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08.03.2022 – Ravenna – Gilotta

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI RAVENNA

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Paolo Gilotta ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 3158/2019 promossa da (…), con il patrocinio dell’avv.(…) e dell’avv.(…), elettivamente domiciliato presso il difensore avv.(…) ATTORE contro (…), con il patrocinio dell’avv.(…) elettivamente domiciliato in CORSO (…) 48022 LUGO, presso il difensore avv.(…) Svolgimento del processo – Motivi della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato (…) citava in giudizio (…)citando azione di regolamento dei confini e di apposizione dei termini a tutela della proprietà sita in Via(…)L., (partita catastale n. T((…)fg.(…)part.(…) Deduceva, in particolare, che anteriormente al 8.01.2019, la convenuta, proprietaria del fondo confinante, aveva inopinatamente chiuso il fosso di confine, interrandolo, al fine di estendere l’area di aratura Rilevava, con il conforto di perizia di parte, che il suddetto fosso, oltre a rappresentare canale di sfogo delle acque reflue, delimitava ab origine il confine tra le due proprietà fondiarie e, data la presunzione di contitolarità dello stesso ex art. 897 c,c, il suo interramento unilaterale, con la correlata preclusione all’uso dello stesso ai fini del deflusso delle acque, costituiva abuso che legittimava la richiesta di ripristino. Inoltre, precisava come sussistesse situazione di incertezza sull’esatto confine tra i fondi, onde la richiesta di operare il richiesto regolamento dei confini con contestuale domanda di apposizione dei termini. Costituitasi con memoria dei 16.12.2019,(…)con il conforto di relazione di parte, contestava le deduzioni attoree, in particolare, quelle inerenti tanto la preesistenza di un fosso a delimitazione dei fondi, quanto la collocazione di esso – o comunque – del confine, in corrispondenza dei manufatti (graticolo elettrosaldato apposto su un muretto) elevati dal perito di controparte a prova dell’originaria delimitazione geografica dei terreni; piuttosto, rilevava come il confine tra i fondi dovesse indicarsi entro lo spazio delimitato dalla recinzione del(…)sicché tale manufatto doveva considerarsi eretto nella proprietà della società agricola., con conseguente domanda di restituzione e ripristino. Deduceva, poi, che i terreni del(…)in quanto artificialmente sopraelevati rispetto alla quota di campagna, dovevano essere dotati di idonei flussi di uscita delle acque, atti a non determinare pregiudizio per il fondo a quota più bassa, chiedendo, relativamente a ciò, accertamento di siffatta circostanza. Esperito vanamente il tentativo di mediazione obbligatoria e istruita, la causa documentalmente, in particolare, mediante acquisizione della consulenza rassegnata in sede di mediazione, espressamente e consensualmente svincolata da oneri di riservatezza, la causa, sulle conclusioni sopra riportate, veniva infine trattenuta in decisione, previa concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.

1.1In primo luogo, data a reciproca convergenza delle domande sull’accertamento reale dei confini tra i fondi in contesa e la priorità logica di siffatta questione rispetto a quelle ulteriori, debbono analizzarsi le conclusioni rassegnate nella perizia svoltasi in seno al procedimento di mediazione, la cui utilizzabilità in questa, sede processuale non è invero seriamente contestata- E, del resto, nella fattispecie in disamina, neppure vengono in rilievo eventuali profili critici connessi al dovere di riservatezza (art. 9 D.Lgs. n. 28 del 2010) e al regime di inutilizzabilità (ex art. 10 D.Lgs. n. 28 del 2010) delle “…informazioni acquisite nel corso del procedimento” (profili comunque superati dalla giurisprudenza occupatasi del tema dell’utilizzabilità della CTM nel successivo giudizio – cfr. Trib. Ascoli Piceno sent. 20.10.2020, n. 617, in Dejure “la relazione redatta dal consulente tecnico nel corso di un procedimento di mediazione, che si concluda senza accordo, può essere prodotta nel successivo giudizio ad opera di una delle parti senza violare le regole sulla riservatezza, in virtù di un equilibrato contemperamento fra la citata esigenza di riservatezza che ispira il procedimento di mediazione e quella di economicità e utilità delle attività che si compiono nel corso ed all’interno di tale procedimento. Ne consegue che il Giudice potrà utilizzare tale relazione come prova atipica valutabile secondo scienza e coscienza, con prudenza, secondo le circostanze e le prospettazioni, istanze e rilievi delle parti più che per fondare la sentenza per trame argomenti ed elementi utili di formazione del suo giudizio”) – avendo le parti espressamente prestato consenso all’utilizzabilità della C.T.M. nell’odierno giudizio.

