Il giudice deve rilevare ex officio (sulla base delle allegazioni delle parti all’incontro di mediazione poi prodotte in giudizio) la carenza dei poteri rappresentativi al fine di valutare il corretto esperimento della mediazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
SEZIONE CIVILE SETTIMA
composta dai magistrati:
dott.ssa Aurelia D’Ambrosio Presidente
dott.ssa Assunta D’Amore Consigliere
dott. Marco Marinaro Giudice aus. rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile n. 4704/2013 R.G., di appello contro la sentenza n. 438/2013 depositata dal Tribunale di Ariano Irpino il 16 agosto 2013 (notificata il 10 ottobre 2013), che ha definito il giudizio rubricato al n. 507/2011 R.G.,
tra
(…) (c.f. (…)), nata (…), residente in Roma alla via (…), elettivamente domiciliato in Avellino alla via (…) n. 102, presso lo studio dell’avv. Te.Ca. (c.f. (…)) dalla quale è rappresentata e difesa, fax n. (…), p.e.c.: (…);
(appellante)
e
(…) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Torino alla piazza (…), codice fiscale e numero iscrizione presso il Reg. Imprese di Torino (…), iscritta dell’Albo delle Banche al n. 5361 e all’Albo dei Gruppi Bancari, che a seguito di fusione – con atto per notaio (…) di Milano del 26/3/2021 rep. 16080/8638 racc. – ha incorporato la (…) S.p.A., subentrando ai sensi dell’art. 2501 bis c.c. a titolo universale in tutti i rapporti anche processuali della società incorporata, la quale a sua volta con atto di fusione per notaio (…) del 2/2/2017 rep. 103242/35833 racc. aveva incorporato la (…) S.p.A., elettivamente domiciliata in Napoli alla via (…), presso lo studio dell’avv. An.Ca. (c.f. (…)) dalla quale è rappresentata e difesa, fax n. (…), p.e.c.: (…)).
(appellata)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto n. 17/2011 emesso dal Tribunale di Ariano Irpino veniva ingiunto a (…) di pagare alla (…) S.p.A. (ora, (…) S.p.A.) la complessiva somma di Euro 15.119,11 oltre interessi moratori e competenze legali, spese generali, IVA e CPA.
Con atto di citazione notificato in data 11 aprile 2011 la debitrice ingiunta proponeva opposizione chiedendo la declaratoria di inefficacia e comunque la revoca e/o l’annullamento, eccependo l’incompetenza per territorio del Tribunale adito, l’insussistenza delle condizioni di ammissibilità del decreto ingiuntivo, la nullità del decreto ingiuntivo e mancanza di prova del credito fatto valere.
Si costituiva la banca opposta contestando tutti i motivi di opposizione e chiedendo la provvisoria esecuzione, anche parziale, del decreto ingiuntivo, che veniva concessa limitatamente alla somma non contestata di Euro 2.699,11.
A definizione del giudizio di opposizione veniva emessa la sentenza impugnata con la quale il tribunale, revocata l’ingiunzione di pagamento opposta, condannava (…) al versamento in favore della banca creditrice dell’importo di Euro 11.500,00 oltre interessi da computarsi dalla domanda monitoria. La parte soccombente veniva condannata anche al pagamento delle spese di lite.
Con atto di citazione notificato in data 8 novembre 2013, (…) proponeva appello al fine di ottenere la riforma della sentenza impugnata con la revoca del decreto ingiuntivo opposto e la dichiarazione che l’appellante fosse tenuta al pagamento della minor somma di Euro 4.459,11 o di quella diversa, maggiore o minore risultante in corso di causa, con vittoria delle spese di lite.
Si costituiva la banca appellata con comparsa depositata il 10 giugno 2014 contestando le argomentazioni del gravame ed eccependo la inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c. e, comunque, la sua infondatezza nel merito.
