=> Tribunale di Napoli Nord, 14 marzo 2016
In caso di controversia assoggettata alla c.d. mediazione obbligatoria, qualora il giudice conceda il termine per la presentazione della domanda di mediazione (art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010), la domanda di mediazione va presentata mediante deposito di una istanza presso un organismo nel luogo del giudice competente territorialmente per la controversia (art. 4, comma 3, d.lgs. cit.). Trattandosi di norme legate alla mera competenza territoriale, le parti, se tutte d’accordo, possono porvi deroga rivolgendosi, con domanda congiunta, ad altro organismo scelto di comune accordo. Nel caso in cui tale accordo non vi sia stato, e la domanda di mediazione sia stata presentata unilateralmente dinanzi ad un organismo che non aveva competenza territoriale, va dichiarata l’improcedibilità della domanda. A tal fine non può neppure essere considerata la successiva domanda di mediazione presentata, oltre il termine di 15 giorni assegnato dal giudice, ad un organismo di mediazione competente per territorio (I) (II).
Il termine di quindici giorni per la presentazione dell’istanza di mediazione (art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010) ha carattere di perentorietà, in quanto la normativa riconnette allo spirare del termine in questione la grave sanzione dell’improcedibilità della domanda giudiziale, con la necessità di emettere sentenza di puro rito, così impedendo al processo di pervenire al suo esito fisiologico (I) (III).
Tribunale di Napoli Nord
Aversa
sentenza
14 marzo 2016
Omissis
Il G.U., all’esito di riserva, ha depositato in data omissis ordinanza provvisoria di rilascio, ex art.665 c.p.c. ed ha contestualmente mutato il rito, fissato udienza di comparizione e discussione di fronte a sé per il giudizio a cognizione piena nelle forme del rito locatizio e assegnato un termine alle parti per l’integrazione dei rispettivi atti introduttivi nonché un termine di quindici giorni dalla comunicazione della ordinanza per l’esperimento del tentativo di mediazione.
Sia gli attori che il convenuto hanno depositato memoria integrativa nel rispetto del termine loro concesso. In particolare il omissis ha chiesto dichiararsi la improcedibilità della domanda attorea e la revoca della ordinanza provvisoria di rilascio.
Va premesso che la intimazione di sfratto per morosità e la contestuale richiesta di convalida contenevano la domanda di pronuncia costitutiva di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore, tantevvero che per effetto della opposizione dell’intimato si instaura su tale domanda il giudizio ordinario a cognizione piena (v. Cass. Civ. se. III, 14/9/1983, n.5566), e che nel caso di specie gli attori con la citazione hanno proposto anche una domanda di pagamento dei canoni e degli oneri condominiali rimasti insoluti oltre i canoni a scadere, non limitandosi a chiedere la condanna al rilascio dell’immobile. A tale domanda si è aggiunta, con la memoria integrativa depositata dal convenuto, la richiesta di revoca della ordinanza provvisoria di rilascio.
In ordine alla domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento e condanna al pagamento dei canoni scaduti ed a scadere va dichiarata la improcedibilità.
Sul punto l’eccezione del convenuto è fondata.
Invero con l’ordinanza provvisoria di rilascio era stato concesso termine di quindici giorni dalla comunicazione del provvedimento per esperire il procedimento di mediazione a pena di improcedibilità della domanda, posto che le controversie in materia di locazione rientrano tra quelle per le quali è obbligatorio il tentativo di mediazione.
La obbligatorietà è stabilità dall’art. 5 comma 1 bis D.Lgs. 4/3/2010 n. 28, trattandosi di norma applicabile al presente giudizio perché instaurato successivamente all’entrata in vigore di tale nuova disciplina, a pena di improcedibilità secondo quanto previsto dal comma 2 del medesimo art. 5. Di qui la concessione, sempre di cui al comma 1 bis dell’art. 5 D.L.gs 4/3/2010 n.28, del termine per la presentazione della domanda di mediazione.
In concreto la domanda di mediazione è stata proposta dagli attori nel rispetto del termine ma dinanzi ad un organismo di mediazione esistente presso la Camera di Commercio di Napoli, e quindi al di fuori della circoscrizione del Tribunale di Napoli Nord, nonostante la lite fosse pendente presso quest’ultimo circondario e non presso il Tribunale di Napoli.
