procedura civile” applicati al contenzioso ordinario, ruolo che assume carattere d’importanza già nella fase in cui, con il mediatore esperto in Med-Arb, vengono definite le fila di un procedimento arbitrale che sta delineandosi, che sta prendendo forma, che dovrà avere le caratteristiche di un “abito su misura” per il proprio assistito. Lo stesso il mediatore farà con le altri parti coinvolte dal conflitto, e le porterà a condividere un accordo nel disaccordo: un compromesso arbitrale.

    Solo un mediatore può assumere questo delicato ruolo, per formazione, per competenza, per le caratteristiche dello strumento della mediazione applicato creativamente al raggiungimento di un “accordo ponte” sulla procedura e non già nel merito.

    Ne deriva che, benché sulla base di una matrice comune, per ogni controversia e in funzione delle caratteristiche delle parti e degli assistenti di parte, di caso in caso la procedura arbitrale oggetto dell’“accordo” raggiunto in mediazione sarà una procedura unica scelta dalle parti, a seguito di un complesso percorso coordinato dal mediatore esperto in Med-Arb, che ha portato al raggiungimento di compromesso condiviso.

    L’interrelazione fra tale procedura arbitrale e il procedimento di mediazione esiste in ogni fase della stessa: dalle origini (compromesso arbitrale raggiunto nell’ambito di un procedimento di mediazione) alle valutazioni nel corso della procedura arbitrale (come peraltro avverrebbe in giudizio sia su iniziativa delle parti e dei loro assistenti, sia, ai sensi dell’art.5 del D.Lgs 28/2010 e s.m.i., a seguito di specifiche valutazioni effettuate dal giudice) circa l’opportunità e la convenienza di optare per una scelta delle parti o per un input dell’arbitro ad una fase Arb-Med, trovando un accordo, conferendone titolo esecutivo, beneficiando dei vantaggi fiscali e rinunciando al lodo arbitrale e ai relativi margini, per quanto limitati, di impugnazione.

    Questa visione della procedura arbitrale rappresenta la domanda di un servizio di cui il mercato ha forte bisogno, l’unica vera alternativa decisoria (al fianco di tutte le alternative su base volontaria, fortemente potenziali ed efficaci) al giudizio ordinario. Tale domanda, secondo dinamiche di natura economica, deve trovare riscontro in un’offerta. Le “camere arbitrali” pubbliche e private possono assumere un ruolo da protagonista fornendo una pronta risposta capace di assumere un ruolo di straordinaria importanza economica e sociale per i cittadini e per il tessuto imprenditoriale nel nostro paese.

    Le camere arbitrali pubbliche e private dovrebbero monitorare la proporzionalità dei costi complessivi (arbitrali, amministrativi, tecnici e legali) per garantire l’economicità della procedura, i tempi di ogni singola fase della procedura dall’instaurazione della stessa al lodo, l’acquisizione delle prove anche con strumenti innovativi che utilizzano apparecchiature audio/video, il tutto traendo ispirazione anche dagli ordinamenti più virtuosi oltreconfine, in una sorta di “collage” delle best practices. Di tutto questo deve essere garante per le parti e per gli assistenti di parte la camera arbitrale presso la quale si amministrerà il procedimento, realizzando una matrice di regolamento arbitrale adattabile alle specifiche esigenze che dovessero emergere nella fase di Med-Arb dalle sessioni congiunte e separate che il mediatore farà con le parti; grazie alla competenza di questo particolare professionista e all’esistenza di camere arbitrali pronte ad adattare alle esigenze delle parti (quasi fosse un “arbitrato ad hoc”) un procedimento arbitrale amministrato, le parti potranno devolvere la propria controversia ad una fase arbitrale totalmente scelta da loro. Perché questo sia possibile con assoluta certezza, oltre alla straordinaria professionalità dei mediatori Med-Arb, si rende necessario sia un regolamento di Organismo di Mediazione sia un regolamento di camera arbitrale che consentano il raggiungimento di tali obiettivi. E’ in tale contesto che si colloca la certificazione UNI EN ISO 9001:2008 / UNI EN ISO 9001:2015 in materia di procedura arbitrale amministrata adattabile alle esigenze delle parti nell’ambito di compromesso raggiunto tramite l’intervento di un mediatore Med-Arb al termine di un procedimento di mediazione civile.