Con ordinanza resa all’esito dell’udienza del 28 novembre 2019 la Corte disponeva la mediazione ex art. 5, comma 2, D.lgs. 28/2010 fissando l’udienza di rinvio per la data del 14 maggio 2020 (poi rinviata d’ufficio al 25 marzo 2021).
Con ordinanza depositata il 20 luglio 2020 (resa all’esito dello scioglimento della riserva formulata all’udienza del 25 marzo 2021), la Corte nel rimettere la causa sul ruolo rilevava che non risultava esperita la mediazione e invitava le parti a interloquire sul punto con termine per il deposito di note scritte fino a cinque giorni prima dell’udienza di rinvio fissata per il 30 settembre 2021.
All’esito della trattazione scritta dell’udienza del 30 settembre 2021 la Corte si riservava la decisione con l’assegnazione dei termini ex art. 352 e 190 c.p.c. per il deposito delle difese conclusionali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
- – La parte appellante affida la sua impugnazione ad unico motivo di impugnazione che mira alla riforma parziale della sentenza di primo grado.
- – In via preliminare, occorre esaminare l’eccezione proposta dalla banca appellata volta ad ottenere una pronuncia in rito sull’impugnazione per violazione dell’art. 348-bis c.p.c..
In base alla norma sopra richiamata, “Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello, l’impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta”.
La Corte ha ritenuto di procedere alla trattazione dell’impugnazione proposta contro la sentenza ed in questa sede l’eccezione sollevata dall’appellata resta inevitabilmente assorbita.
- – Sempre in via preliminare, occorre esaminare la questione attinente alla procedibilità della domanda giudiziale in esito alla disposta mediazione ex art. 5, comma 2, D.lgs. 28/2010.
3.1. – Con ordinanza pronunciata all’esito dell’udienza del 28 novembre 2019 la Corte disponeva la mediazione fissando l’udienza di rinvio per la data del 14 maggio 2020 (poi rinviata d’ufficio al 25 marzo 2021).
Con ordinanza depositata il 20 luglio 2020 (resa all’esito dello scioglimento della riserva formulata all’udienza del 25 marzo 2021) la Corte – nel rimettere la causa sul ruolo – rilevava che non risultava esperita la mediazione e invitava le parti a interloquire sul punto con termine per il deposito di note scritte fino a cinque giorni prima dell’udienza di rinvio fissata per il 28 settembre 2021 (udienza poi slittata al giorno di udienza, giovedì 30 settembre 2020).
Nelle note depositate il 15 settembre 2021 la banca appellata confermava il mancato esperimento della mediazione e, nel prendere atto di quanto statuito dalla sentenza n. 19596/20 delle Sezioni Unite della S.C. (ritenendola potenzialmente applicabile al caso di specie), avviava la mediazione il 10 settembre 2021 con il primo incontro fissato per il giorno 11 ottobre 2021.
Con le note depositate il 24 settembre 2021 anche l’appellante confermava che la mediazione non era stata esperita affermando che l’onere doveva ritenersi posto “a carico di tutte le parti e non solo dell’opponente”; in ogni caso, chiedeva “un rinvio per completare il procedimento di mediazione attivato dall’appellato”.
Con la comparsa conclusionale depositata il 25 ottobre 2021 la banca appellata depositava il verbale della mediazione dalla stessa avviata il 10 settembre 2021 e conclusasi con esito negativo al primo incontro dell’11 ottobre 2021. La difesa dell’appellante non depositava alcun atto conclusionale.
3.2. – Dall’esame del verbale del primo (ed unico) incontro di mediazione può rilevarsi quanto segue:
- a) l’invito per il primo incontro di mediazione alla parte appellata è stato inviato con p.e.c. (e, quindi, presumibilmente al procuratore costituito) il 13 settembre 2021;
- b) nessuno è comparso per la parte invitata (appellante) che nemmeno risulta abbia comunicato alcunché;
- c) per la parte invitante (banca appellata) è indicata la presenza soltanto dell’avvocato (…) (procuratore costituito) senza l’indicazione del possesso di alcuna procura sostanziale ad hoc; nella parte introduttiva del verbale si legge soltanto che la banca è “assistita” dall’avv. (…) (facendo evidentemente – sia pur indirettamente riferimento alla procura alle liti conferita per la rappresentanza processuale).
