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01.02.2022 – Milano – Attardo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
UNDICESIMA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Antonella Caterina Attardo, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 33563/2020 promossa da: (…) S.R.L. (C.F. (…)), con il
patrocinio dell’avv. RO.LO., elettivamente domiciliato presso il difensore avv. RO.LO. Z I O N E R I
S E R VATA ATTORE/I contro (…) S.R.L. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. AM.MA. e dell’avv.
CO.EL. (…) FORO (…) 20121 MILANO; elettivamente domiciliato in FORO BUONAPARTE, 68
20121 MILANO presso il difensore avv. AM.MA. CONVENUTO/I CONCISA ESPOSIZIONE DELLE
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE La società (…) srl ha ottenuto il decreto
ingiuntivo n. 9426/2020, per euro 61.451,53, nei confronti di (…) srl, per corrispettivi di servizi
relativi a plurimi contratti di appalto informatico. L’ingiunta ha proposto opposizione, chiedendo, in
primo luogo, la declaratoria di improcedibilità della azione monitoria avversaria, avendo l’opposta
omesso di attivare il procedimento di mediazione, a cui le parti si sono obbligate in virtù della
clausola 8.4 delle condizioni generali di contratto, predisposte dalla convenuta ed accettate dalla
attrice. Nel merito, ha chiesto accertarsi l’inadempimento della convenuta nella esecuzione delle
obbligazioni contrattualmente assunte. Ha affermato altresì di avere corrisposto già oltre euro
119.000,00 alla opposta, somme che sarebbero superiori a quanto stabilito dalle parti nel contratto
come corrispettivo per i servizi resi dalla opposta. Ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo
opposto, non essendo stato provato dalla opposta il credito azionato in via monitoria. Ha chiesto
altresì, in via riconvenzionale, la condanna della convenuta al risarcimento del danno, di natura
patrimoniale, oltre che di natura non patrimoniale, quale danno all’immagine. Si è costituita la
convenuta, la quale ha eccepito che il software, oggetto dei contratti di cui è causa, risulta essere
stato predisposto e configurato da altra società (…) del suo intervento. Le problematiche lamentate
dalla opponente sarebbero ascrivibili al cattivo funzionamento del software fornito da tale altra
società. Il lavoro svolto dalla opposta avrebbe avuto lo scopo di porre rimedio ai malfunzionamenti
di tale software. Relativamente alla eccezione di improcedibilità della opponente, ha richiamato la
normativa sulla mediazione obbligatoria, di cui all’art. 5 D.Lgs. 28/2010, affermando che
l’obbligatorietà della mediazione, così come regolata da tale normativa, avrebbe effetto solo dopo
la prima udienza. Ha chiesto confermarsi il decreto ingiuntivo opposto, con vittoria di spese di lite.