    Sotto il monitoraggio dell’Osservatorio sull’Uso dei Sistemi ADR, dal gennaio 2015 presso l’Istituto di Conciliazione e Alta Formazione ICAF di Milano è in corso una fase di sperimentazione di questa particolare forma di Med-Arb che vede coinvolti mediatori, arbitri, avvocati, professionisti dei più vari settori (ingegneri, architetti, fiscalisti, medici, etc.) e l’ente di certificazione QuaserCert che opera su delega di Accredita. Lo strumento è stato applicato con grande soddisfazione in particolari controversie nelle aree del diritto societario, nella divisione di patrimoni immobiliare, mobiliari, aziendali e altri beni, nella successione ereditaria, nelle locazioni e negli affitti d’azienda, nel diritto condominiale ed immobiliare.

    Grazie al sistema Med-Arb e alla formazione di professionisti della mediazione e dell’arbitrato basata su competenze innovative, una giustizia che funzioni esiste già ed è già fruibile per cittadini e imprese.

    Dal punto di vista deflattivo e quindi delle economie legate alla spesa pubblica che un efficace sistema Med/Arb potrebbe generare se implementato su vasta scala, è importante sottolineare che tale passaggio non rappresenterebbe la riduzione della probabilità di ricorso all’azione giudiziaria, bensì una scelta che garantirebbe la rinuncia al giudizio ordinario. Questo aspetto dovrebbe sensibilizzare il legislatore affinché venga introdotto, anche solo in via sperimentale, un sistema di crediti d’imposta e di benefici fiscali a valersi sui costi del procedimento arbitrale derivante da un passaggio Med/Arb.

    Se con la Direttiva UE 52/2008 dall’Unione Europea deriva l’obbligo di supportare con sistemi di incentivazione fiscale il ricorso alla mediazione civile (sistema ADR che si articola su base volontaria e che quindi può concretamente, ancorché non certamente, allontanare dal ricorso alla giustizia ordinaria), da un paese membro lungimirante dovrebbero giungere segnali di consapevolezza circa gli strumenti che possano concretamente e certamente generare un alleggerimento del sistema giustizia, integrando le agevolazioni previste a livello comunitario per la mediazione civile con agevolazioni di tipo “domestico” per favorire il ricorso a procedure arbitrali amministrate (eventualmente subordinate alla rinuncia all’impugnazione per questioni di diritto) derivanti da schemi Med/Arb, determinandone l’entità in misura minore o uguale al costo che lo Stato sosterrebbe per amministrazione di un’azione giudiziaria di tipo analogo.
    Questo consentirebbe al cittadino e alle imprese la libertà di scelta dello strumento ritenuto più idoneo, anche grazie all’orientamento e alla guida di un mediatore esperto in Med/Arb, con vantaggi economici del tutto evidenti per lo stato, per le imprese, per i cittadini e per tutti i potenziali fruitori del “servizio giustizia”, preservando la dignità e il ruolo delle figure professionali coinvolte, oltre che generando un’importante leva potenzialmente incentivante ed attrattiva degli investimenti.

    Perché, infine, pensare all’incentivazione del ricorso a procedure arbitrali semplificate derivanti dallo schema Med/Arb? La risposta sta nella ratio del legislatore sia italiano che comunitario. Il ricorso a procedure stragiudiziali viene sostenuto dall’Unione Europea, è ormai in corso di metabolizzazione anche all’interno del nostro ordinamento ed è sempre più premiato dagli orientamenti giurisprudenziali. Dal punto di visto sociologico è più civile e dignitoso scegliere il modo in cui gestire una controversia e se possibile addirittura l’esito. Ecco perché per sceglierne l’esito le parti necessitano del ricorso a procedura stragiudiziali su base volontaria (negoziazione e mediazione civile) e solo laddove l’accordo non dovesse avere luogo è preservata la tutela dei bisogni nella libertà di scelta di una procedura ritenuta dalle parti idonea a risolvere il loro specifico conflitto, e non un conflitto. Quindi perché questo schema possa manifestarsi, il passaggio non deve essere

    • conflitto > procedura arbitrale semplificata
      difficilmente potrebbe essere
    • conflitto > negoziazione + fase med/arb > procedura arbitrale semplificata
      certamente e in modo naturale rispetto alle caratteristiche dell’istituto deve essere
    • conflitto > mediazione + fase med/arb > procedura arbitrale semplificata

    La fase Med/Arb rappresenta l’intervento nello strumento ADR su base volontaria di un esperto mediatore Med/Arb, e sulla base del sistema attuale è prevedibile solo nell’ambito del procedimento di mediazione nella fase finale; il legislatore tuttavia potrebbe introdurre innanzi ad Organismi di Mediazione Civile accreditati presso il Ministero della Giustizia anche solo il servizio di mediazione amministrato da mediatori esperti in Med/Arb finalizzato alla definizione di un compromesso arbitrale, che renderebbe possibile alternativamente lo schema

    • conflitto > negoziazione + fase med/arb > procedura arbitrale semplificata
    • conflitto > mediazione + fase med/arb > procedura arbitrale semplificata

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