3.3. – Dall’esame della documentazione prodotta dalle parti emerge quale circostanza pacifica che la mediazione disposta dalla Corte ex art. 5, comma 2, D.lgs. 28/2010 per l’udienza di rinvio del 14 maggio 2020 è stata avviata su istanza della banca appellata soltanto il 10 settembre 2021 per il primo incontro del l’11 ottobre 2021. Più precisamente, la mediazione è stata svolta soltanto dopo che la Corte – con ordinanza resa all’esito dell’udienza di rinvio suindicata – aveva già rilevato ex officio il mancato esperimento della condizione di procedibilità invitando le parti ad interloquire sul punto. La procedura veniva conclusa soltanto successivamente e con esito negativo (e, quindi, anche dopo l’udienza del 30 settembre 2021).
3.4. – Al riguardo la Suprema Corte – in tema di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda – ha avuto modo di indicare alcune soluzioni interpretative alle quali il Collegio intende aderire.
3.5. – In primo luogo, le Sezioni Unite civili hanno chiarito che la parte onerata della presentazione della domanda di mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, nei casi di opposizione a decreto ingiuntivo, è il creditore opposto per la assorbente considerazione che essa è “condizione di procedibilità della domanda giudiziale” che è quella sostanziale del ricorrente in monitorio (Cass. civ. Sez. Unite, 18/09/2020, n. 19596; in senso conforme, Cass. civ. Sez. III Ord., 08/01/2021, n. 159).
3.5.1. – Tuttavia, in sede di giudizio di appello la domanda proposta è quella di impugnazione della sentenza di prime cure e l’onere che condiziona la medesima domanda non può non gravare sulla parte che agisce e, quindi, sulla parte appellante.
Invero, il mancato esperimento mediazione in seguito all’ordine del giudice integra, comunque, una forma di inattività, sanzionata con la improcedibilità, alla stessa stregua di quanto avviene nell’ipotesi di cui all’art. 348 c.p.c. In sostanza, l’esperimento della mediazione in appello ha natura di atto di impulso processuale a carico dell’appellante, il quale ne è onerato a pena di improcedibilità. Improcedibilità alla quale consegue in tale prospettiva la stabilizzazione (sia pur in via indiretta ex art. 338 c.p.c.) della sentenza di primo grado.
3.5.2. – Tale prospettiva è coerente con il profilo dell’appello delineato dalle Sezioni Unite della Cassazione secondo cui nel vigente ordinamento processuale, il giudizio d’appello non può più dirsi, come un tempo, un riesame pieno nel merito della decisione impugnata (novum iudicium), ma ha assunto le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata (revisio prioris instantiae). Ne consegue che l’appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio d’appello e su di lui ricade l’onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che sia stata la posizione processuale di attore o convenuto assunta nel giudizio di primo grado (Cass. civ. Sez. Unite Sent., 08/02/2013, n. 3033; Cass. civ. Sez. III Sent., 09/06/2016, n. 11797; Cass. civ. Sez. II Ord., 03/09/2018, n. 21557).
3.5.3. – Sulla base dei citati princìpi, è stato precisato da questa Corte in una precedente occasione come debba gravare sullo stesso soggetto l’ulteriore (e in un certo senso implicito) onere di porre in essere tutte le attività finalizzate a rendere esigibile dal giudice dell’impugnazione quella valutazione di merito delle critiche mosse alla sentenza di primo grado (App. Napoli, Sez. civ. VII, sent. 28 febbraio 2019, n. 1189), sebbene la procedura di mediazione in appello non integri “una automatica condizione di procedibilità”, ma una “facoltà del giudice di creare tale condizione” (Cass. civ. Sez. III, 30/10/2018, n. 27433; Cass. civ. Sez. III, 13/12/2019, n. 32797).