Ora, anche per le mediazioni attivate su disposizione del Giudice, è vincolante la previsione di cui al novellato art. 4 comma 3 D.Lgs. 28/2010: la domanda di mediazione va presentata mediante deposito di una istanza presso un organismo nel logo del giudice competente territorialmente per la controversia. Ovviamente, trattandosi di norme legate alla mera competenza territoriale, è chiaro che le parti – se tutte d’accordo – possono porvi deroga rivolgendosi, con domanda congiunta, ad altro organismo scelto di comune accordo. Nel caso di specie tale accordo non vi è stato, e la domanda di mediazione è stata presentata unilateralmente dinanzi ad un organismo che non aveva competenza territoriale, il che significa che non ha prodotto effetti (v. sul punto Tribunale di Milano, sez. IX 29/10/2013). A tal fine non può neppure essere considerata la successiva domanda di mediazione presentata ad un organismo di mediazione esistente a Casoria, che invece rientra nel territorio del Tribunale di Napoli Nord. Invero il termine di quindici giorni per la presentazione della istanza ha carattere di perentorietà. Ciò in quanto, secondo l’opinione prevalente in giurisprudenza i termini sono perentori non solo quando vengono espressamente definiti tali dalla legge, ma anche quando la normativa vigente riconnette allo spirare del termine, come nel caso di specie, la decadenza dal potere di compiere un atto (cfr. nella giurisprudenza di legittimità, Cass. Civ. trib. 8/2/2006, n. 2787; Cass. Civ. sez.III, 5/3/2004 n. 4530; Cass. Civ. sez. un. 12/10/2010 n. 262, in motivazione). Per l’appunto che il termine concesso dal giudice ex art. 5 comma 2, D. Lgs. 28/2010 per il deposito della domanda di mediazione abbia natura perentoria lo si desume dalla stessa gravità della sanzione prevista, perché l’improcedibilità della domanda giudiziale comporta la necessità di emettere sentenza di puro rito, così impedendo al processo di pervenire al suo esito fisiologico (cfr. sul punto Tribunale di Firenze, 4/6/2015).
Ferma restando la definizione in punto di rito della domanda attorea, occorre pronunciarsi nel merito della domanda di parte convenuta, proposta con la memoria integrativa, di revoca della ordinanza provvisoria di rilascio per perdita di efficacia.
Sul punto va rilevato che la ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto emessa ex art. 665 c.p.c., dal Giudice nell’ambito di un procedimento di convalida di sfratto, sulla opposizione proposta dall’intimato che in tal modo determina la conclusione del procedimento sommario e la instaurazione di un autonomo processo a cognizione ordinaria, conserva la sua efficacia di titolo esecutivo anche in casi di successiva estinzione del giudizio di merito a cognizione piena, atteso che l’ordinanza di rilascio, pur se non idonea ad acquistare autorità di giudicato in ordine al diritto fatto valere dal locatore, rientrando nella categoria dei provvedimenti di condanna con riserva di eccezioni del convenuto, ha natura non di provvedimento cautelare o meramente ordinatorio ma di provvedimento sostanziale provvisorio, i cui effetti (afferenti alla cessazione o risoluzione della locazione e conseguentemente all’attribuzione del diritto di rilascio dell’immobile, attuabile in via esclusiva) permangono fino a quando, ove non vengano definitivamente confermati, siano messi nel nulla dalla sentenza di merito che conclude l’ordinario giudizio di cognizione, salva restando in casi di estinzione di questo al conduttore di far valere, nel termine di prescrizione, le sue eccezioni in un autonomo nuovo processo (v. Cass. Civ. sez. III 29/3/1995, n.3730) e salvo l’assorbimento della medesima ordinanza nella sentenza dichiarativa della risoluzione del contratto, con conseguentemente preclusione in appello di ogni questione attinente alla sua validità (c. Cass. Civ. sez. III, 23/1/2006, n. 1223).
Di qui il rigetto della domanda di revoca avanzata dal convenuto a causa della permanente efficacia della ordinanza provvisoria di rilascio, secondo quanto sopra precisato.
Sussistono fondate ragioni per compensare integralmente ex art.92 comma 2 c.p.c., tra le parti le spese di giudizio alla luce della soccombenza reciproca, visto che alla soccombenza in punto di rito sulla domanda attorea di risoluzione del contratto di rilascio.
PQM
Il Giudice, definitivamente pronunciando, così provvede: dichiara la improcedibilità della domanda attorea; rigetta la richiesta di revoca della ordinanza provvisoria di rilascio; compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.