1.2. Ciò chiarito, il riferimento alle indicazioni contenute nelle mappe catastali al fine di ricavarne le coordinate di localizzazione topografica dei confini, così come operato dal perito, non appare metodologicamente corretto. Tale operazione, seguita, calla sovrapposizione delle restituzioni grafiche dei rilievi topografici sulle mappe catastali (vd. all. D1, D2 ed E) e dalla successiva localizzazione materiale, tramite apposizione di termini, dell’esatto confine tra i fondi, deve reputarsi, infatti, realizzata in violazione delle regole di ricorso sussidiario ai dati catastali imposta dall’art. 950 c.c. In particolare, l’elaborato peritale in disamina non considera adeguatamente l’esistenza, da tempo risalente, del basamento in calcestruzzo sulla quale è posta la rete metallica posta a delimitazione dell’orto del (…) il quale può presuntivamente ritenersi quale confine materiale effettivamente voluto dai confinanti a delimitazione dei rispettivi fondi. E’ prova di ciò la testimonianza assunta assurita in seno al procedimento di mediazione (cfr. verbale del 11.12.2020, che conferma che il suddetto basamento, unitamente ad un recinzione a rete ad esso appesta, è presente in quell’esatto luogo da almeno 15 anni; e, data per vera (perché incontestata) La datazione attribuita, dall’attore alla foto di cui all’ A4 (1963), può ritenersi che tale manufatto persista immutato nel medesimo luogo da oltre 59 anni, senza che sia stata da alcuna e, in particolare da (…) o dai suoi danti causa, sollevata contestazione sulla presenza di tale manufatto su quel luogo e sulla sua funzione di delimitazione geografica dei fondi finitimi.

Sul punto può richiamarsi l’insegnamento della giurisprudenza, anche di merito, secondo cui “Il confine tra i due fondi può essere oggetto di regolamento extragiudiziale mediante apposito negozio di accertamento inter partes che può risultare anche per facta concludenti come avviene nel caso in cui i proprietari dei fondi limitrofi ovvero i loro danti causa di comune accordo erigano una rete metallica per delimitarli, oppure appongano termini lapidei, precludendosi così, attesa l’efficacia vincolante di tale negozio, l’reperibilità dell’azione di regolamento di confini” (Cfr. Tribunale Modena, 13/12/2011), con la, precisazione che, nel caso in disamina, la presenza, stessa del basamento e della rete metallica, da tempo risalente, fonda una presunzione sull’adesione di fatto delle parti ad un siffatto accordo, indipendentemente dalla prova, di una effettiva compartecipazione di esse nell’iniziativa, necessaria all’edificazione del manufatto (cfr. Cass. Sez. 2, Ord. n. 34825 del 17/11/2021, nonché Cass. Sez. 2, Sent. n. 2484 del 17/10/1966, “In tema di regolamento di confini, premesso che per determinare il confine è utilizzabile ogni mezzo istruttorio, ivi comprese la prova testimoniale e per presunzioni, il ritrovamento dei termini lapidei (nella specie, un muro la cui preesistenza era stata rilevata dal consulente tecnico e riferita dai testi escussi) già apposti dalle parti o dai loro danti causa, e dapprima non apparenti fuori del suolo, può costituire una prova decisiva, se vi era una zona di possesso promiscuo e può fondare, in tal caso, una presunzione di regolamento stragiudiziale del confine…”). Consegue da ciò, contrariamente alle opposte deduzioni e alle risultanze del CTM, che la domanda sia priva, quanto meno sul piano oggettivo, del suo necessario presupposto, ossia della condizione di incertezza oggettiva, sulla collocazione del confine (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3723 del 15/02/2011 “In tema di regolamento di confini, il giudice può riscontrare, anche d’ufficio, il difetto del presupposto della relativa azione, consistente nell’incertezza, oggettiva o soggettiva, del confine tra i fondi. Ne consegue che il giudice medesimo deve rigettare la domanda quando gli risulti die il confine tra i due fondi sia certo, in quanto precisamente indicato sul terreno da una serie di termini lapidei allineati ad una stabile e remota struttura muraria, nonostante il contrario avviso espresso dal consulente tecnico d’ufficio nella sua relazione scritta”).