3.5.4. – Per cui deve ritenersi che con riguardo al giudizio di appello la sanzione dell’improcedibilità attenga all’impugnazione e che ogni mediazione disposta ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.lgs. 28/2010 non consenta alcun meccanismo di sanatoria una volta verificatasi la decadenza dalla proponibilità della mediazione e ciò a prescindere dalla eccezione di parte o della sua rilevazione entro la prima udienza di trattazione (App. Napoli, sent. n. 1152/2019 cit.).
Ciò significa che nel caso di specie ad essere gravato dell’onere di esperire la mediazione era la parte appellante e non certamente la banca appellata. Quest’ultima – che poi si è fatta parte diligente sia pur tardivamente – avrebbe potuto immediatamente avviare la procedura in tal modo giovando alla posizione della parte appellante (onerata) qualora questa avesse poi partecipato alla mediazione.
3.6. – Più recentemente, la Cassazione è intervenuta per dirimere un contrasto insorto nella giurisprudenza di merito in ordine alla natura del termine di avvio della mediazione (Cass. civ. Sez. II, Sent., 14/12/2021, n. 40035).
Nel caso sottoposto all’esame della S.C. il giudice aveva discrezionalmente disposto l’avvio delle parti in mediazione fissando l’udienza successiva ed assegnando il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di avvio del procedimento di mediazione.
3.6.1. – Secondo quanto puntualmente osservato dalla S.C., al fine di stabilire se si sia verificata o meno la condizione di procedibilità della domanda giudiziale, deve aversi riguardo alla specifica prescrizione di legge secondo la quale “l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda” (D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2, seconda parte del primo periodo) e ancora “quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo” (D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2-bis).
3.6.2. – Per cui sicuramente deve ritenersi più coerente “con la sistematica interpretazione delle disposizioni sulla mediazione e con la finalità della mediazione demandata dal giudice in corso di causa privilegiare la verifica dell’effettivo esperimento della mediazione” (Cass. 40035/2021, cit.). D’altronde, anche il legislatore delegante ha recentemente avviato il percorso della riforma giustizia civile anche per “riordinare le disposizioni concernenti lo svolgimento della procedura di mediazione nel senso di favorire la partecipazione personale delle parti, nonché l’effettivo confronto sulle questioni controverse, regolando le conseguenze della mancata partecipazione” (art. 1, comma 4, lett. e, L. 26 novembre 2021, n. 2021).
Verifica che “deve svolgersi all’udienza fissata dal giudice con il provvedimento con cui aveva disposto l’invio delle parti in mediazione”; per cui se all’udienza di rinvio “risulta che vi sia stato il primo incontro dinanzi al mediatore conclusosi senza l’accordo (D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, comma 2-bis), il giudice non potrà che accertare l’avveramento della condizione di procedibilità e proseguire il giudizio” (Cass. 40035/2021, cit.).
3.6.3. – In questa prospettiva, “la norma raggiunge lo scopo cui è rivolta e cioè favorire, ove possibile ed in termini effettivi, forme alternative ma altrettanto satisfattive di tutela mediante la composizione amichevole delle liti ed al contempo conferma il carattere di extrema ratio che il legislatore della mediazione riconosce, in prospettiva deflattiva, alla tutela giurisdizionale”.
Peraltro, questa lettura interpretativa “risulta altresì conforme al principio della ragionevole durata del processo, perché la verifica all’udienza fissata D.lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, comma 2, è già ricompresa nell’intervallo temporale delimitato dalla previsione del D.lgs. n. 28 del 2010, art. 7, a mente del quale “Il periodo di cui all’art. 6 e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell’art. 5, commi 1-bis e 2, non si computano ai fini di cui della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2″” (Cass. 40035/2021, cit.).