L’eccezione di improcedibilità della opponente è fondata e deve essere accolta. Si rileva, infatti,
come le parti si siano pattiziamente obbligate ad esperire una procedura di mediazione,
convenzionalmente regolata, prima di una qualsiasi azione giudiziale, qualora sia sorta una
controversia dai contratti di cui è causa. Infatti, all’art. 8.4 delle condizioni generali di contratto
(doc. 3 fasc. attoreo), si legge: “Le Parti convengono di sottoporre tutte le controversie derivanti dal
contratto, o comunque collegate, ivi comprese quelle relative alla sua validità, efficacia,
interpretazione esecuzione e risoluzione, al tentativo di mediazione previsto dal servizio di
conciliazione della Camera di Commercio di Milano, conformemente al relativo Regolamento, che
le parti dichiarano di conoscere e accettare interamente. In caso di fallimento di tale tentativo di
mediazione, foro esclusivamente competente a conoscere le controversie sulla esecuzione,
interpretazione e/o validità del Contratto è quello di Milano, se la controparte non è qualificabile
come consumatore.” Tale clausola deve interpretarsi come avente valore cogente per ciascuna
delle parti, così come ogni altra clausola contrattuale, ai sensi dell’art. 1372 c.c.. Le parti hanno
liberamente deciso di regolamentare i loro rapporti, favorendo la specifica modalità di soluzione
stragiudiziale di ogni controversia sorta dai contratti, obbligandosi reciprocamente a tentare la
mediazione, e, solo dopo il fallimento della stessa, adire l’autorità giudiziaria. Conformemente a
condivisibile orientamento di merito (Trib. Roma n. 20690/2017), deve “ritenersi nella disponibilità
delle parti medesime la subordinazione della lite alla previa sottoposizione del rapporto
controverso ad un terzo”. Simile clausola pattizia non costituisce un limite illecito al diritto di
ciascuna parte, costituzionalmente sancito dall’art. 24 Cost., di agire in giudizio per far valere i
propri diritti, non avendo le parti escluso il diritto ad adire l’autorità giudiziaria, ma essendosi
imposte di esercitare il diritto ad agire in giudizio solo dopo l’esperimento del tentativo di
mediazione, come dalle parti regolata. Non può essere accolta la tesi della convenuta, secondo la
quale la clausola sarebbe inefficace, non potendo la stessa vincolare alcuna delle parti a non adire
l’autorità giudiziaria senza previo esperimento del tentativo di mediazione. Infatti, i richiami alla
giurisprudenza di merito, effettuati dalla opposta, sono inconferenti, non versandosi, nel caso di
specie, in ipotesi di mediazione obbligatoria ai sensi del D. lgs. 28/2010, come nei precedenti
giurisprudenziali richiamati dalla opposta, ma di mediazione volontaria, a cui le parti si sono
liberamente e contrattualmente obbligate. Inoltre, tale clausola, ai sensi dell’art. 1367 c.c., deve
essere interpretata in modo che abbia effetto, piuttosto che nel senso in cui non ne abbia alcuno.
Pertanto, una interpretazione della clausola che, senza alcuna ragione cogente, obbligasse a
ritenerla priva di effetto utile, in caso di violazione, risulterebbe in contrasto con l’art. 1367 c.c.
Non può infine accogliersi la tesi della convenuta, secondo la quale, in virtù dell’art. 5 co. 5 del D.
Lgs. 28/2010, “(…) solo all’esito della prima udienza, sarà necessario dare corso al tentativo di
mediazione di cui all’art. 5, comma 5, D. Lgs. 28/2010″. Nel caso odierno, di mediazione
convenzionale, le parti hanno voluto favorire una soluzione stragiudiziale delle controversie
contrattuali, e si sono pertanto obbligate reciprocamente a svolgere il tentativo di mediazione,
prima di agire in giudizio. L’interpretazione della convenuta risulta in contrasto con la volontà delle
parti, poiché, evidentemente, subordinare l’efficacia della clausola alla instaurazione del giudizio,
fino alla celebrazione della prima udienza, avrebbe l’effetto di svuotare di ogni significato la
clausola stessa. Pertanto, l’azione monitoria dell’attrice sostanziale, odierna convenuta opposta,
instaurata senza che (…) ottemperasse a quanto stabilito nella clausola 8.4 delle condizioni
generali di contratto, peraltro dalla medesima predisposte, non è procedibile. In conclusione,
l’azione della convenuta, e attrice sostanziale, deve essere dichiarata improcedibile, con la
conseguenza che il decreto ingiuntivo opposto deve essere revocato. Le spese di lite seguono al
soccombenza e si liquidano, ai sensi del DM 55/14, così come modificato dal DM 37/18, come in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o
assorbita, così dispone: revoca il decreto ingiuntivo opposto; condanna (…) s.rl. a rifondere a (…)
s.r.l. le spese di lite del presente giudizio che si liquidano in euro 6.800,00, per compensi, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Milano il 1° febbraio 2022.
Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2022.

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