1.3. Quanto alla deduzione di incertezza soggettiva formulata dall’attore, appare, evidente come la allegata, preesistenza di un confine diverso da quello delimitato dal manufatto lapideo e corrispondente invece ad un fesso delimitante longitudinalmente i mappali 127 (di proprietà della convenuta) e 80, 7 e 8 (di proprietà dell’attore), sia rimasta mera affermazione sfornita di alcun riscontro istruttorio; nessun dato documentale (vd. il compendio fotografico prodotto dall’attore, in particolare doc. 9; vd. pure la documentazione acquisita tramite Google nel 2008 e nel 2011 (F1, F2), nonché le fotografie aeree acquisita, dagli Uffici territoriali dei Comuni interessati, datate 1954, 1969, 2004, 2006 (G1, G2, G3, H)) o materiale (es. elementi lapidei del greto di un canale o dei suoi argini) ha, infatti, consentito di rilevare univoche tracce di un “fesso” interpoderale sito al confine tra i due fondi o, comunque, nel luogo voluto dall’attore; e, tantomeno, del suo preteso interramento da parte della convenuta.

Allo stato attuale, come e facilmente osservabile dagli ulterlori rilievi fotografici (vd. doc. 8 di parte attrice; vd. all 1 alla CTM) e confermato dal consulente, risulta del resto solo un avvallamento o cunetta in adiacenza alla rete di cinta del (…) E, nell’unica testimonianza assunta. (vd. verbale del 11.12.2020), il dichiarante (…) ha evidenziato che, nel luogo voluto dall’attore vi fosse, in realtà, tempo prima, una mera, “scolina”, di sezione circa 50 c.m., costruita allo scopo di favorire necessità contingenti di irrigazione dei campi, e successivamente eliminata. Quindi, un manufatto ben diverso, per dimensioni e portanza, dal “fosso” dedotto in citazione.

1.3.1. Sotto il profilo della incertezza soggettiva, invero, la domanda si appunta esclusivamente sulle conclusioni del tecnico di parte, il quale, valorizzando un estratto di mappa catastale del 1959, ove apparirebbe l’aggiunta a matita di un segno grafico parallelo alla linea delimitante i mappali del (…) deduce da cio a) che effettivamente vi era un fesso in ta_ punto; b) che esso delimitava il confine tra. i lotti; c) che, allora, trattandosi di fosso interposto e dovendosi presumere la contitolarità di esso in capo al (…) (897 c.c.), cuest’ultimo avrebbe subito, a causa di condotta di interramento operata dalla convenuta, l’illegittima usurpazione di una porzione di ÷ondo corrispondente alla striscia Longitudinale di terreno avente limite sulla mezzeria del fesso stesso. Evidente la congerie di aporie logico-giuridiche nella rappresentazione argomentativa schematizzata; in primis, è lo stesso tecnico di parte attorea, correttamente, a rilevare come la mappa catastale non possa assurgere, se non sussidiariamente, a prova dei diritti reali insistenti sui fondi ivi rappresentati, con ciò richiamando il corsu ente a non adottare “due pesi e due misure” e a dare giusto rilievo anche al segno grafico presente sulla carta forte del 1959. Però, un conto è l’utilizzo sussidiario delle risultanze catastali ai fini dell’indicazione topografica del confine (operazione legittima alle condizioni stabilite ex art. 950 c. Z c.c.), altro conto è la pretesa – in assenza di qualsivoglia ulteriore riscontro – di trarre, da una linea tratteggiata a matita su di un risalente estratto di mappa, la prova dell’esistenza, in un certo momento storico, di un manufatto insistente a ridosso del confine tra i due fondi. Come correttamente rilevato dal perito, il segno grafico riportato nelle mappe del 1959 e nel 2002 (cfr. all. B2 e B3 dell’elaborato del CTM) evidenzia solo come, in un dato momento, si fesse prospettato un frazionamento dei mappale (…) (si leggono sbiadite le lest. a) e b), quest’ultima indicante proprio la striscia longitudinale tra i due fondi), mai però effettivamente eseguito, come dimostrano le risultanze catastali e gli estratti di mappa successivi. Ma da ciò, allora, non può evincersi, se non a cesto di un salto logico smaccatamente marcato, che il frazionamento, mai realizzato, dipendesse dalla necessità di censire catastalmente la presenza di un “fosso”. Peraltro, a voler seguire le indicazioni catastali, dovrebbe a rigore collocarsi il confine tra i lotti all’interno dell’attuale cortile del (…) cosicché – ove si ritenga vera la preesistenza di un fesso interpoderale – esso dovrebbe ricercarsi proprio nel cortile dell’attore, in adiacenza interna e non esterna alla rete metallica.