3.6.4. – Nel contesto delineato dalla S.C., ne consegue che “ove l’udienza di verifica sia stata fissata subito dopo la scadenza del termine di durata della mediazione, ai sensi del D.lgs. n. 28 del 2010, art. 6, senza che il procedimento sia stato iniziato o comunque si sia concluso per una colpevole inerzia iniziale della parte, che ha ritardato la presentazione della istanza, quest’ultima si espone al rischio che la sua domanda giudiziale sia dichiarata improcedibile, a causa del mancato esperimento della mediazione entro il termine di durata della procedura previsto per legge”.
Pertanto, “ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità di cui al D.lgs. n. 28 del 2010, art. 5, commi 2 e 2-bis, ciò che rileva nei casi di mediazione obbligatoria ope iudicis è l’utile esperimento, entro l’udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l’accordo, e non già l’avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l’ordinanza che dispone la mediazione” (Cass. 40035/2021, cit.).
3.7. – Nel caso di specie, come si è già rilevato, la mediazione è stata disposta all’esito dell’udienza del 28 novembre 2019 con la fissazione dell’udienza di rinvio al 14 maggio 2020 (ben oltre il termine di cui all’art. 6, comma 1, D.lgs. 28/2010) e la mediazione è stata avviata il 10 settembre 2021 e conclusa l’11 ottobre 2021 quando la causa era stata già trattenuta in decisione.
3.7.1. – Per cui appare del tutto influente la sospensione straordinaria dei termini disposta nella fase dell’emergenza sanitaria dall’art. 83, comma 2, D.L. 17 marzo 2020 n. 18, secondo cui “Dal 9 marzo 2020 all’11 maggio 2020 sono altresì sospesi i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, nei procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti, quando i predetti procedimenti siano stati introdotti o risultino già pendenti a far data dal 9 marzo fino all’11 maggio 2020. Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima dei medesimi procedimenti” (comma sostituito dalla legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27, che ha sostituito l’originario comma 20 con gli attuali commi da 20 a 20-ter, e, successivamente, così modificato dall’art. 3, comma 1, lett. h), D.L. 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2020, n. 70).
3.7.2. – Invero, entro la data del 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore del D.L. 18/2020 nella versione originaria) le parti ben avrebbero potuto svolgere e concludere la procedura di mediazione se l’avessero avviata tempestivamente (entro il termine di quindici giorni dalla data dell’ordinanza) o, comunque, avrebbero potuta svolgerla in via telematica (in base all’art. 83, comma 20-bis, D.L. 18/2020) anche nel periodo del c.d. lockdown completandola entro l’udienza di rinvio del 14 maggio 2020.
In ogni caso, pur computando il periodo di sospensione straordinaria (dal 9 marzo 2020 all’11 maggio 2020) la mediazione è stata avviata e svolta tardivamente anche rispetto alla successiva udienza del 25 marzo 2021 ed ancora dell’ultima udienza tenutasi il 30 settembre 2021 (essendo trascorsi ben 22 mesi dall’ordinanza con la quale era stata disposta la mediazione).
3.8. – Tuttavia, anche qualora si volesse ritenere che la mediazione sia stata avviata e svolta tempestivamente, l’esame del verbale relativo al primo incontro svoltosi l’11 ottobre 2021 non consentirebbe di ritenere ritualmente esperita la condizione di procedibilità.
3.8.1. – Come si è già rilevato, la procedura di mediazione è stata avviata il 10 settembre 2021 dalla banca appellata mentre invece la parte appellante non ha aderito e tantomeno ha partecipato all’incontro svoltosi l’11 ottobre 2021. Infatti, si legge nel verbale dell’incontro di mediazione che “nessuno è comparso per la parte invitata, la quale nulla ha comunicato in ordine alla sua presenza al presente incontro”.
3.8.2. – Appare chiaro che qualora la parte onerata (appellante) avesse voluto esperire la condizione di procedibilità avrebbe dovuto (almeno) partecipare alla procedura avviata dall’appellata che si era fatta parte diligente (in via prudenziale). La sua totale assenza rende palese e indiscutibile la sua inattività rispetto all’onere posto a suo carico al fine dell’esperimento della condizione di procedibilità.