1.4. Deve conclusivamente dichiararsi che il confine tra i fondi oggetto di contesa si collochi in corrispondenza del basamento in calcestruzzo che sorregge la rete metallica, delimitante attualmente le due proprietà, non ravvisandosi alcuna incertezza oggettiva e risultando invero infondata ogni deduzione relativa alla pretesa incertezza soggettiva del confine.

1.5. Deriva da ciò, in primis, l’infondatezza della domanda attorea relativa all’accertamento dell’usurpazione della sezione mediana dei fosso da parte della convenuta, con la connessa domanda di accertamento di una conseguente modificazione del deflusso naturale delle acque, data l’assoluta mancanza di prova che un fosso sia, in effetti, mai esistito. E deve pure rigettarsi la domanda di appetizione dei termini, formulata in connessione con la superiore domanda di regolamento dei confini, dato che i primi risultano già presenti.

1.6.1 Del pari, per le medesime ragioni, debbono ritenersi infondate le riconvenzionali formulate dalla convenuta riguardanti l’apposizione dei termini e la condanna al ripristino e alla demolizione di manufatti insistenti sulla proprietà della stessa (cfr. sulla qualificazione in termini di riconvenzionale della suddetta domanda, Cassazione civile, sez. II, 19/01/2016, n. 852), dato che i termini sono già presenti e non si è riscontrata traccia di manufatti costruiti dall’attore sul terreno della convenuta

1.6.2.Deve inoltre essere rigettata per assoluta genericità ed infondatezza la domanda riconvenzionale riguardante l’accertamento del corretto deflusso delle acque dal fondo del () incentrata, sul piano allegatorio, sulla presupposta natura artificiale della, maggiore quota altimetrica del fondo attoreo, dalla quale sarebbero scaturiti obblighi, di fonte non precisata, atti a realizzare “elementi tecnici idonei, atti a non costituire immissione di acque o liquami su fondi altrui”. Evidente come di siffatta allegazione, già in sé generica e non circostanziata, manchi assoluto riscontro istruttorio.

2. Considerato l’esito di reciproca soccombenza, le spese, anche relative alla fase di mediazione, debbono integralmente compensarsi tra le parti. Proprio la soccombenza reciproca preclude, poi, la disamina circa la dedotta temerarietà, della lite agli effetti ex art. 96 c 3 c.p.c. (cfr da ultimo Cassazione civile, sez. II, 09/09/2021, n. 24383).

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

– Accerta e dichiara che il confine tra i fondi finitimi in proprietà di (…) (Comune di L., fg.(…) mapp. (…) e (…) e di(…) Comune di L.,fg.(…)mapp.(…) deve individuarsi in corrispondenza del basamento in calcestruzzo e della, infissa rete metallica che attualmente divide e separa, le due proprietà;

– Rigetta le ulteriori domande, da ambedue le parti formulate, anche in via riconvenzionale;

-Compensa integralmente tra le parti le spese di lite;

– Compensa integralmente le spese di mediazione;

Così deciso in Ravenna, il 8 marzo 2022.

Depositata in Cancelleria il 14 marzo 2022.

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