3.8.3. – Ma ciò che appare in ogni caso dirimente – anche a voler valutare la procedura di mediazione che si è conclusa dopo che la causa era stata assegnata in decisione – è il rilievo formale che attiene alla verifica del verbale dell’incontro di mediazione prodotto dall’appellata il 25 ottobre 2021.
A tal riguardo, occorre ricordare che il processo verbale di mediazione deve essere redatto dal mediatore designato anche quando la procedura si conclude senza l’accordo e deve essere sottoscritto “dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere” e poi “depositato presso la segreteria dell’organismo e di esso è rilasciata copia alle parti che lo richiedono” (art. 11, co. 4 e 5, D.lgs. 28/2010).
Nella fattispecie in esame, da quanto è possibile evincere dalla lettura del verbale prodotto agli atti del processo, la mediazione si è svolta in presenza personale dovendosi quindi applicare la disciplina generale sopra richiamata (e non la disciplina speciale prevista per gli incontri svolti in modalità telematica di cui all’art. 83, co. 20-bis, D.L. 18/2020).
Ebbene il documento in oggetto risulta apparentemente sottoscritto soltanto dal procuratore costituito della parte istante (banca appellante) mentre è del tutto privo della sottoscrizione del mediatore e conseguentemente della certificazione dell’autografia della firma della parte oltre che del deposito presso la segreteria dell’organismo.
Tali rilievi consentono di ritenere inesistente il verbale di mediazione prodotto dalla banca appellante che, per ciò stesso, non ha fornito la prova dell’avvenuto svolgimento della mediazione. Svolgimento che – considerata l’assenza della parte appellante – comunque non avrebbe consentito di ritenere esperita la condizione di procedibilità dell’appello.
- – Alla luce di quanto sopra esposto, l’appello proposto da (…) deve essere dichiarato improcedibile.
- – La liquidazione delle spese processuali segue la soccombenza ex art. 91 c.p.c. ed è dovuta secondo i parametri previsti dal D.M. 10 marzo 2014 n. 55 (in vigore dal 3 aprile 2014) in base allo scaglione di valore individuato secondo il criterio del decisum (Cass. civ. Sez. Unite Sent., 11/09/2007, n. 19014); liquidazione che deve tenere conto in particolare dei criteri di cui all’art. 4, comma 1, del decreto citato e specialmente delle caratteristiche e del pregio dell’attività prestata, oltre che dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate (con esclusione della fase di “istruttoria/trattazione” per il grado d’appello, valore compreso nello scaglione da Euro 1.101 a Euro 5.200).
6.1. – Considerato che l’atto di appello è stato notificato l’8 novembre 2013, la parte appellante è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la proposizione dell’appello: v. art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012 n. 228, applicabile (art. 1, comma 18) ai procedimenti iniziati trenta giorni dopo l’entrata in vigore della legge 228 (quindi a partire dal 31 gennaio 2013), vale a dire alle impugnazioni proposte dopo tale data (secondo la pacifica interpretazione della norma da parte della Corte di Cassazione: cfr. Cass. 14515/2015, Cass. 13636/2015, Cass. 6280/2015).
P.Q.M.
La Corte di Appello di Napoli definitivamente pronunciando sull’appello proposto da (…) avverso la sentenza n. 438/2013 del Tribunale di Ariano Irpino nei confronti della (…) S.p.A. (ora, (…) S.p.A.), notificato l’8 novembre 2013, ed iscritto al numero R.G. 4704/2013, così decide:
a) dichiara improcedibile l’appello;
b) condanna (…) al pagamento delle spese del presente giudizio di appello in favore della (…) S.p.A. (ora, (…) S.p.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, che liquida in Euro 1.150,00 (di cui Euro 1.000,00 per compenso ed Euro 150,00 per spese generali al 15%), oltre agli accessori fiscali e previdenziali come per legge;
c) dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte dell’appellante (…), di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello versato per l’appello, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Così deciso in Napoli il 21 dicembre 2021.
Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2022.